A 200 anni dalla nascita del compositore
Charles Gounod (1818 – 1893): “Marie Stuart et Rizzio”, “Fernand”, “La Vendetta”, “Messe vocale”, “Christus factus est”, “Hymne sacrée”, “Messe de Saint-Louis-des Francçais”. Gabrielle Philiponet (soprano); Judith Van Wanroij (soprano); Chantal Santon-Jeffery (soprano); Caroline Meng (mezzosoprano); Artavazd Sargsyan (tenore); Sébastien Droy (tenore); Yu Shao (tenore); Nicolas Courjal (basso); Brussels Philharmonic, Flemish Radio Choir, Hervé Niquet (direttore). Registrazione: Bruxelles ed Heverlee, aprile e giugno 2016, settembre 2017. 2 Cd Ediciones Singulares / Palazzetto Bru Zane ES 1030
“Il mio unico obiettivo era questo Grand Prix de Rome che mi ero impegnato a vincere costi quel che costi.”
Così Charles Gounod ricordò nei suoi Mémoires l’importanza, per la sua carriera, della vittoria del prix de Rome che gli avrebbe consentito anche di ottenere l’esonero dalla leva militare. In effetti per il compositore francese non fu facile conquistare questo premio, dal momento che dovette partecipare per ben tre volte al concorso. In questo doppio album, pubblicato dal Palazzetto Bru Zane nel 2017, sono raccolti, insieme alle cantate presentate dal compositore all’esame del concorso, anche alcuni lavori sacri composti durante il periodo trascorso a Roma e a Vienna. Si tratta in tutto di 7 lavori composti in un arco di tempo di sei anni compreso tra il 1837 il 1843 a partire dalle cantate presentate alle tre edizioni del concorso a cui Gounod partecipò per conquistare il Prix fino ai brani composti a Roma a Vienna o come envoi o su commissione sia della chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma sia della Karlschirche di Vienna.
Il primo lavoro in ascolto, la cantata Marie Stuart et Rizzio per soprano e tenore, su testo di Léon Halévy, che, presentata da Gounod in occasione dell’edizione del 1837 per il concorso del Prix de Rome, gli fece meritare il secondo premio dietro a Louis-Désiré-Besozzi, mostra le debolezze di un lavoro giovanile, ancora scolastico, nel quale sono evidenti, oltre agli insegnamenti di Reicha, soprattutto nella scrittura tonale e ritmica, e di Lesueur, negli interventi orchestrali come quello che conclude il recitativo iniziale di Marie, le influenze di opere quali il Guillaume Tell di Rossini e il Franco cacciatore di Weber. Si nota, inoltre, una tendenza a sovraccaricare la scrittura orchestrale che è indice della volontà del compositore di mostrare le acquisizioni tecniche apprese durante gli anni di studio, anche se una melodia dolce e cullante contraddistingue il cantabile di Marie, Adieu, douce et belle patrie
Sin dal preludio, orchestrato con maggiore cura e costituito da una melodia di carattere pastorale su un tremolo degli archi, più originale e personale appare La Vendetta, terzo lavoro in ascolto, ma secondo in ordine cronologico. La cantata che, scritta su un testo di Amédée Pastoret, non consentì comunque al compositore francese di ottenere l’agognato Prix, attribuito a Georges Bousquet, presenta una maggiore attenzione al carattere espressivo del testo sin dal recitativo di Marcella e dalla successiva aria S’il savait que sa mère a pleuré son absence nonostante la scrittura vocale insista troppo sugli acuti.
Finalmente, al terzo tentativo nel 1839 Gounod ottenne il Prix con la cantata Fernand, che, composta su un testo sempre di Amédée de Pastoret, pur essendo meno originale della precedentee, è certamente più rispondente alle richieste della commissione del Prix de Rome, come, del resto, notò anche Delécluze il quale, sul «Journal des Débats» all’indomani della prima esecuzione avvenuta il 5 ottobre 1839, rimproverò a Gounod l’eccessiva scienza e la scarsa verve. In questa cantata si sentono le influenze dello stile italiano e, in particolar modo della Lucia donizettiana e ancora una volta del Guillaume Tell, ma la scrittura, a giudizio dello scrivente, appare più matura sin dal preludio, un notturno spagnolo all’interno del quale emergono il timbro dell’oboe nella parte iniziale e quello del clarinetto nella sezione centrale. Anche il recitativo si fa più drammatico e più teso e Gounod mostra una sicura padronanza delle convenzioni operistiche nei pezzi d’assieme come si può vedere nel terzetto Sauve Alamir, sicuramente il numero più interessante della cantata con la bella introduzione degli oboi e la dolce invocazione di Zelmire. Nel complesso queste cantate non sono particolarmente significative da un punto di vista meramente artistico, ma hanno un valore documentario in quanto ci permettono di conoscere le prime prove del giovane studente Gounod alle prese con le voci e con l’orchestra, tanto più che due di esse, Marie Stuart et Rizzio e La Vendetta, non erano mai state eseguite in precedenza. Curata comunque quest’edizione dal punto di vista dell’esecuzione fin dalla concertazione di Hervé Niquet il quale, alla guida della Brussels Philharmonic, interpreta le non difficili partiture scegliendo bene i tempi e le sonorità. Sostanzialmente buone le prove degli interpreti vocali tutti attenti ad esaltare il carattere espressivo del testo: Gabrielle Philiponet (Marie Stuart) e Sébastien Droy (David Rizzio), per Marie Stuart et Rizzio; Chantal Santon-Jeffery (Marcella), che si segnala per un’intensa interpretazione dell’aria S’il savait que sa mère a pleuré son absence, e Yu Shao (Lucien) per La Vendetta e, infine, Jydith van Wanroij (Zelmire), Yu Shao (Alamir) e Nicolas Courjal (Fernand), bravo quet’ultimo nel realizzare le sfumature psicologiche del personaggio, per Fernand.
