W.A.Mozart:”Fuor del mar” (Idomeneo); “Dies Bildnis ist bezaubernd schön” (Die Zauberflöte); “Si spande al sole in faccia” (Il Re pastore); “Il mio tesoro intanto” (Don Giovanni); “Del piu sublime soglio” (La Clemenza di Tito); “Se all’impero, amici Dei” (La Clemenza di Tito); “Un’aura amorosa” (Cosi fan tutte); “Ich baue ganz auf deine Stärke” (Die Entführung aus dem Serail); “Dalla sua pace” (Don Giovanni); Aria da concerto KV 431 “Misero! O sogno…Aura che intorno spiri” Juan Diego Florez (tenore), Orchestra La Scintilla, Riccardo Minasi (direttore). T.Time: 51′ 1 CD Sony 7415161
La frequentazione mozartiana di Juan Diego Florez è stata ancor meno che episodica riducendosi di fatto alla giovanile partecipazione al “Lucio Silla” diretto da Rousset; arriva ora questo CD che segna un nuovo interesse per il genio salisburghese nel quale, nonostante tutte le qualità di Florez ottimamente accompagnato da una compagine specializzata come La Scintilla diretta da Riccardo Minasi, traspare ancora una certa estraneità del tenore peruviano a questo linguaggio musicale.
La frequentazione mozartiana di Juan Diego Florez è stata ancor meno che episodica riducendosi di fatto alla giovanile partecipazione al “Lucio Silla” diretto da Rousset; arriva ora questo CD che segna un nuovo interesse per il genio salisburghese nel quale, nonostante tutte le qualità di Florez ottimamente accompagnato da una compagine specializzata come La Scintilla diretta da Riccardo Minasi, traspare ancora una certa estraneità del tenore peruviano a questo linguaggio musicale.
Posta in apertura, “Fuor del mar” da “Idomeneo” eseguita nella versione completa di tutta la parte virtuosistica – con da capo variato – avrebbe tutto per esaltare le doti di Florez e infatti la sicurezza del canto è assoluta, la musicalità ineccepibile, gli acuti squillanti e sicurissimi e i passaggi di bravura, anche i più ardui, superati con una naturalezza che ha dell’inumano ma resta un sentore di costruito, di non autenticamente sentito, in quanto la voce manca un po’ di corpo per la parte ma è lo stesso gioco virtuosistico che sembra spinto troppo oltre, in un gusto della coloratura come espressione astratta di ideale perfezione, di una bravura che sa di autocompiacimento che tradisce una sensibilità più rossiniana che mozartiana. Per certi aspetti simili sono le considerazioni che si possono fare a riguardo di “Si spande al sole in faccia” da “Il re pastore” solo che la maggior convenzionalità del brano rende meno evidente la mancanza di sintonia innata. Tendono a prevalere la perfezione del canto e l’impeto dell’accento che rendono questo uno dei brani più riusciti della registrazione.
Più che per le parti serie la voce di Florez sarebbe perfetta per parti come Don Ottavio e Ferrando le cui arie sono eseguite con musicalità squisita e una cesellata perfezione che raramente ci è dato di ascoltare. Convince meno la scelta di variare in modo molto evidente le riprese, scelta forse filologicamente corretta ma che suona un po’ estranea all’ascoltatore non abituato. Soprattutto in “Il mio tesoro intanto” l’impressione è di un virtuosismo fin eccessivo con puntature in acuto splendide come esecuzione ma che lasciano più di una perplessità come scelte espressive. Più contenute le scelte fatte per le altre due arie, specie per “Un’ aura amoroso” che nell’estatico canto a fior di labbro di Florez si esalta di melanconica poesia.
Le arie di Tamino e Belmonte sono eseguite senza variazioni e in modo rigoroso secondo tradizione ma, se la voce di Florez è piacevole – nonostante non abbia certo lo splendore timbrico di alcuni storici interpreti – e il canto di cesellata raffinatezza, ancor maggiore è il senso di mancanza di idiomaticità sia stilistica che linguistica che testimonia la necessità di un ulteriore approfondimento.
Chiude il programma l’aria da concerto “Misero! O sogno…aura che intorno spiri” K431 dove Florez sembra sentirsi finalmente libero laciandosi andare al puro piacere di fare musica e – specie nella sezione conclusiva – al trionfo del canto di bravura ritrovando così una sincerità di espressione che manca negli ascolti operistici e che lo porta a cogliere a pieno il coloro quasi pre-romantico del brano.
Il risultato finale è un prodotto interessante anche se non pienamente compiuto che ci si augura possa essere un primo passo per un maggior approfondimento del repertorio mozartiano da parte di Florez e non uno scoglio destinato a restare isolato nel mare della carriera del tenore peruviano.