Bologna, Teatro Comunale – Stagione d’Opera 2017-18
“I CAPULETI E I MONTECCHI”
Tragedia lirica in due atti, libretto di Felice Romani.
Musica di Vincenzo Bellini
Capellio VINCENZO SANTORO
Giulietta NINA SOLODOVNIKOVA
Tebaldo GILLÉN MUNGUIA
Romeo CHRISTINA CAMPSALL
Lorenzo DIEGO SAVINI
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Federico Santi
Maestro del Coro Andrea Faidutti
Regia Silvia Paoli
Scene Andrea Belli
Costumi Giulia Giannino
Luci Andrea Carletti riprese da Daniele Naldi
Allestimento del Teatro Comunale di Bologna con l’Auditorio de Tenerife
Bologna, 13 maggio 2018
Un buon regista sa che quando si deve ambientare un’opera vi sono tre scelte: il tempo descritto dal libretto, il tempo in cui il libretto è stato scritto, o un tempo a suo piacere, via più impervia, che occorre saper gestire con attenzione e grande coerenza interna. In questo senso, Silvia Paoli, regista de “I Capuleti e i Montecchi” appena andato in scena al Comunale di Bologna, dimostra di sapere il fatto suo, ambientando l’opera belliniana in un bar malfamato degli anni Sessanta, covo di criminalità organizzata, dietro la rassicurante immagine da Bar Sport. La scena, fissa ma suscettibile di piccole ininterrotte variazioni, è splendidamente ideata da Andrea Belli e soprattutto illuminata con grande maestria da Alessandro Carletti (progetto fotografico ripreso da Daniele Naldi); l’atmosfera criminal-sixties si corona con i costumi di Giulia Giannino, ma soprattutto con la grande prova attorale di cui si rendono capace cast, figuranti e coro (ben diretto dal Maestro Andrea Faidutti): in primo luogo i cinque personaggi si delineano con tinte decise, fisicità consapevole, ottima gestione prossemica, aderenza al libretto. In tal senso è davvero difficile stabilire un migliore, perché davvero tutti si adoperano affinché il progetto registico prenda vita. Dal punto di vista musicale, invece, senza dubbio spicca la mezzo-soprano canadese Christina Campsall, dotata di voce sana, potente, facilmente spinta fino al registro di contralto, ma a suo agio anche nelle zone più acute, una vera scoperta; quasi al suo livello anche la Giulietta di Nina Solodovnikova, straordinariamente espressiva, precisa, suadente soprano lirico, ma con un timbro poco potente, a volte surclassato dall’esuberante orchestra, energicamente diretta dal Maestro Federico Santi. Poco male, perché la venticinquenne soprano russa regala una prova fisica degna della grande tradizione teatrale del suo Paese d’origine, e a volte ci si interroga come faccia, in certe posizioni e durante certe azioni, a mantenere intonazione e controllo totale sull’emissione. Altro piacevole interprete è senza dubbio Diego Savini, nella parte di Lorenzo: il faccendiere dei Capuleti è un personaggio davvero poco stereotipato, ricco di sfumature, e il baritono umbro non delude nel conferirgli spessore vocale. Non si risparmia scenicamente nemmeno Gillén Munguia, nella parte di Tebaldo, anche se il suo bel timbro chiaro a volte sembra affaticarsi sugli acuti; è invece un po’ debole l’interpretazione di Capellio di Vincenzo Santoro, puntualmente coperto nei momenti di pieno regime orchestrale. L’aspetto più originale dello spettacolo è, però, l’uso di alcuni figuranti preadolescenti, che, in canottiera e calzoncini, coperti di bianco, incarnano i fantasmi delle vittime della faida veronese, tra i quali il più volte citato fratello di Giulietta, assassinato tempo addietro da Romeo: questi giovanissimi, coi loro corpi acerbi e l’estrema naturalezza della loro presenza scenica, sembrano un muto coro tragico, che tramite il solo movimento esprime un punto di vista puro sulla lurida violenza che percorre la vicenda; è come se tutto, in realtà, sia la degenerazione di un gioco da ragazzi, che, perduta l’innocenza, sanno relazionarsi solo a colpi di pistola e coltello: loro, invece, morti troppo presto per questo, sono gli unici cui sia concesso esprimere un’opinione sulla e tirare le fila della tragedia; un po’ angeli e un po’ demoni gettano uno sguardo amorale su tutto, lasciando che solo la nuda forza delle passioni trapeli dall’amore tra Romeo e Giulietta e dalla rivalità tra Romeo e Tebaldo. Sono loro la forza motrice dell’intera azione scenica, garantendo la veridicità delle emozioni che vediamo in scena: un plauso a loro e ancora alla regista, che, con una semplice intuizione, riesce a portarci una nuova, interessante, ben realizzata chiave di lettura di una delle storie più note dell’intero panorama letterario mondiale. Non è poco. Foto Rocco Casaluci