Opera in quattro atti su libretto di Édouard Blau. Edgaras Montvidas (Dante), Véronique Gens (Beatrice), Rachel Frenkel (Gemma), Jean-François Lapointe (Bardi), Andrew Foster-Williams (L’ombra di Virgilio, un vecchio), Diana Axentil (uno scolaro), Andrew Lepri Meyer (Un uomo d’armi). Chor des Bayerischen Rundfunk, Stellario Fagone (Maestro del coro), Münchner Rundfunkorchester, Ulf Schirmer (direttore). Registrazione: Prinzregentheater München, 29-31 gennaio 2016. 2 CD Ediciones Singulares / Palazzetto Bru Zane ES1029
Benjamin Godard chi era costui? La quasi totalità degli appassionati potrebbe farsi questa domanda. Eppure il compositore parigino rappresenta una voce non priva di originalità nell’agitato mare della musica francese degli ultimi decenni dell’Ottocento quando, andate in frantumi le certezze della stagione meyerbeeriana, la musica d’oltralpe cercava una propria nuova identità fra attaccamento al passato, fascinazioni wagneriane e la possibilità di una nuova via originale che però si rivelerà solo alcuni anni dopo con l’impressionismo sonoro di Debussy. In questi contrasti Godard si inserisce come un paladino della tradizione francese ponendosi in continuità con Gounod – il quale già rappresentava un tentativo di rendere più moderne le forme della tradizione del grand-opéra – aggiornato con un’ottima conoscenza del preziosismo di Massenet e con una non disprezzabile capacità ecclettica.
Il suo “Dante”, andato in scena nel 1890, rappresenta forse il lavoro più significativo per comprendere la sua arte e le sue ambizioni. Già la scelta di cimentarsi con un soggetto così titanico rappresentava un rischio e il risultato al riguardo è forse il più deludente dell’operazione. Il libretto di Édouard Blau infatti non solo non sfugge ai luoghi comuni dell’immagine dantesca ma li stempera in una narrazione troppo povera di contrasti. Se si può apprezzare la scelta di concentrarsi sulla vita umana di Dante divisa fra pulsioni politiche e sentimentali – e limitando l’aspetto “Commedia” ad un sogno che rappresenta quasi un’oasi all’interno della vicenda – di certo è difficile trovare interessante un libretto così povero di tensione e contrasti nel quale solo il finale II rappresenta un’accensione emotiva al riguardo. Poco efficace è anche la scelta del librettista di non inserire un’autentica contro-parte a Dante risultando Bardi decisamente troppo signorile e troppo poco villain per il ruolo di antagonista.
La musica è invece di qualità alta, con momenti autenticamente ispirati, e mostra una non comune capacità di scrittura orchestrale e corale. Godard mostra di possedere una vena melodica della più raffinata tradizione francese. La scrittura vocale è decisamente impervia specie per il protagonista chiamato a esprimersi su tessiture molto acute e con linee vocali decisamente complesse.
Questa nuova registrazione distribuita dalla sempre meritoria Fondazione Palazzetto Bru Zane si affida per la parte orchestrale a una compagine di sicura qualità come la Münchner Rundfunkorchester affidata ad un direttore di esperienza e grande sensibilità come Ulf Schirmer, capace, come pochi altri, di mettersi al servizio di partiture poco o affatto note evidenziandone le peculiarità stilistiche e compositive. Qualità che emergono anche in questo caso dove la direzione rende al meglio la raffinatezza dell’orchestrazione di Godard nonostante manchi forse solo di quel pompierismo nei punti in cui questa musica sembra evocarlo – come nella ridda infernale del sogno ultramondano. Come sempre validissima anche la prova del coro della radio bavarese a tratti parzialmente penalizzata da una ripresa non ideale per le parti corali.
Ottimo il cast. Alle prese con l’impervia parte di Dante il giovane lituano Egdaras Montvidas ne esce con onore. Avevamo già apprezzato Montvidas in opere del classicismo tardo-settecentesco e della stagione grand-operistica ma qui dimostra di saper dominare con sicurezza su una ben diversa massa orchestrale. E se la formazione classica gli dona tutta l’eleganza degli abbandoni lirici, sorprende per il piglio epicheggiante con cui domina il grande concertato che chiude o il II atto o in quell’autentico tour de force – vocale e orchestrale – che è il succedersi delle visioni ultramondane durante il sogno del III atto. Già compagna di Montvidas nell’”Herculanum” di David, Véronique Gens dona a Beatrice tutta l’eleganza e l’intensità che gli competono a scapito di un timbro che manca un po’ della luminosità che questa scrittura sembra evocare ma che l’artista compensa con la cura del fraseggio, la musicalità della linea, la chiarezza della dizione che trovano piena affermazione nella grande aria del IV atto, fra i momenti più ispirati della partitura. Jean-François Lapointe è un Bardi di nobile eleganza, perfettamente in linea con il taglio del baritone noble francese; nel ruolo di Gemma Donati – storicamente moglie di Dante e trasformata dal libretto in amica del cuore di Beatrice – Rachel Frenkel canta con proprietà e riesce a ben distinguersi dall’amica. Completano il cast l’autorevole Virgilio di Andrew Foster-Williams e l’ottimo scolaro di Diana Axentil.