Torino, Teatro Regio, stagione d’opera 2017-2018
“LE NOZZE DI FIGARO”
Commedia per musica in quattro atti di Lorenzo da Ponte, dalla commedia La Folle Journée, ou Le Mariage de Figaro di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais.
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Il conte d’Almaviva SIMONE ALBERGHINI
La contessa SERENA FARNOCCHIA
Figaro PAOLO BORDOGNA
Susanna MARIA GRAZIA SCHIAVO
Cherubino PAOLA GARDINA
Marcellina MANUELA CUSTER
Bartolo FABRIZIO BEGGI
Basilio SAVERIO FIORE
Don Curzio JOSHUA SANDERS
Antonio GIUSEPPE ESPOSITO
Barbarina MARIASOLE MAININI
Prima ragazza MANUELA GIACOMINI
Seconda ragazza CLAUDIA DE PIAN
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino
Direttore Speranza Scappucci
Maestro del coro Andrea Secchi
Maestro al fortepiano Jeong Un Kim
Regia Elena Barbalich
Scene e costumi Tommaso Lagattolla
Luci Andrea Anfossi
Allestimento Teatro Regio – Torino
Torino 26 giugno 2018
La stagione del Regio di Torino si è conclusa quest’anno con una piccola rassegna dedicata a Mozart, del quale è stata messa in scena la trilogia dapontiana con una formula che prevedeva l’alternarsi delle opere in modo che si potessero ascoltare i tre titoli in giorni consecutivi. Questo evento – detto per inciso – presenta alcune somiglianze e parecchie differenze con la programmazione recentemente annunciata per la stagione ventura, che il teatro, stretto in una difficile situazione economica, ha deciso di dedicare pressoché interamente al repertorio più popolare. Somiglianze, certo, per la notorietà dei titoli messi in scena, e per la scelta di ricorrere tendenzialmente ad allestimenti di taglio tradizionale. Ma anche differenze: della trilogia attuale, infatti, è stato inserito un solo spettacolo in ciascun abbonamento, mentre la prossima stagione prevede che tutti gli abbonati ascoltino la rassegna di blockbuster con solo un paio di chicche estranee al grandissimo repertorio. In secondo luogo, questi spettacoli mozartiani hanno visto, almeno sulla carta, cast di altissimo profilo, mentre su alcuni titoli del cartellone 2018-19 compaiono nomi assai meno conosciuti; con tutto ciò, non sempre il palcoscenico dà ragione alle promesse delle locandine, e, come qualche delusione può essere sorta ascoltando le opere mozartiane, così si spera che belle sorprese attendano i melomani torinesi nell’anno a venire. Per la trilogia mozartiana si è fatto ricorso ad allestimenti di proprietà del teatro, già visti negli anni passati. Nel caso delle Nozze di Figaro, si tratta dello spettacolo firmato da Elena Barbalich e già commentato su queste pagine in occasione delle recite del 2015. In costumi settecenteschi semplici ma eleganti e con elementi scenografici essenziali, la regia illustra con chiarezza e linearità la vicenda – agevole da seguire nel dipanarsi dei suoi episodi –, solo calcando un po’ la mano, qua e là, nell’esplicitare le allusioni sessuali di cui il testo è intriso e nel sottolineare l’indole rivoluzionaria di Figaro. Molto diversi sono stati gli approcci dati dalle bacchette scelte per dirigere le tre opere: nel caso di Speranza Scappucci, alla guida dell’Orchestra del Regio per le Nozze, si è ascoltata una lettura che tendeva, fin dallo slancio conferito all’ouverture, a proiettare la partitura verso l’Ottocento romantico più che a guardare retrospettivamente l’opera barocca: in questa direzione andavano la rotondità dei suoni e una generosità a tratti un po’ eccessiva nei volumi, che rischiava di nuocere in alcuni ensemble, la cui concertazione pareva sfilacciarsi leggermente (penso in particolare al finale II). Tra gli interpreti, spiccava la personalità istrionica di Paolo Bordogna, che ha affrontato il ruolo di Figaro col piglio da caratterista di rango che è la cifra di tante sue interpretazioni rossiniane, anche se in Mozart questo tipo di lettura lascia qualche interrogativo circa l’appropriatezza stilistica. Assecondando le scelte registiche, ha tratteggiato un servitore che assume atteggiamenti aperti di sfida nei confronti del suo padrone, ad esempio nel finale III, quando affronta il Conte e lo azzittisce con un fiero «Perché no?». Il Conte del basso-baritono Simone Alberghini è apparso affaticato, più anziano gentiluomo in cerca di avventure giovanili che giovane uomo annoiato della donna conquistata pochi anni prima, a causa di alcune impreviste debolezze dello strumento che la scaltrezza interpretativa ha saputo porre a servizio della drammaturgia. In progressivo miglioramento è stata Serena Farnocchia, Contessa che ha lasciato varie perplessità al suo ingresso in scena («Porgi, amor») per l’insistenza del vibrato, l’intonazione insicura e il legato difficoltoso; più convincente è stata nei recitativi, fraseggiati con perspicacia, e nella sezione in Allegro dell’aria del III atto, dove il canto di slancio ha premiato le sue caratteristiche vocali. Bel ritratto, spiritoso e sbarazzino, ha disegnato di Susanna il soprano Maria Grazia Schiavo; ritratto che si è compiuto nell’aria del IV atto, dove la purezza dell’emissione e la morbidezza del legato hanno messo in luce l’astuta opera di seduzione della giovane, non aliena da uno sguardo divertito. Il mezzosoprano Paola Gardina, fondandosi su solida tecnica, ha illustrato un Cherubino ricco di sfumature, che necessita forse di essere un po’ rafforzato nelle note più gravi, sintomo dell’incipiente pubertà del paggio. Degli altri, emergeva per imponenza vocale il basso Fabrizio Beggi quale Bartolo. Il mezzosoprano Manuela Custer ha evidenziato la contrapposizione d’età e di carattere tra la figura di Marcellina e la giovane Susanna nel duetto del I atto; per il resto, il taglio dell’aria «Il capro e la capretta» l’ha privata del suo momento solistico. Parimenti tagliata è stata l’aria di don Basilio (impersonato dal tenore Saverio Fiore), e chiunque abbia deciso queste sforbiciature, per quanto siano di prassi, ha commesso un errore. Il tenore Joshua Sanders è stato, come usa, balbuziente nell’interpretare Don Curzio, mentre il basso Giuseppe Esposito ha delineato con efficacia i tratti grossolani del giardiniere Antonio. Infine, un’ottima impressione ha sortito il soprano Mariasole Mainini, nel piccolo ruolo di Barbarina, che spesso ha costituito una rampa di lancio verso più importanti mete.
Marco Leo