Robert Schumann: Liederkreis, op.39; Dichterliebe, op.48 e altri lieder. Gérard Souzay (baritono); Dalton Baldwin, Jacquelin Bonneau (pianoforte). Registrazione: Londra, novembre/dicembre 1953. T.Time: 79.40 1 CD Decca 4808181
Sono ben quattro i CD dedicati a Gérard Souzay nella serie Most Wanted Recital! della Decca che forniscono un quadro quanto mai ampio dell’attività del baritono francese, uno fra i maggiori specialisti non tedeschi del canto da camera nel Novecento. Nato ad Angers nel 1918 in una famiglia di musicisti ben inserita negli ambienti musicali del tempo – la madre aveva collaborato con Debussy – crebbe in un ambiente colto e stimolante in cui la formazione musicale era parte integrante del vivere come le frequentazioni familiari con personaggi come Poulenc e Honneger. La sua straordinaria predisposizione per le lingue lo portò a una precoce formazione internazionale che fece nascere in lui una vocazione liederista che ebbe modo di consolidarsi negli studi con un mito della vocalità tedesca del primo Novecento come Lotte Lehmann.
Sono ben quattro i CD dedicati a Gérard Souzay nella serie Most Wanted Recital! della Decca che forniscono un quadro quanto mai ampio dell’attività del baritono francese, uno fra i maggiori specialisti non tedeschi del canto da camera nel Novecento. Nato ad Angers nel 1918 in una famiglia di musicisti ben inserita negli ambienti musicali del tempo – la madre aveva collaborato con Debussy – crebbe in un ambiente colto e stimolante in cui la formazione musicale era parte integrante del vivere come le frequentazioni familiari con personaggi come Poulenc e Honneger. La sua straordinaria predisposizione per le lingue lo portò a una precoce formazione internazionale che fece nascere in lui una vocazione liederista che ebbe modo di consolidarsi negli studi con un mito della vocalità tedesca del primo Novecento come Lotte Lehmann.
La liederistica – insieme alla musica contemporanea – ebbe sempre la prevalenza nella carriera di Souzay e proprio a questo repertorio sono dedicati i primi due CD proposti, entrambi centrati sulle composizioni di Robert Schumann. Il primo presenta la prima registrazione integrale dei “Diechterliebe” Op. 48 registrata nel 1953 con l’accompagnamento di Jacqueline Bonneau. Qui la voce di Souzay è al massimo del suo splendore: il timbro chiaro e luminoso ma al contempo virile, la dizione nitida e precisa, la linea di elegantissima musicalità. L’impostazione è – rispetto a certi specialisti tedeschi – più sintetica e meno puntuale, più legata al valore espressivo del brano nel suo complesso che all’esaltazione delle possibilità della singola parola. Quello che colpisce è la schiettezza della lettura di Souzay che ritroviamo anche in alcuni lieder inseriti ad accompagnare la raccolta completa in particolar modo “Gestädnis” dagli “Spanisches Liedersipel” op. 74 di un’irresistibile baldanza pur con qualche traccia di pronuncia fin troppo francese.
Robert Schumann: Dichterliebe, op.48; Sechs Gedichte und Requiem, op.90, Liederkreis, op.24 e altri lieder. Gérard Souzay (baritono), Dalton Baldwin (pianoforte). Registrazione: Londra, giugno 1960 / aprile 1956. T.Time:79.28 1 CD Decca 480 8180
Estremamente esplicativo dello sviluppo dell’arte di Souzay è il medesimo ciclo come compare nella registrazione del 1960 con al pianoforte Dalton Baldwin. L’impostazione si è precisata e meglio definita, il taglio di fondo non è stato stravolto ma l’attenzione stilistica è cresciuta così come la capacità di giocare con la voce che si muove con l’eleganza di una piuma fra le trine Biedermeier di “Und Wüsten die Blumen” o trova bruniture inattese nell’epica drammaticità di “Ich grolle nicht” dove cominciano a percepirsi quei sentori quasi pre-wagneriani che ritroveremo in alcuni dei titoli più tardi. Questa crescita di consapevolezza espressiva si accompagna, però, a un senso di perdita di quella spontaneità che dominava la registrazione precedente. I 2 CD – che possono quasi considerarsi un unico blocco diviso in due parti – comprendono le registrazioni integrali delle Liederkreis op. 24 e 39 nonché dei “Sechs Gedichte e Requiem” op. 90 e una selezione dei più celebri lieder schumaniani tratti da altre raccolte che forniscono una carrellata significativa delle varie fasi della carriera del compositore. Al fianco di brani amatissimi come “Städchen” merita di essere segnalato per la fortissima carica teatrale e la capacità di rendere l’atmosfera da racconto popolare “Die beide Granadiere” op. 49 n. 1.
