Verona. Fondazione Arena di Verona. 96^ Opera Festival 2018.
“CARMEN”
Opéra-comique in 4 atti su Libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy dalla novella omonima di Prosper Mérimée
Musica di Georges Bizet
Carmen ANNA GORYCHOVA
Micaela MARIANGELA SICILIA
Frasquita RUTH INIESTA
Mercédès ARINA ALEXEEVA
Don José BRIAN JAGDE
Escamillo ALEXANDER VINOGRADOV
Dancairo DAVIDE FERSINI
Remendado ROBERTO COVATTA
Zuniga LUCA DALL’AMICO
Moralès BIAGIO PIZZUTI
Orchestra, coro e ballo dell’Arena di Verona
Direttore d’orchestra Francesco Ivan Ciampa
Maestro del Coro Vito Lombardi
Coro di Voci bianchi A.LI.VE diretto da Paolo Facincani
Regia, Scene e Costumi Hugo de Ana
Coreografia Leda Lojodice
Lighting Design Paolo Mazzon
Projection Design Sergio Metalli
Verona, 22 giugno 2018.
La 96^ edizione dell’Arena di Verona Opera Festival sì è inaugurata il 22 giugno con un’attesissimo nuovo allestimento della celeberrima Carmen di Georges Bizet affidato al famoso regista argentino Hugo de Ana che firmava, come di consueto anche le scene e i costumi. Dopo l’ultima storica edizione di Carmen, firmata da Franco Zeffirelli e proposta regolarmente in successive stagioni fin dal lontano 1995, Hugo de Ana ne propone una lettura in completa contrapposizione con la precedente edizione “di tradizione” che riscuoteva sempre un travolgente successo di pubblico. All’onore del vero, l’allestimento riccamente estetizzante e ridondante di Zeffirelli (con costumi di Anna Anni che spiccavano per raffinatezza e fedeltà stroica) col passare degli anni aveva perso pezzi fino a diventare lo scheletro, meno qualche osso, dell’originale. La visione di de Ana, rompendo completamente con l’immagine di una Siviglia pittoresca di colori vivaci, popolata da una borghesia elegante, soldati prestanti, sigaraie e variopinti zingari, ci porta un secolo dopo rispetto al libretto, negli anni Trenta del Novecento. I riferimenti al periodo della guerra civile sono chiari con le divise dei soldati, le bandiere franchiste e repubblicane. La tavolozza dei colori dei costumi e delle scene è neutra (a parte i costumi dei toreador dell’ultimo atto) e ricorda vecchie foto e filmati del periodo. I costumi vintage sono meticolosi, gli arredi scenici di materiali poveri. I cavalli, camion e auto che vanno e vengono e la massa artistica che si scompone in una umanità che canta, balla, litiga creando un ambiente di un vissuto reale e duro. L’ampio spalto della gradinata dietro la scena è usato soprattutto per le proiezioni per di più scritte in caratteri in stile degli anni 30 create con grande estro da Sergio Metalli. Di grande effetto, nell’ultimo atto, la proiezione che ricorda La Plaza de España di Siviglia con la sua forma semicircolare che ricalca quella della gradinata e fornisce la tribuna dell’arena della corrida costruito con degli steccati sul palcoscenico: un’arena dentro l’Arena. De Ana affranca la Siviglia di Carmen dai cliché variopinti e folkloristici. Il terzo atto con la barriera reticolata, il filo spinato, i camion che caricano il contrabbando e i protagonisti vestiti da partigiani non sembra tanto lontano da situazioni dei contrabbandieri. Se de Ana intendeva portare un’analogia coinvolgente della lotta del popolo spagnolo contro l’oppressione con la rivendicazione della propria libertà di scelta di Carmen non è stato facilitato dall’interpretazione della protagonista. Il mezzosoprano Anna Gorychova sfoggia una voce piacevole, un’emissione che sembra omogenea ma non per gli spazi areniani. La sua vocalità è carente del peso necessario per dare spessore ad una caratterizzazione di un personaggio che dovrebbe avere un forte temperamento. La sua Carmen appare indifferente alle passioni (in particolare verso Don Josè) e agli aneliti di libertà, all’essere fuori dagli schemi della società. Si ha l’impressione che la sua Carmen non sia in linea con la lettura di de Ana. Il tenore americano Brian Jagde, nel ruolo di Don José, ha mostrato una tecnica sicura, un timbro robusto, ma anche morbido, accenti incisivi e un notevole slancio passionale. Particolarmente espressivo il duetto con Micaela (ma anche i dialoghi dell’atto III) che ha evidenziato in modo molto più esplicito del solito il legame affettivo tra i due personaggi. Mariangela Sicilia è una Micaela forte, determinata e coraggiosa. Abbiamo apprezzato le qualità timbriche, la linea di canto con un bell’uso delle mezzevoci. L’Escamillo di Alexander Vinogradov univa ad una forte presenza scenica, una grinta espressiva, un timbro brunito e una voce di una facile e fluida estensione. Ruth Iniesta e Arina Alexeeva, rispettivamente Frasquita e Mercédès, voci di smalto brillante, precise e scattanti insieme con il Dancairo di Davide Fersini e il Remendado di Roberto Covatta hanno animato il secondo e terzo atto con un ottimo lavoro di insieme. Le solide caratterizzazioni sceniche e vocali di Luca Dall’Amico (Zuniga) e di Biagio Pizzuto (Moralès), completano il cast. Il lighting design dell’areniano Paolo Mazzon è stato fondamentale nel creare la giusta e realistica atmosfera evocativa dello spettacolo. Non ci hanno colpito le “sommesse” coreografie di Leda Lojodice a parte un rumoroso numero con delle sedie. La direzione dell’orchestra di Francesco Ivan Ciampa era puntuale, attenta, con una ricerca di dinamiche a dispetto di una serata atmosfericamente non facile. Nonostante i suoi sforzi, la concertazione spettacolo non ha spiccato il volo sul piano emotivo e del coinvolgimento. L’orchestra ha dato un’ottima prova e ha dimostrato una padronanza dell’esecuzione. Una parola di encomio per gli ottoni. I loro interventi sono sempre stati espressivi, calibrati nella dinamica, con sonorità compatte piene e rotonde. Il coro di Voci Bianche diretto da Paolo Facincani è stato musicalmente preciso e scenicamente vivace e gioioso. Il coro Areniano, preparato da Vito Lombardo ha risaltato per precisione, coesione e disinvoltura scenica (abbiamo notato però una tendenza a calare nelle zone acute). Concludiamo con alcune considerazioni. Abbiamo già fatto cenno al meteo. Questa bizzarra estate 2018, alla sera di questa prima, si è presentata ventosa e con qualche goccia di pioggia che ha ulteriormente rallentato una serata partita in forte ritardo dopo un’eccessiva serie di discorsi e commemorazioni. Carmen non è certo un’opera breve e così i primi abbandoni degli ospiti della platea sono iniziati già dal primo intervallo e sempre più numerosi nel successivo….ulteriore riflessione: non è che questa Carmen, a conti fatti, coinvolge poco e appare come un’operazione troppo intelletuale per i gusti del pubblico areniano?…Vedremo nel prosieguo delle rappresentazioni. Prossime repliche: 29 giugno, 6, 11, 17, 21 luglio, ore 21.00 – 3, 9, 12, 22, 25, 28, 31 agosto, ore 20.45. Foto Ennevi©Fondazione Arena di Verona