Milano, Teatro Elfo Puccini, stagione 2018
“PPP Ultimo inventario prima di liquidazione“
Hommage à Pier Paolo Pasolini
Drammaturgia Ricci/Forte
Regia Stefano Ricci
Scene Francesco Ghisu
Costumi Gianluca Falaschi
Intepreti: Giuseppe Sartori, Anna Gualdo, Liliana Laera, Cécile Basset, Stéphanie Taillandier, Anna Terio
Direzione tecnica Danilo Quattrociocchi
Produzione Ricci/Forte | CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, in coproduzione con il Festival delle colline torinesi
Milano, 17 marzo 2018
Il balletto sincopato, tutto in sincrono, che in certi momenti allude al tirare al pallone dei “ragazzi di vita” delle borgate romane, impegnati a sudare su campi arsi dal sole, sterrati e polverosi, non è che uno dei pochi intermezzi coreografici di PPP. È una drammaturgia sostanzialmente diversa da “Bestie di scena”, l’ultimo bellissimo lavoro di teatro danza di Emma Dante (si sta pensando a uno spettacolo insieme): un modus operandi più allucinato ed esteticamente più curato quello del duo Ricci/Forte. Da sempre, lo ammettono gli stessi autori, c’è questo debito da pagare a Pasolini in quanto lucido visionario e attento osservatore delle cose, nel loro intimo. Insomma c’è questo Giuseppe “Pier Paolo Pasolini” Sartori (loro alter ego) che entra in scena portando sulle spalle il peso di un grande pneumatico che è il fardello della croce di un povero cristo morto martirizzato e ritrovato con il corpo pieno proprio di questi segni (di pneumatico). Con questo cerchio di gomma dipinto di bianco ci gioca, ci dorme sopra e vi entra dentro come in un hula hop. Egli (e noi con lui) entra in uno scenario tutto giallo fluorescente che vorrebbe essere la spiaggia di Ostia (luogo habitué dell’intellettuale bolognese), ferma in un momento in dietro nel tempo quando si ballavano ingenuamente le note di “Stessa spiaggia, stesso mare” di Soffici-Mogol, era il ’63. E allora ecco apparire le cinque donne, tra cui la solita espressiva Anna Gualdo, che come le sibille della mitologia greco-romana, sono pregne di profezie: alle volte giudicatrici senza appello (bocche come mitragliatrici), altre complici senza ritegno. Purtroppo in Ricci/Forte questi loro attori feticcio (Gualdo, Sartori) finiscono per ancorare la rappresentazione a un gioco di stile, un divertissement al limite della comprensione tanto che si deve correre a leggere le frasi sul fondale (tradotte in italiano dal francese), sottraendo il piacere di gustare la scena, nonché trattenere il filo del discorso. Esatto, proprio il discorso, inteso come strumento della narrazione tanto caro al massimo affabulatore del Novecento, per cui il principio sta nel persuadere il lettore/spettatore a farsi carico dei problemi di una società viziosa e corrotta che oggi convive con la paura del conformismo e dell’omologazione del gusto. I movimenti allitterati diventano danza ancora, sulle note e le parole di “The show must go on” dei Queen, che costituisce lo spannung dello show, adatte a sottolineare le reminiscenze da “Porcile”: dal mascheramento (la maschera da maiale) allo smascheramento (la nudità finale di PPP), e da “Salò o le 120 giornate di Sodoma”: gli ammiccamenti più osceni, perversi e violenti. Notevoli i costumi del sempre bravissimo Falaschi, fantastici come solo lui sa fare che sposano il taglio e il tessuto della moda in voga ai tempi di Pasolini coi colori pastello delle foto scattate con la polaroid (vedi i filtri Instagram). C’è poi la missione punitiva all’”Arancia meccanica” in cui le cinque donne indossano un Union suit bianco con la testa da orsetto. PPP – Ultimo inventario prima di liquidazione è come Troia’s discount, un testo bulimico ricco di metafore e parabole ma decisamente meno incisivo che avrebbe giovato all’intento sotteso di spiegare in modo politicamente corretto la vicenda umana di quello che è stato un personaggio scomodo per la politica e la società. Per questo venne eliminato lasciando il suo ultimo scritto incompiuto, quel “Petrolio” che viene versato sul corpo di Sartori, spoglio a terra: un liquido nero che ricopre e zittisce tutto come fa la morte. Quindi tutta la concitata affabulazione rallenta e si ferma nel sentire “Des ronds dans l’eau” di Françoise Hardy. Ricci/Forte, gli enfants terribles del teatro contemporaneo, hanno rilasciato alla stampa di aver voluto dare una svolta con PPP alla loro drammaturgia che a nostro avviso rimane fin troppo ricca d’espressività e per niente didascalica, quando invece poteva servire come occasione formativa per le nuove generazioni che di Pasolini non trovano traccia neanche nei libri di testo.