Estremamente esplicativo dello sviluppo dell’arte di Souzay è il medesimo ciclo come compare nella registrazione del 1960 con al pianoforte Dalton Baldwin. L’impostazione si è precisata e meglio definita, il taglio di fondo non è stato stravolto ma l’attenzione stilistica è cresciuta così come la capacità di giocare con la voce che si muove con l’eleganza di una piuma fra le trine Biedermeier di “Und Wüsten die Blumen” o trova bruniture inattese nell’epica drammaticità di “Ich grolle nicht” dove cominciano a percepirsi quei sentori quasi pre-wagneriani che ritroveremo in alcuni dei titoli più tardi. Questa crescita di consapevolezza espressiva si accompagna, però, a un senso di perdita di quella spontaneità che dominava la registrazione precedente. I 2 CD – che possono quasi considerarsi un unico blocco diviso in due parti – comprendono le registrazioni integrali delle Liederkreis op. 24 e 39 nonché dei “Sechs Gedichte e Requiem” op. 90 e una selezione dei più celebri lieder schumaniani tratti da altre raccolte che forniscono una carrellata significativa delle varie fasi della carriera del compositore. Al fianco di brani amatissimi come “Städchen” merita di essere segnalato per la fortissima carica teatrale e la capacità di rendere l’atmosfera da racconto popolare “Die beide Granadiere” op. 49 n. 1.
“Mélodies” – Arie da camera di Georges Bizet, Emmanuel Chabrier, Claude Debussy César Franck, Hector Berlioz: Les nuits d’été, op.7. Gérard Souzay (Baritono), Dalton Baldwin (pianoforte) Bonus tracks: Melodie di Claude Debussy e Maurice Ravel. Gérard Souzay (baritono), Orchestre de la Societé des Concerts du Conservatoire de Paris, Edouard Lindberg (direttore). Registrazione: luglio 1984 / Febbraio 1950. T.Time: 72.35. 1 CD Decca 480 8182
Il terzo CD è invece quasi totalmente dedicato alla produzione cameristica francese, costituita da quelle mélodies che rappresentano il secondo corpus come importanza della musica vocale da camera dopo la liederistica tedesca. Souzay – anche qui accompagnato da Dalton Baldwin – trova il suo naturale terreno di elezione: le qualità viste nel repertorio tedesco possono splendere ancor più compiutamente in quello nazionale dove alle qualità del canto si sommano la perfezione della dizione, la totale padronanza del gusto – e quanto è difficile rendere l’autenticità della musica francese – e dello stile. Il repertorio proposto spazia fra i maggiori compositori francesi dell’Ottocento e del primo Novecento. Si comincia con Bizet dove più che i sentori operistici di “Absence” si apprezza la brillantezza quasi da stornellata di “Chanson d’avril”. E proprio nei brani più brillanti Souzay sorprende: lui con la sua vocalità così intensamente lirica e attraversata da sentori melanconici ma che riesce a trovare una gioiosità inattesa che trova il suo trionfo nell’esplosione di popolaresca energia nella “Chanson à boir”, terza fra le canzoni del “Don Quiscotte à Dulcinée” M. 84 di Ravel, uno dei due piccoli cicli integralmente proposti.
Il terzo CD è invece quasi totalmente dedicato alla produzione cameristica francese, costituita da quelle mélodies che rappresentano il secondo corpus come importanza della musica vocale da camera dopo la liederistica tedesca. Souzay – anche qui accompagnato da Dalton Baldwin – trova il suo naturale terreno di elezione: le qualità viste nel repertorio tedesco possono splendere ancor più compiutamente in quello nazionale dove alle qualità del canto si sommano la perfezione della dizione, la totale padronanza del gusto – e quanto è difficile rendere l’autenticità della musica francese – e dello stile. Il repertorio proposto spazia fra i maggiori compositori francesi dell’Ottocento e del primo Novecento. Si comincia con Bizet dove più che i sentori operistici di “Absence” si apprezza la brillantezza quasi da stornellata di “Chanson d’avril”. E proprio nei brani più brillanti Souzay sorprende: lui con la sua vocalità così intensamente lirica e attraversata da sentori melanconici ma che riesce a trovare una gioiosità inattesa che trova il suo trionfo nell’esplosione di popolaresca energia nella “Chanson à boir”, terza fra le canzoni del “Don Quiscotte à Dulcinée” M. 84 di Ravel, uno dei due piccoli cicli integralmente proposti.
L’altro sono “Les nuits d’eté” di Berlioz, composizione che siamo più abituati ad ascoltare per voce femminile e che proprio per questo risulta particolarmente interessante in questa esecuzione baritonale capace di trovare accenti di forte teatralità in “Le spectre de la rose” o nell’intenso romanticismo nero di “Au cimitière” che, così eseguita, non può non suscitare ricordi della “Damnation de Faust”.
