Opera eminentemente sinfonica che, come tutta la produzione di Richard Strauss, lascia poco spazio ai personalismi dei direttori, Der Rosenkavalier è certamente una delle partiture operistiche più congeniali al mondo musicale di Leonard Bernstein come si può notare nell’incisione in studio che egli effettuò nel 1971 con un cast che vede, nei ruoli principali: Christa Ludwig, già splendido Octavian (Karajan, 1956), che affronta qui la Feldmarschallin con voce solida, nomostante dia l’impressione che questo ruolo non sia propriamente nelle sue corde espressive, Walter Berry, un apprezzabile Baron Ochs, Gwyneth Jones (Octavian), Lucia Popp (una luminosa Sophie), Ernst Gutstein, corretto nel ruolo di Herr von Faninal e Placido Domingo, che affronta il breve intervento dell’Ein Sänger” con qualche tensione dal momento che la tessitura acutissima non gli si addice. Elemento debole di questa incisione appare l’Octavian di Gwyneth Jones. La voce della Jones appare poco controllata e povera di colori. Nonostante ciò, Bernstein, alla guida dei Wiener Philharmoniker, non mancò di dare una lettura personale in merito ai tempi. Nella scena iniziale si può ascoltare, infatti, un tempo eccessivamente lento che, però, ha il merito di esaltare il carattere sensuale del melos straussiano mentre indiavolato è quello imposto da Bernstein all’orchestra nel preludio al terzo atto che, comunque, resta una delle pagine più ispirate della sua concertazione. Perfetta appare, però, la scelta dei tempi degli eleganti valzer di cui è intrisa la raffinata partitura di Strauss. La concertazione di Bernstein, infine, si segnala per una ricerca del bel suono che riesce nello scopo di esaltare i vari timbri dell’orchestra. Ciò è evidente nello splendito terzetto del Finale, dove la scelta di un tempo abbastanza largo contribuisce ad esaltare la sensuale linea del canto e a far risaltare, quando le voci cessano il loro compito, i timbri degli strumenti, come la celesta, raddoppiata da ottavino, flauti e archi in un registro acuto e la calda voce dell’oboe creando un’atmosfera di puro incanto.
Ha destato, invece, e continua a destare qualche perplessità la lettura di Bernstein della Carmen di Georges Bizet che si può ascoltare in un’incisione del 1972 (realizzata in contemporanea alle rappresentazioni dell’opera al Met) con Marilyn Horne (Carmen), Russel Christopher (Duncaire), James McCracken (Don José), Tom Krause (Escamillo), Colette Boky (Frasquita), Marcia Baldwin (Mercédés), Adriana Maliponte (Micaela), Raymond Gibbs (Morales), Andrea Velis (Remendado), Donald Gramm (Zuniga). La concertazione di Bernstein, alla guida dell’orchestra del Met, si segnala per la solita personale scelta dei tempi sin da quelli del preludio, francamente troppo lenti per l’Allegro giocoso iniziale, che appare pesante, e per la Marcia dei Toréador alla quale conferisce un carattere doloroso che si addice poco a questo brano. Di una lentezza estenuante è, anche, la ripresa del tema del destino prima dell’aria di Don José La fleur que tu m’aivais jétée, mentre troppo rapido è il Quintetto dell’atto secondo. Nella sua concertazione sembra che Bernstein abbia voluto dare una lettura estremamente sensuale della partitura di Bizet che esalta la linea del canto soprattutto in brani come l’Habanera o come nell’aria di Micaela, Je dis que rien m’épouvante che costituiscono i momenti migliori di questa incisione insieme agli Entr’acte, in particolare i due che precedono rispettivamente l’atto terzo e l’atto quarto. Anche sul piano prettamente vocale questa Carmen non sa trovare una vera e propria identità. La scelta di adottare gli originali dialoghi parlati, unita a quella di affidare la parte della protagonista ad una “belcantista” come Marilyn Horne, o ancora qualche intenzione interpretativa, come il si bemolle acuto in pp che chiude l’aria del fiore, approdano a poco. La Horne sfoggia una notevole gamma di colori vocali; peccato, però, che non sia esente da qualche scivolone “verista” da Carmen vecchia maniera. D’altra parte con un Don Josè vocalmente forzato e ingolato come James McCracken, anche la Horne si trova a perdere la retta via. Nel resto del cast: Adriana Maliponte (Micaela) vanta un’apprezzabile ed espressiva linea di canto, mentre Tom Krause è un piuttosto anonimo Escamillo. Dispiace dirlo, ma questa non è certo una Carmen di riferimento.