Bassano del Grappa, OperaEstate 2018 Festival Veneto 38, Bmotion Danza
“SEEKING UNICORNS”
di e con Chiara Bersani
Luogo Museo civico
Mentoring Alessandro Sciarroni
“ANDREA, YAARA and IDO ‘S DANCE”
di e con Andrea Costanzo Martini, Yaara Moses, Ido Batash
Luogo Chiostro Museo civico
“ORO. L’ARTE DI RESISTERE”
di Francesca Foscarini
Gruppo Dance Well
Luogo Cappella Mares di Villa Ca’ Erizzo
“#PUNK”
Nora Chipaumire e Shamar Watt
Luogo Teatro Remondini
Bassano del Grappa, 25 agosto 2018
“B .Motion”, lo dice anche il pieghevole della manifestazione bassanese, è un festival nel festival che è divenuto ormai un punto di riferimento per gli operatori della danza impegnati socialmente e politicamente, attraverso la propria identità ed espressione artistica, in luoghi splendidi e ricchi di cultura. “Operaestate festival”, infatti, con il “Centro per la scena contemporanea” (CSC) coproduce progetti europei per la promozione delle arti performative e della danza contemporanea. Migrant Bodies, Performing Gender e Dance Well (Movimento di ricerca per il Parkinson), solo per citarne alcuni, sono azioni espressamente volte a dare visibilità alle minoranze, ovvero a offrire occasioni di dance therapy a persone con disagi psicofisici. La danza, utilizzata quindi come strumento per l’autocura, prima di essere un mezzo per l’emancipazione e il riscatto da una situazione di vita difficile (il negro che vive in centro Africa, l’ebreo israeliano emigrato), trova il suo ideale contorno di operatori e di pubblico a Bassano del Grappa, grazie al premuroso e professionale appeal degli organizzatori.
A proposito di disabilità, ad aprire il B.Motion 2018 è Chiara Bersani, affetta da una forma medio-grave di osteogenesi imperfetta (cit.), che sembra rimasta allo stato di bimba in fasce, in quel periodo, per intenderci, che precede il raggiungimento della posizione eretta con i primi passi. Nell’ambiente della performing art (ha già all’attivo interessanti lavori con Lenz Rifrazioni di Parma) è famosissimo il suo nudo integrale in Your Girl, un lavoro sul desiderio concepito del bravissimo Alessandro Sciarroni (oggi suo mentore) partendo dalla lettura dei testi di Flaubert. Sinceramente perdiamo subito di vista il concetto dell’unicorno e della sua ricerca tra i secoli per ridonargli le radici mitologiche che avrebbe perduto, perché troppo ipnotizzati (è il caso di ammetterlo) dal carisma della performer lodigiana mentre cammina carponi sul pavimento alla veneziana del museo civico. Chiara, partendo da una posizione prona, da sotto la tela del San Giovanni Battista di Giambattista Piazzetta, si erge quasi in verticale soffiando dentro a una tromba tutto il fiato che le rimane dopo aver percorso il semicerchio di spettatori venuti a vederla: tra loro molte bambine (sicuramente allieve di danza) dallo sguardo esterrefatto. L’accompagnamento musicale di Seeking unicorns è dal vivo e lo scopriamo solo agli applausi finali, quando vediamo apparire dei giovani musicisti con in braccio violini e trombe.
Usciamo dal museo ma ci fermiamo nel chiostro per vedere Yaara Moses, Ido Batash e Andrea Costanzo Martini impegnati ad eseguire i loro tre rispettivi “solo”, prodotti da “Operaestate”. Nei fatti saranno sempre un po’ diverse le loro coreografie, nel corso del Festival, perché rispondenti a tre semplici regole dettate dai produttori: durare al massimo 15 minuti, essere improvvisate ed essere in dialogo con i luoghi che le ospitano. Sinceramente non abbiamo assistito a nulla di interessante a motivo del fatto che con il luogo i performers fossero poco in simbiosi: Yaara, per esempio, ha poco improvvisato ballando sopra a una canzone fin troppo famosa di LP (Lost On You) e Ido era più intento a tirare letteralmente in scena gli spettatori che a far capire che si trovava letteralmente circondato da tanta cultura museale.
