Teatro alla Scala – Stagione d’Opera e Balletto 2017/2018
“SIMON BOCCANEGRA”
Melodramma in un prologo e tre atti – Libretto di Francesco Maria Piave e Arrigo Boito
Musica di Giuseppe Verdi
Simon Boccanegra LEO NUCCI
Amelia (Maria) KRASSIMIRA STOYANOVA
Jacopo Fiesco DMITRI BELOSSELSKY
Gabriele Adorno FABIO SARTORI
Paolo Albiani DALIBOR JENIS
Pietro ERNESTO PANARIELLO
Capitano dei balestrieri LUIGI ALBANI
Ancella di Amelia BARBARA LAVARIAN
Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Direttore Myung-Whun Chung
Maestro del coro Bruno Casoni
Regia Federico Tiezzi
Scene Pier Paolo Bisleri
Costumi Giovanna Buzzi
Luci Marco Filibeck
Produzione Teatro alla Scala
In coproduzione con Staatsoper Unter den Linden, Berlino
Milano, 13 febbraio 2018
Per la quarta volta in cartellone nel corso delle ultime nove stagioni si ripropone in scena questo Simon Boccanegra ormai ampiamente rodato nella storia recente della Scala, con l’avvicendarsi di grandi nomi del panorama lirico mondiale e una messinscena nel suo insieme godibile senza la pretesa di scardinare l’eterna pietra di paragone a tutti nota che è quel capolavoro assoluto firmato Strehler-Abbado, vertice artistico e vanto scaligero assoluto che fece brillare il Piermarini dal 1971 al 1982.
Dell’allestimento di Federico Tiezzi (regia), Pier Paolo Bisieri (scene) e Giovanna Buzzi (costumi) si è già ampiamente scritto in precedenza e non mancheranno alcune osservazioni in chiusura, ma il vero successo di questa ripresa è senza dubbio da ricercarsi nella profonda e sapiente interpretazione musicale del capolavoro verdiano, attraverso l’ispiratissima bacchetta del Maestro Myung-Whun Chung, già direttore nell’estate 2016 per la medesima produzione e insignito del Premio Abbiati per l’esecuzione dello stesso titolo alla Fenice nel 2014. Il Maestro coreano guida l’Orchestra scaligera con estrema raffinatezza, plasmando perfettamente dinamiche e colori in un suggestivo discorso narrativo che spazia con assoluta fluidità dall’abbandono malinconico al moto eroico, dalle tinte cupe e misteriose al tumulto dell’insurrezione, dal lirismo introspettivo alla solennità delle rievocazioni storiche. Una lettura empatica e a tutto tondo in grado di indagare tutte le implicazioni romantiche che innervano l’architettura poderosa di quest’opera, rendendola uno dei titoli più completi e affascinanti del repertorio verdiano.
Sul palco, nel ruolo eponimo, domina l’inossidabile Leo Nucci ormai veterano inarrivabile del ruolo, in grado identificarsi così a fondo in esso da non poter scindere a tratti il cantante dal personaggio. Se i centri hanno inevitabilmente perso un po’ del loro smalto, la proiezione del suono nella tessitura alta resta stupefacente e non teme il passare del tempo. Ma ciò che davvero colpisce oggi come allora è l’incisività del fraseggio e l’ineguagliabile intenzione espressivo-interpretativa, in grado di scolpire il dramma umano del Doge a trecentosessanta gradi. In un’esecuzione eccellente dall’inizio alla fine, Nucci raggiunge probabilmente il vertice con la grande Scena del Consiglio nella perorazione “E vo’ gridando pace, e vo’ gridando amor!”, con efficace intenzione austera, vibrante, paterna e commossa. Non sono da meno i nostalgici accenti nel preludio al tragico epilogo del terzo e ultimo atto: i versi “O refrigerio, la marina brezza! Il mare! Il mare!”, con il penetrante apporto degli archi in buca, si fanno catartici e quasi sublimano in poesia. Amelia ha la bella voce di Krassimira Stoyanova, dal timbro morbido e scuro al punto giusto e una linea di canto sempre suntuosa ed elegante sin dalla cavatina “Come in quest’ora bruna”. Splendida anche nei pezzi d’insieme, dal duetto dell’agnizione al terzetto con Simone e Adorno, sempre precisa nei tempi e nel dosaggio dell’emissione. Dmitri Belosselsky interpreta un Fiesco statuario e possente sia nella figura sia nella voce. Tonante e sonoro in tutte le zone della tessitura (difficile da dimenticare il tombale “Simone, i morti ti salutano!” nel terzo atto, avvolto nell’oscurità), risulta ancora un po’ legato nel gesto scenico ma non nel canto, cesellando già in partenza un promettente “Lacerato spirito” e reggendo una performance ottima fino alla fine. Fabio Sartori è un Gabriele Adorno meno elegante ma comunque efficace per squillo e impeto eroico. Più a suo agio nelle arie che negli assieme, strappa meritati applausi a scena aperta nella sua prima aria “O inferno!…Sento avvampar nell’anima”. Un po’ fuori fuoco il Paolo Albiani di Dalibor Jenis che spesso soccombe ingiustificatamente sotto un volume orchestrale mai eccessivo, disinvolto a livello attoriale ma con qualche evidente incertezza tecnica. Corretto Ernesto Panariello nel ruolo di Pietro e bene anche il comprimariato con Luigi Albani nei panni del Capitano e l’ancella di Barbara Lavarian. Come sempre eccezionale l’apporto del Coro guidato da Bruno Casoni, protagonista di grandi pagine come “Evviva il Doge!”, “All’armi, all’armi, o Liguri” e uno straordinario Finale ultimo.
La messinscena, cui si è accennato inizialmente, è funzionale e – nel suo essere piuttosto neutra – senz’altro rispettosa e bella da vedere (in primis i costumi della Buzzi per la ricercatezza dei tessuti e le scelte cromatiche, nonché le belle luci di Filibeck). Alcune trovate appaiono superflue o incoerenti rendendo poco chiare le intenzioni registiche, un po’ forzate a tratti nonostante Tiezzi tenti di esplicarle nelle note: cipressi sradicati calati dall’alto, un’astratta riproduzione del sistema solare nel salone, i ripetuti movimenti coreografici forzati dei mimi, lo specchio. Interessanti invece i richiami alla contemporaneità romantica verdiana, non tanto con l’apparizione finale del coro in abiti ottocenteschi quanto alle citazioni pittoriche: riconosciamo una citazione dal ciclo di Edward Burne-Jones (1885-1890) nella nella disposizione in scena di Amelia e delle sue ancelle nel giardino dei Grimaldi, o la grande cornice che si staglia alle spalle del trono dogale con una riproduzione de “Il mare di ghiaccio” di Caspar David Friedrich. In sintesi, salvo qualche falla logica, l’allestimento non è per nulla invasivo e ha sicuramente il pregio di creare intorno alla musica uno spazio di luce e colori di grande impatto visivo ed elegante cura estetica.
Rinnovato successo dunque al termine della serata, con meritatissime ed affettuose ovazioni per Nucci e Chung. Si replica il 20 e il 22 febbraio, l’1 e il 4 marzo. Foto Brescia & Amisano