Staatsoper Stuttgart – Stagione 2017/18
“DON PASQUALE”
Dramma buffo in tre atti, Libretto (da Angelo Anelli) di Giovanni Ruffini e Gaetano Donizetti
Musica di Gaetano Donizetti
Don Pasquale ENZO CAPUANO
Dottor Malatesta ANDRÉ MORSCH
Ernesto IOAN HOTEA
Norina ANA DURLOVSKI
Un notaro MARKO ŠPEHAR
Orchestra e Coro della Staatsoper Stuttgart
Direttore Giuliano Carella
Maestro del coro Christoph Heil
Regia Jossi Wieler e Sergio Morabito
Scene Jens Kilian
Costumi Teresa Vergho
Light designer Mariela von Vequel-Vesternach
Video Studio Seufz
Stuttgart, 25 marzo 2018
Durante i sette anni della gestione di Jossi Wieler, che sta per concludere il suo mandato di Intendant, la Staatsoper Stuttgart ha dato ampio spazio al repertorio belcantistico italiano con risultati spesso felici, ma a volte meno significativi. Questa produzione del Don Pasquale, terzo nuovo allestimento della stagione in corso, è sembrata infatti non sempre azzeccata come impostazione complessiva. La visione drammaturgica di Jossi Wieler e Sergio Morabito partiva dal presupposto di mettere in rilievo l’ aspetto amaro della burla organizzata ai danni del vecchio signore benestante descritto nel testo messo in musica da Donizetti. Non è un punto di vista totalmente sbagliato, perché la vicenda contiene senz’ altro aspetti di tristezza amara sottolineati soprattutto nel terzo atto, quando il protagonista prende coscienza della sua incapacità di tenere testa alla ragazza che crede di avere sposato e la musica sottolinea in maniera quasi sfiorante il tragico la sua disillusione. Ma questo è solo un lato di una vicenda che resta pur sempre quella di un’ opera buffa italiana, nella quale l’ ironia e la leggerezza briosa restano gli aspetti preponderanti. Detto in poche parole, il Don Pasquale non è il Falstaff o il Rosenkavalier, opere in cui la nostalgia della giovinezza perduta e l’ incapacità di arrendersi all’ inevitabile trascorrere del tempo giocano un ruolo preponderante. La concezione drammaturgica di Wieler e Morabito, pur apprezzabile per il gusto e la sobrietà nell’ evitare gli eccessi caricaturali, è quindi sembrata eccessivamente unilaterale nel voler presentare come preminente solo l’ aspetto triste e malinconico di quella che resta pure sempre una commedia brillante e che in questa lettura risulta complessivamente abbastanza sminuita. Per il resto, l’ ambientazione moderna non costituiva un problema in quanto il testo del Don Pasquale si presta benissimo a questo tipo di trasposizione. Come infatti scrisse a suo tempo Fedele D’ Amico, i quattro personaggi principali sono figure che vengono dalla vita di tutti i giorni: gente che si potrebbe tranquillamente incontrare per la strada, al cinema o al caffé. Anche i video di cartoni animati proiettati durante la Sinfonia e l’ introduzione alla scena finale erano, tutto sommato, azzeccati e abbastanza divertenti. Qualche problema era casomai procurato dal fatto che la struttura scenica girevole ideata da Jens Kilian costringeva spesso i cantanti a rimanere distanti dal proscenio, col risultato di procurare squilibri sonori tra buca e palcoscenico. Nel complesso, quindi, si è trattato di uno spettacolo gradevole, ben recitato come sempre accade nelle produzioni di Wieler e Morabito ma che non rendeva pienamente il carattere ironico e brillante che resta la caratteristica principale dell’ opera. Dal punto di vista musicale, la direzione di Giuliano Carella sembrava andare in maniera opposta a quello che si vedeva sulla scena. Il direttore milanese infatti ha cercato di dare un’ impronta spumeggiante e briosa alla sua interpretazione, pur sottolineando con la massima cura i momenti di lirismo patetico come l’ aria di Ernesto nel secondo atto, la scena dello schiaffo di Norina a Don Pasquale e il duetto notturno tra i due innamorati. In ogni caso, la lettura musicale di Carella è apparsa notevole per senso ritmico, carica teatrale e accuratezza nei particolari, grazie anche all’ ottima prestazione della Staatsorchester Stuttgart e del coro preparato da Christoph Heil. Ottima in particolare l’ esecuzione della Sinfonia per eleganza, flesssibilità ritmica e ricchezza di sfumature dinamiche. Per quanto riguarda la compagnia di canto, Enzo Capuano ha tracciato un ritratto molto efficace del protagonista seguendo fedelmente l’ impostazione della regia nel delineare un vecchio amaro e disilluso, impotente di fronte a una vicenda che non è in grado di gestire. Molto interessante anche il Dottor Malatesta del giovane baritono André Morsch, dalla voce morbida e gradevole e dalla pronuncia italiana molto accurata anche nei sillabati, cosa di solito abbastanza difficile per un cantante non di madrelingua. Il tenore romeno Ioan Hotea, che impersonava Ernesto, ha una voce gradevole per bellezza di timbro ed espansione ma non sempre ben controllata a livello tecnico nei numerosi passi di tessitura acuta che la parte presenta e nei quali si percepivano diverse note sorde o schiacciate. Ana Durlovski come Norina ha cantato molto bene come sempre, ma non direi che la parte le si addica completamente. La cantante macedone qui alla Staatsoper ha sempre dato il suo meglio nei ruoli tragici o patetici e non possiede quell’ humour necessario a conferire brillantezza e mordente al fraseggio nei passi brillanti. Ne è venuta fuori una protagonista preoccupata sempre e comunque di essere beffarda ma con pochissima ironia. Interessante anche la prova del basso croato Marko Špehar nel ruolo del Notaro, qui trasformato dalla regia in una sorta di aiutante del Dottor Malatesta nella preparazione e nello svolgimento della burla con un effetto sicuramente molto riuscito. Successo vivissimo per tutti, con lunghi applausi alla conclusione. Foto Martin Sigmund