Nel centenario della nascita
Nato a Lawrence il 25 agosto 1918, Leonard Bernstein fu una figura poliedrica di compositore, pianista e direttore d’orchestra, attività quest’ultima nella quale eccelse tanto da essere stato inserito al secondo posto in una classifica dei più grandi direttori di tutti i tempi pubblicata in seguito a un sondaggio dalla rivista «Classic Voice»; in questa classifica il suo nome figurava, infatti, dietro solo a Carlos Kleiber e davanti ad altre eminenti personalità come Von Karajan e Toscanini.
Dopo aver studiato direzione d’orchestra con Fritz Reiner al Curtis Institute of Music e composizione con Serge Koussevitzky al Berkshire Music Center a Tanglewood, Bernstein divenne direttore assistente della prestigiosa New York Philharmonic Orchestra, sul cui podio esordì nella mitica Carnegie Hall in sostituzione di Bruno Walter. Da allora iniziò una carriera che lo portò sul podio delle principali orchestre americane ed europee dirigendo sia musica sinfonica che opere liriche nei cui cast figuravano grandi interpreti come Maria Callas, Fedora Barbieri, Cesare Valletti, Rolando Panerai e Dietrich Fischer-Dieskau per citare soltanto i nomi più noti. Nel breve spazio di un articolo è impossibile ripercorrere la lunga e intensa carriera di Bernstein, autore anche di una vastissima produzione in ogni genere, nella quale appare evidente l’influenza del jazz. Tra i suoi lavori teatrali più importanti ricordiamo: il musical On The Town (1944), Peter Pan del 1950, l’opera Trouble in Tahiti (1952), l’operetta Candide (1956) e il famosissimo musical West Side Story (1957).
Bernstein ha lasciato un’eredità musicale enorme non soltanto attraverso la sua produzione ma soprattutto attraverso le incisioni e i video dei concerti e delle rappresentazioni teatrali di cui fu protagonista in qualità di direttore. Essendo impossibile parlare di questa immensa eredità, abbiamo deciso di occuparci soltanto delle incisioni delle opere liriche, che costituiscono una parte esigua se rapportata a quella riguardante i lavori sinfonici.
Prima tappa di questo breve viaggio è il Falstaff di Verdi, che cronologicamente non è la prima incisione operistica in assoluto, essendo preceduta da quelle della Sonnambula e della Medea nel cui cast figurava Maria Callas e che saranno oggetto di un articolo a parte. Registrato dal vivo nel 1966 alla Sofien Hall di Vienna con l’orchestra della Staatsoper e con un cast formato da Graziella Sciutti, Regina Resnik, Juan Oncina, Ilva Ligabue, Rolando Panerai, Hilde Rössl-Majdan, Dietrich Fischer-Dieskau, Gerhard Stolze, Murray Dickie, Erich Kunz, Falstaff, tra le opere italiane, sembra certamente quella più congeniale al mondo musicale di Bernstein perché essa presenta una concezione sinfonica. L’approccio di Bernstein al Falstaff è, infatti, quello di un direttore di musica sinfonica in cui l’orchestra e le voci tendono a creare un amalgama, che, nella concertazione del direttore statunitense, si traduce in un trattamento di esse alla stregua di strumenti dell’orchestra. Così, però, viene a mancare quell’attenzione riservata alle voci da Verdi nel suo teatro dalla prima all’ultima delle sue opere. Appare, inoltre, discutibile in alcuni casi la scelta dei tempi, troppo rapidi negli Allegro e, a volte, troppo lenti nei cantabili, tanto da creare qualche difficoltà ai cantanti stessi. La sua concertazione si distingue, però, per la bellezza e la chiarezza del suono e per l’attenzione al fraseggio con staccati particolarmente brillanti e legati che emergono soprattutto nel cantabili. Tra le pagine più interessanti si segnala il celebre assolo di Fenton, il sonetto Dal labbro il canto, del terzo atto dove gli strumenti dialogano con il tenore Juan Oncina e l’altrettanto celebre fuga ad otto voci Tutto nel mondo è burla che conclude l’opera. In questa edizione spiccano su tutti, la grande musicalità e i raffinatissimi spunti interpretativi del protagonista, Dietrich Fischer-Dieskau.