Palermo, Teatro Massimo, stagione concertistica 2018
Orchestra del Teatro Massimo
Direttore Valentin Uryupin
Violino Andrea Obiso
Pëtr Il’ič Čajkovskij: Concerto per violino e orchestra in Re maggiore op. 35; Sinfonia n.5 in Mi Minore op.64.
Palermo, 11 Febbraio 2018
Esistono delle serate, nella storia di un teatro, destinate a lasciare un’impronta della propria aura. Serate felici, limpide, piene. Ieri, 11 Febbraio, il concerto che il Teatro Massimo di Palermo ha dedicato a Čajkovskij ha rappresentato uno di quei momenti. Senza timore di smentita. Il sold out sulla locandina all’ingresso del foyer denotava la grande aspettativa che il pubblico avesse per il secondo appuntamento della stagione concertistica. In programma il Concerto per violino e orchestra e la Quinta Sinfonia di Čajkovskij.
Violino solista, il palermitano Andrea Obiso, enfant prodige cresciuto al Conservatorio di Palermo e subito proiettato alla ribalta internazionale. Alla conduzione, il vincitore dell’ultima edizione della Sir Georg Solti International Conductor’s Competition di Francoforte, il giovane ucraino Valentin Uryupin. Obiso, piglio da grande, con il suo Guarneri del Gesù del 1741, ha interpretato con sicurezza e precisione la parte solista, fraseggiando con l’orchestra, lanciandosi ora con grande intimismo nelle liricità pensose ora, con ardore, nelle tante battute virtuosistiche della partitura.
Uryupin ha trovato empatia con l’orchestra del Teatro. Energico ed appassionato, ha diretto con impeto i maestri e il solista nei tre movimenti del concerto.
Scritto tutto d’un fiato nel 1878, il Concerto fece fatica ad imporsi nel favore della critica e del gusto ma Čajkovskij ne difese sempre i pregi. La complessità della parte solistica, l’orchestrazione rutilante, il lirismo profondo e l’esplosione del Rondò finale lo resero, a ragione, immortalato nella sua poetica energia.
Al Massimo, il Concerto di Čajkovskij ha suonato intenso ed emozionante. Vibrante e malinconico. Ha strappato lunghissimi minuti di applausi e imposto due volte al bis il giovane, generoso, violinista che, a casa sua, è stato pienamente a proprio agio. Malinconica e fatale, la Quinta Sinfonia ha occupato la seconda parte del programma. Scritta rapidamente nel 1888, nacque in un momento di forte impeto creativo; ne scrisse infatti lo stesso autore alla sua mecenate:
“Voglio mettermi a lavorare alacremente; sento in me un impulso fortissimo di dimostrare non solo agli altri ma a me stesso che la mia capacità di comporre non è esaurita […]. Non so se le ho già scritto che lavoro a una Sinfonia. Dapprincipio procedevo a stento, ma ora sembra che l’illuminazione sia scesa sul mio spirito”.
L’intera composizione pone al suo centro il tema del fato, inteso nella sua irreversibilità, nella sua forza schiacciante. La sensibilità di Čajkovskij restituisce una musica pensosa, autunnale. Intimistica e malinconica. Salvo poi, nel finale, lasciarsi sedurre dal trionfalismo e dalla vivacità. Entusiastico e vigoroso, Uryupin ha saputo guidare l’orchestra del Teatro Massimo, che ha suonato con precisione e passione, nel cangiare dei colori della partitura. L’umbratilità, cupa e pesante, dei legni e degli archi gravi nell’esposizione del tema dominante, è stata resa egregiamente, così come, trionfante e trascinante, è stato il finale.Un prolungato, sincero, applauso ha consegnato alla memoria una bella serata di musica.