“Billy Budd” di Britten all’Opera di Roma

Teatro dell’Opera di Roma – Stagione Lirica 2017/2018
“BILLY BUDD”
Opera in due atti,libretto di Edward Morgan Forster ed Eric Crozier dal racconto di Herman Melville.
Musica di Benjamin Britten
Billy Budd  PHILLIP ADDIS
Edward Fairfax Vere   TOBY SPENCE
John Claggart  JOHN RELYEA
Mr. Redburn THOMAS OLIEMANS
Mr. Flint ZACHARY ALTMAN
Lieutenant Ratcliffe DAVID SHIPLEY
Red Whiskers ANDREW  DICKINSON
Donald JONATHAN MICHIE
Dansker STEPHEN RICHARDSON
A Novice KEITH JAMESON
The Novice’s Friend  JOHNNY HERFORD
Squeak  MATTHEW O’NEILL
Bosun  FRANCESCO SALVADORI
First Mate TIMOFEI BARANOV*
Second Mate  ANDRIL GANCHUK*
Maintop DOMINGO PELLICOLA*
Artur Jones  ANTONIO PANNUNZIO
A Sailor LORENZO GRANTE
Voice WILLIAM HERNANDEZ
*dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma con la partecipazione della Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore James Conlon
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia Deborah Warner
Scene Michel Levine
Costumi Chloe Obolensky
Luci Jean Kalman
Movimenti coreografici Kim Brandstrup
Ripresa delle Coreografie Joanna O’Kneeffe
Nuovo allestimento in coproduzione con il Teatro Real di Madrid e Royal Opera House Covent Garden di Londra
Roma, 12 maggio  2018
Billy Budd, opera di Benjamin Britten del 1951 su libretto di Edward Morgan Forster e Eric Crozier tratto dall’omonimo romanzo breve di Herman Melville è andata in scena per la prima volta al teatro dell’Opera di Roma in un nuovo allestimento nella versione in due atti. La vicenda si svolge interamente su una nave della marina inglese nel 1797 al tempo della guerra con la Francia e attraverso la storia del protagonista che alla fine verrà condannato a morte in modo tecnicamente corretto sul mero piano giuridico ma non certo su quello morale, solleva numerosi interrogativi lasciando ampio spazio al pensiero dello spettatore. Il librettista e la musica infatti sono assai abili nel suggerire o proporre spunti di riflessione in maniera  mai didascalica ma anzi tale da giungere alla mente pubblico attraverso le emozioni suscitate dalla bellezza e dalla poesia dell’arte o dalla crudezza delle situazioni. E così la tematica omosessuale riesce ad avere un suo ruolo e a poter essere evocata senza suscitare scandalo in un tempo nel quale era considerata un argomento innominabile quando non un reato  da molti ordinamenti giudiziari. In una Europa appena uscita dagli orrori della seconda guerra mondiale e dal processo di Norimberga illusa di aver sconfitto il male assoluto, la riflessione sul rapporto tra bene e male, tra oppressione e speranza di un mondo giusto, sulla liceità della pena capitale, sul dilemma già ampiamente proposto dal teatro classico tra obbedienza alle leggi e libertà della coscienza, o sul non agire in modo eticamente valido pur restando nell’ambito della legalità, riesce a trovare una via nuova, a tratti criptata ma forse per questo ancor più profonda, per giungere alla coscienza ed al cuore dello spettatore. In linea con il l’impostazione dell’autore la nave pensata dallo scenografo Michel Levine è immersa in una nebbiosa notte senza tempo, forse la coscienza o la memoria del comandante Vere narratore della storia,  nella quale gli spazi e gli ambienti sono definiti dal sartiame e da pochissimi altri elementi caratterizzanti, dalle luci usate in maniera molto suggestiva curate da Jean Kalman e da piani mobili. La bella regia di Deborah Warner trova un suo ritmo che colloca l’azione ed i movimenti sempre all’interno della musica, lasciando che questa e le parole del libretto si esprimano senza il bisogno di esplicitare visivamente alcunché oltre a quanto necessario al racconto. I personaggi vengono presentati nella loro non univoca complessità ma non giudicati. Assolutamente magnifica l’idea nel finale di far scomparire il protagonista verso l’alto anziché lasciarlo penzolare dal pennone, in una sorta di laica trasfigurazione. Ottima la direzione affidata al maestro James Conlon, profondo conoscitore di Britten e del mondo culturale che ha permesso la genesi delle sue opere, sempre attenta a tenere viva la tensione narrativa e a sottolineare efficacemente i diversi momenti dell’opera. Particolarmente poetico e commovente il sostegno orchestrale offerto all’intenso monologo finale di Billy Budd. Di ottimo livello anche la prova del coro diretto dal maestro Roberto Gabbiani. Eccellente la numerosa compagnia di canto interamente maschile composta da diciannove elementi, tutti ben amalgamati e ben calati nelle rispettive parti. Pur non potendo menzionarli tutti per brevità e per la stessa struttura d’insieme di quest’opera, vogliamo almeno ricordare gli interpreti dei tre ruoli principali Toby Spence (Comandante Vere) per l’intensità interpretativa, John Relyea ( John Claggart) per autorevolezza vocale e scenica ed infine Phillip Addis puro e sensibile Billy Bud. Al termine della recita il pubblico commosso è esploso in un lungo e grato applauso liberatorio. Foto Yasuko Kageyama