Poco dopo, all’Oratorio della villa Ca’ Erizzo, che ospita la tomba monumentale del direttore d’orchestra Gaetano Mares, vissuto nel XIX secolo, ci attende Francesca Foscarini coi sui danzatori del progetto Dance Well. La location non è proprio ideale per ben sedici persone che devono muoversi e ballare, a coppie assortite, tra una sessantina di spettatori, come al solito tutt’intorno. Questa volta, per espresso desiderio del Movimento di ricerca per il Parkinson, si è voluta una cosa più classica: meno performativa e più danzata, per cui abbiamo assistito a balli, come a quello molto bello sulle note e le parole del Senza fine della Vanoni, cantato a bocca chiusa.
Francesca, spalle alla porta, dirigeva col solo sguardo l’ensemble di figure, tutte in ghingheri da grand soiree, sorridenti, qualcuna scalza: tutte carismatiche e molto concertate nel fare al meglio la propria parte. Anche se col titolo “Oro. L’arte di resistere” e con i testi dello spettacolo (con richiami a Hemingway e ai partigiani antifascisti) si poteva perseguire il nobile intento di omaggiare la città di Bassano, medaglia d’Oro al Valor militare per la Resistenza, questo spettacolo tuttavia non fa provare alcuna emozione. Insomma non sa offrire nulla al di là di un esercizio terapico di danza: il lavoro a due, a gruppo, il contatto, il canto, lo sfogo e la condivisione. Ricordiamo invece con piacere ArMare un Uomo, lo spettacolo carico di suspence del coreografo Dario Tortorelli eseguito sempre con il medesimo gruppo di persone affette da questa terribile malattia neurodegenerativa per Operaestate Festival nel 2015 . Per la cronaca di questa edizione di “Operaestate” citiamo lo spettacolo, pensato per persone non udenti, di Ari Teperberg (anch’egli israeliano come la maggior parte degli interpreti di quest’anno) che con And my heart almost stool still genera uno spazio in cui il suono si propaga attraverso le vibrazioni corporee.
A chiusura di serata, il contraltare alla fissità della Bersani lo è Nora Chipaumire: l’apoteosi del gesto e del canto insieme. Con lei il teatro Remondini diventa un anfiteatro quando gli spettatori salgono sul palco e si mettono di quinta a fare da cornice alle sue giravolte ginniche e canore e a quelle della sua spalla, lo scatenato Shamar Watt. #PUNK, fa parte con 100% POP e * NIGGA delle tre interpretazioni (punk, pop e rumba) dedicate sì a precisi periodi storici per la cultura musicale mondiale: gli anni ’70, ’80 e ’90 ma riguardanti tuttavia la biografia formativa di questa artista che viene dallo Zimbabwe. Nora Chipaumire, oggi residente a New York, è una delle più interessanti interpreti della performig art africana e per Bassano ha proposto un set di quaranta minuti consistente in diversi “paesaggi sonori” su passi di danza improvvisati (con qualche abbozzo di coreografia assieme a Shamar), caratterizzati dalla sua voce roca e potente. La critica dice che Nora ha ereditato il “bagaglio storico e politico dello Zimbabwe”, per cui usa il suo corpo come un manifesto e come veicolo di autoinvenzione e autodeterminazione. Capiamo da ciò che urla al microfono e da come si manifesta, addirittura scimmiottando, che lei è Africa e per questo ci chiede se siamo pronti a viverla nella sua vera essenza. La sua missione artistica sta nel dare valore a ciò che sembra non averlo, e con #PUNK mette in scena tutta la sua fisicità, dando vita al testo attorno al quale gira tutto lo show: Rock n’ Roll nigger di Patti Smith (“Do you like the world around you? Are you ready to behave?”). Molto brava la performer ma a nostro avviso il pubblico non ha capito la portata dello spettacolo, ossia l’impegno politico-sociale di un’artista che come poche sa cogliere ed esprimere col corpo e con la voce insieme, i propri conflitti (e confini) personali. (foto Roberta Segata)