Legnago, Teatro Salieri, Danza – Stagione 2017/2018
“TUTU – La danza in tutte le sue condizioni”
Regia e coreografia Philippe Lafeuille
Assistente alla regia Flave Hennion
Tutulogue GáborRomainCompingt
Luci DominiqueMabileau
Colonna sonora Antisen
Costumi Corinne Petitpierre
Parrucche Gwendoline Quiniou
Danzatori David Guasgua M., Pierre-Emmanuel Langry, Julien Mercier, Guillaume Queau, Vincenzo Veneruso, Stéphane Vitrano e con Corinne Barbara
Legnago, 9 febbraio 2018
“Tutte le condizioni con cui viene espressa la danza, compresa quella del pubblico”: potrebbe essere così risottotitolato “TUTU” dei Los Chicos Mambo. Infatti, dopo aver parodiato con verve intelligente e ironica sulla danza classica, moderna e contemporanea, dal “Le petit pan” alla danza maori, Philippe Lafeuille in persona prende il palco e a modo suo coinvolge il pubblico facendolo alzare in piedi, cantare e agitare ritmicamente come in una lezione di pilates; il tutto sull’azzeccatissima “Jazz Suite, Waltz No. 2” di Shostakovich. L’intento è quello di chiudere il cerchio delle possibili condizioni in cui si manifesta la danza, in vero per vedere se anche dentro di noi c’è un tutu. Un’esperienza davvero divertente, totalizzante: nell’assistervi e nel parteciparvi. Ecco finalmente la risposta al mio personale interrogativo: come posso scrivere recensioni di danza contemporanea senza averla mai praticata? Ebbene, anche se so che chi recensisce di cinema non è un regista, come può non aver mai tirato in porta chi commenta le partite di calcio, ho capito che tutto sta nel sentimento, nella percezione di un brivido che ti coglie nell’associare un suono a un evento, nel percepire il significato in un movimento e nel riconoscere una citazione all’arte che può essere quella della pittura, della letteratura, del cinema e in questo caso della retorica: “TUTU” è un vero e proprio richiamo all’effetto con manifestazioni di ostentata derisione dei più banali luoghi comuni sulla danza. Per questo Los Chicos Mambo è una compagnia, come suggerisce il nome, di soli sei ballerini tutti maschi, a cui sono affidate e interscambiate tutte le parti. Non particolarmente omogenei per aspetto ed età, addirittura in scala di altezza, sono accumunati da un background classico come dei musicisti che con una base da conservatorio possono permettersi moderne fantasie sinfoniche, così i danzatori formatisi “sulle punte”, sono capaci di virtuosismi eseguiti con tanta bravura e tecnica. Infatti non mancano di stupire nell’esecuzione di pirouette, spaccate e camminate sulle punte a volte ostentate con falsa difficoltà di esecuzione.
“TUTU” inizia con un prologo incentrato sulle giravolte di quella che dovrebbe essere una ballerina di carillon di cui vediamo solo il tutu illuminato, per cui si apre con Tchaikovsky, anzi con la parodia di una parodia, quella de“Il lago dei cigni” di Matthew Bourne, con i ballerini che qui si dimenano e sculettano vestendo i famosi pantaloni piumati (stavolta colorati), ripresi dalla coreografia del ballerino britannico. Con questo, portando in scena isoli cigni più piccoli, qui buffi e goffi, si vuole stigmatizzare la rigidità del balletto classico che non trasmette emozione. In realtà sarebbe proprio una denuncia, questa di Lafeuille, dell’appiattimento delle personalità artistiche operato dalla danza classica, dove per entrarci la selezione è durissima e poi si diventa degli esecutori. Questo lo apprendiamo da una serie di aneddoti e curiosità raccontati in conferenza stampa da Franco Bolletta, consulente artistico per la danza del Teatro la Fenice di Venezia.
“TUTU”, in tournée in Italia per un mese, è un ininterrotto e veloce susseguirsi di venti quadri, senza soluzione di continuità, sui più diversi stili di danza. Si parte appunto col repertorio classico sulle note di Strauss “Sul Bel Danubio Blu”, di Saint-Saëns “Il carnevale degli animali” e di Stravinsky “La Sagra della Primavera”, in cui i sei ballerini si soffermano come belle statuine sulla quarta o sulla quinta posizione, oppure balzano per aria rimandando a lungo sospesi, in realtà sorretti da aiutanti nascosti sotto tute nere. È una risata dietro l’altra, tuttavia non assistiamo alle esilaranti esibizioni en travesti di Les Ballets Trockadero (Montecarlo) né dei nostri goliardi non professionisti della compagnia Mario Baistrocchi (Genova), qui il livello è alto e la citazione è colta: c’è persino un tutulogue nel cast tecnico. A proposito dei sei ballerini come i “sei personaggi in cerca di autore”, citando l’ “Umorismo” di Pirandello, non si tratta qui di comicità sottesa a un avvertimento del contrario, ma di ironia, cioè del sentimento del contrario poiché nasce dalla riflessione. È emblematico, spiazzante e a suo modo crudele (unico summa privo di risata liberatoria) l’episodio del cerchio che i ballerini fanno attorno a uno di essi: una sorta di interrogatorio senza risposte, con domande sulla sua indole, sulle sue preferenze sessuali, sulle sue conoscenze in campo artistico, persino sul suo grado di spregiudicatezza arrivistica. Poi lo spettacolo sposta al centro il repertorio moderno e contemporaneo con la circense “Etude in the form of Rhythm & Blues” di Paul Mauriat, il “Time of my Life” da Dirty Dancing e l’immortale “Lillies of the Valley” di Jun Miyake resa famosa dalla Bausch qui parodiata con i nostri sei in lunghi abiti da sera, spalle scoperte e parrucche dai capelli colorati e lunghissimi, che volano in continuazione come nelle coreografie della ballerina tedesca del Tanztheater.
Insomma una bella serata con uno spettacolo che ripaga con una risata quanti onorano la classica, come se andando a vedere i balletti del Bol’šoj, dopo la sofferenza ci si strafogasse con una sachertorte. (foto Michel Cavalca)