Il secondo Cd, di cui si compone questo doppio album, è dedicato alla produzione sacra composta da Gounod durante il suo soggiorno romano prima e viennese dopo; si tratta, in particolar modo, di due messe, di Christus factus est e dell’Hymne sacrée.
Composta tra l’autunno del 1840 (il Sanctus risale al mese di settembre di quell’anno) e il 1841 ed eseguita il primo maggio nella chiesa romana di San Luigi dei Francesi il 1° maggio 1841, la Messe de Saint-Louis-des-Français presenta una scrittura prevalentemente omoritmica, evidente già nell’iniziale Kyrie; una scrittura polifonica si afferma nel fugato inserito da Gounod in corrispondenza delle parole Qui tollis peccata mundi del Gloria, unico brano concepito secondo una struttura sinfonica, mentre elementi drammatici caratterizzano il Credo. Buona l’esecuzione da parte sia della compagine corale (Flemish Radio Choir) sia dei soli, il mezzosoprano Caroline Meng, particolarmente intensa nel Kyrie, e il tenore Artavazd Sargsyan che si distingue dal punto di vista interpretativo nell’Adagio introduttivo del Gloria.
L’altra Messa in ascolto, la Messe vocale fu composta nel 1843 su commissione della Karlschirche di Vienna che aveva chiesto a Gounod originariamente una Messa per il tempo di Quaresima e, poi, per la festa dell’Annunciazione della Vergine. Eseguita il 25 marzo 1843, questa Messa rivela il carattere “tedesco” e soprattutto protestante della sua concezione; ciò è evidente nella scelta di inserire dei corali all’interno di ogni brano ecceziona fatta per il Sanctus. I corali sono nell’ordine Dei genitrix per il Kyrie; Dignare per il Gloria; Da mi virtutem per il Credo; Post partum per l’Agnus Dei. La scrittura per coro misto e organo senza solisti, inoltre, conferisce a questa composizione un carattere austero e solenne reso perfettamente dalla compagine corale ben guidata sempre da Hervé Niquet.
Legato alla precedente Messa almeno per quanto riguarda la destinazione, la Karlschirche di Vienna, dove fu eseguito nel 1842 in occasione della festa dell’esaltazione della Santa Croce, il mottetto sacro Christus factus est per soprano e orchestra non è particolarmente significativo dal punto di vista musicale; in esso si sentono, infatti, influenze operistiche, evidenti nella prima frase ed altre riconducibili a Bach nella seconda. Nel presente Cd è eseguito con una certa partecipazione dal soprano Judith Van Wanroij.
Infine l’Hymne sacrè per soli, coro e orchestra, composto nel 1843 come terzo envoi da Roma, è sicuramente il brano più originale, come notato già dal segretario dell’istituto che scrisse: «Questa composizione è originale nell’andamento e nella forma». Bella è effettivamente la melodia cullante di sapore belliniano del tenore dopo l’introduzione orchestrale. Meno interessante è, forse, l’inno vero e proprio, intonato dal basso, che si sviluppa in un andamento di marcia. Anche in questo brano si nota la buona qualità dell’esecuzione con l’orchestra che accompagna senza mai soverchiarli il coro e i quattro solisti: Judith Van Wanroij (soprano), Caroline Meng (mezzosoprano), Artavazd Sargsyan (tenore) e Alexandre Duhamel (baritono). La loro prova appare corretta sia sul piano del fraseggio che su quello dell’intonazione.
Pur non essendo costituito da capolavori , questo doppio album è nel complesso interessante come documento di un periodo di apprendistato del compositore francese del quale nel 2018 si celebrano i duecento anni dalla nascita.