Torino, Teatro Regio: “L’Orfeo”

Torino, Teatro Regio. Stagione d’opera 2017-18
“L’ORFEO”
Favola in musica in un prologo e cinque atti su libretto di Alessandro Striggio
Musica di Claudio Monteverdi
La Musica / Proserpina ROBERTA INVERNIZZI
Orfeo MAURO BORGIONI
Euridice FRANCESCA BONCOMPAGNI
La Messaggera / La Speranza MONICA BACELLI
Caronte LUIGI DI DONATO
Plutone LUCA TITTOTO
Apollo / Primo pastore FERNANDO GUIMARÃES
La Ninfa LESLIE VINCO
Eco / Secondo spirito JOSHUA SANDERS
Primo spirito / Secondo pastore LUCA CERVONI
Terzo pastore MARTA FUMAGALLI
Quarto pastore / Terzo spirito ENRICO BAVA
Orchestra Orchestra del Teatro Regio di Torino con la partecipazione dell’Ensemble strumentale La Pifaresca
Direttore Antonio Florio
Regia Alessio Pizzech
Scene Davide Amadei
Costumi Carla Ricotti
Coreografia Isa Traversi
Maestro del coro Andrea Secchi
Torino, 17 marzo 2018.  
Le proposte dedicate al repertorio “barocco” sono ormai divenute una piacevole costante delle stagioni torinesi e si sono rivelate in molti casi fra le produzioni più riuscite del teatro. Non ha mancato il suo obiettivo neppure questa versione de “L’Orfeo” monteverdiano destinata a lasciare un segno importante nella storia recente dell’ente lirico piemontese. “L’Orfeo” non era mai stato rappresentato in forma scenica al Regio con l’esclusione dell’ormai lontana edizione del 1935 nella versione riadattata da Ottorino Respighi e il tanto atteso debutto è avvenuto sotto le migliori stelle. Una produzione perfettamente riuscita in tutte le sue componenti e perfettamente integrata in tutti i suoi aspetti; difficilmente si poteva immaginare modo migliore per festeggiare il ritorno alla piena operatività del teatro dopo i contrattempi degli scorsi mesi.
Elegantissimo l’allestimento di Alessio Pizzech. L’impianto scenico (di Davide Amadei) è di un’essenziale monumentalità: grandi quinte lignee definiscono lo spazio della vicenda, pareti decorate da rosoni di gusto rinascimentale e che evocano le cassettonature e i parati che al tempo della civiltà di corte caratterizzavano gli ambienti dedicati alle esecuzioni musicali. All’interno di questo spazio il movimento dei pannelli e gli elementi di arredo definiscono i vari ambienti con grande eleganza e suggestivi colpi di teatro – da segnalare al riguardo l’entrata della barca di Caronte o il poeticissimo effetto della scomparsa alla notizia della morte di Euridice del tappeto fiorito che domina i primi atti lasciando il freddo pavimento ligneo, anticipo delle profondità infere in cui il protagonista si appresta a discendere fino al finale quando la scena si apre completamente lasciando libero spazio al trionfo della luce di Apollo. Curatissima la regia, che segue con cura e precisione lo svolgersi della vicenda senza stravolgimenti e forzature ma anche senza rinunciare a tocchi di inventiva e originalità. Ben resa fin dall’inizio la netta contrapposizione fra il mondo ordinatamente umano dei pastori e l’irrompere del mondo naturale incarnato dalle Ninfe, dai tratti quasi ferini e menadici che reintroducono nell’opera quella cifra dionisiaca espulsa dalla versione musicale scelta ovvero quella apollinea con il catasterismo di Orfeo e priva dell’episodio delle Baccanti tracie. Ma molti sono i momenti da segnalare per cura e attenzione al dettaglio e la suggestione dell’effetto, limitandosi a qualche esempio l’inutile lotta delle anime per non salire sulla barca di Caronte, ultimo disperato tentativo di ancorarsi a una vita ormai perduta o l’incerto incedere di Euridice intenta a ritrovare il possesso del proprio corpo da cui si era ormai separata. Completavano l’insieme gli eleganti costumi di Carla Ricotti totalmente atemporali e dai raffinati impasti cromatici e le coreografie di spontanea comunicativa di Isa Traversi.
L’orchestra del Regio, rinforzata per l’occasione dall’Ensemble musicale La Pifaresca, si è mostrata pienamente all’altezza della situazione, suonando con grande proprietà e senso dello stile. Il maestro Antonio Florio crede profondamente alla forza vitale e teatrale di questa musica e riesce a trasmetterne tutta l’energia. Florio non teme la scabrosità di certe linee o l’effetto dissonanze di certe soluzioni anzi ne esalta le possibilità espressive e teatrale così nella resa veramente spettrale della scena di Caronte o l’importanza degli effetti sonori affidati ai fiati e alle percussioni calando sempre gli effetti all’interno di un flusso compatto, unitario, dall’irresistibile passo teatrale e dalla pulsante vitalità. L’opera è stata eseguita nell’edizione critica curata da Rinaldo Alessandrini con l’aggiunta di una breve pantomima prima del V atto illustrante i funerali di Euridice accompagnata solo dalla macchina del vento. Perfettamente calata nella visione del direttore la compagnia di canto. Mauro Borgioni è un protagonista di vaglia. Ad una voce ampia, robustissima, solida, dal bellissimo colore di baritono chiaro ed eroico Borgioni aggiunge una dizione esemplare e una perfetta sintonia con il recitar cantando. È inoltre interprete di grande sensibilità, capace di accompagnare tutta l’evoluzione del personaggio così che certi toni forse un po’ sopra le righe dei primi due atti si giustificano con il momento e creano il giusto contrasto con l’essenziale commozione della seconda parte in un crescendo espressivo perfettamente riuscito.
Monica Bacelli ha qualche indecisione sul piano strettamente vocale, con un registro grave a volte non così ricco di suono ma è artista di classe sopraffina e sa giocare come pochissime con le ragioni espressive dei timbri, dei colori degli accenti. Nell’entrata di Silvia la voce è come scarnificata, indurita, raggelata dal dolore, di un’assoluta intensità drammatica mentre ritrova nella Speranza tutta la morbidezza richiesta. Roberta Invernizzi canta splendidamente e dà tutto il giusto rilievo alla parola e ai loro valori espressivi nel doppio ruolo della Musica e di Proserpina. Al suo fianco Luca Tittoto dona a Plutone la sua splendida voce di basso. Musicalissime e luminose l’Euridice di Francesca Boncompagni – molto efficace anche scenicamente – e la Ninfa di Leslie Visco; di robusta e sonora vocalità il Caronte di Luigi di Donato, corretto anche se un po’ anonimo l’Apollo di Fernando Guimarães  e ben centrati i personaggi di fianco. Sala non gremita ma buona presenza di pubblico e caloroso successo per tutti gli interpreti.