È un peccato che solo questi cicli siano completi mentre si abbiano solo semplici assaggi delle “Trois Chansons de France” e delle “Trois ballade de Francois Villon” di Debussy qui in versione orchestrale – l’Orchestra del Conservatorio di Parigi è diretta da Edouard Lindenberg – dove si apprezza una raffinatissima orchestrazione capace di sonorità di suggestione medioevale in sintonia con i versi del maggior poeta del tardo-medioevo francese. Debussy è il compositore più rappresentato nella scelta dei brani fra quelli di cui non sono proposti cicli interi; meritano di essere segnalate “La grotte” per la sua vicinanza a certi notturni marini di “Pelléas et Melisande” e “Nuit d’étoiles” per una vocalità più solida e schietta, meno estenuata in senso impressionista. Ma se si vuole trovare il vero trionfo dell’impressionismo simbolista, bisogna passare da Debussy a Fauré la cui “Eau vivante” è un torrente limpido di irresistibili armonie liquide. Lascia perplessi la scelta di inserire in chiusura un brano totalmente avulso dal resto del programma come “In questa tomba oscura” di Beethoven ben eseguita ma troppo lontana da tutto il resto per non risultare stridente tanto più quando si sarebbero potuti inserire altri brani decisamente più in linea con il tema della raccolta.
È un peccato che solo questi cicli siano completi mentre si abbiano solo semplici assaggi delle “Trois Chansons de France” e delle “Trois ballade de Francois Villon” di Debussy qui in versione orchestrale – l’Orchestra del Conservatorio di Parigi è diretta da Edouard Lindenberg – dove si apprezza una raffinatissima orchestrazione capace di sonorità di suggestione medioevale in sintonia con i versi del maggior poeta del tardo-medioevo francese. Debussy è il compositore più rappresentato nella scelta dei brani fra quelli di cui non sono proposti cicli interi; meritano di essere segnalate “La grotte” per la sua vicinanza a certi notturni marini di “Pelléas et Melisande” e “Nuit d’étoiles” per una vocalità più solida e schietta, meno estenuata in senso impressionista. Ma se si vuole trovare il vero trionfo dell’impressionismo simbolista, bisogna passare da Debussy a Fauré la cui “Eau vivante” è un torrente limpido di irresistibili armonie liquide. Lascia perplessi la scelta di inserire in chiusura un brano totalmente avulso dal resto del programma come “In questa tomba oscura” di Beethoven ben eseguita ma troppo lontana da tutto il resto per non risultare stridente tanto più quando si sarebbero potuti inserire altri brani decisamente più in linea con il tema della raccolta.
Baroque Opera Arias. Georg Friederic Handel: arie da “Rodelinda” “Tolomeo”, “Radamisto”, “Foridante” ,”Berenice”; Jean-Philippe Rameau: arie da “Hippolyte et Aricie”, “Castor et Pollux”; Jean-Baptiste Lully: arie da “Alceste”, “Cadmus et Hermione”, “Persée”. Bonus tracks: arie da “Orfeo” (Claudio Monteverdi), “Partenope” ( Georg Friederic Handel), “Orfeo ed Euridice”, “La rencontre imprévue” (Christoph Willibald Gluck). Gérard Souzay (baritono), English Chamber Orchestra, Orchestre de la Societé des Concerts du Conservatoire de Paris. Raymond Leppard, Robert Corman (direttori. Registrazioni: Londra, luglio 1963 / Parigi, luglio 1952. T.Time: 78.44. 1 CD Decca 480 8179
Dopo tre CD dedicati alla musica da camera il quarto è di taglio operistico anche se centrato su un repertorio – quello barocco e neoclassico da Monteverdi a Gluck – all’epoca considerato più come una raccolta di brani da concerto che per le specifiche capacità teatrali. Rispetto ai programmi cameristici quest’ultima registrazione mostra in modo fin troppo palese il tempo trascorso e gli enormi passi avanti compiuti nel riconoscere le possibilità espressive di queste musiche. Ad accompagnarlo è un direttore per l’epoca particolarmente ferrato in queste musiche come Raymond Leppard alla guida della English Chamber Orchestra ma comunque di polvere se n’è sedimentata non poca su queste esecuzioni. Già l’adattamento per baritono di arie originalmente pensate per castrato – e quindi da destinare a voci femminili in un’esecuzione moderna – è un segno emblematico del tempo trascorso. L’esecuzione orchestrale poi ha sempre un sentore di pesantezza, di mancanza di autentica forza vitale che traspare nonostante una certa pulizia che traspare nel suo complesso.
Dopo tre CD dedicati alla musica da camera il quarto è di taglio operistico anche se centrato su un repertorio – quello barocco e neoclassico da Monteverdi a Gluck – all’epoca considerato più come una raccolta di brani da concerto che per le specifiche capacità teatrali. Rispetto ai programmi cameristici quest’ultima registrazione mostra in modo fin troppo palese il tempo trascorso e gli enormi passi avanti compiuti nel riconoscere le possibilità espressive di queste musiche. Ad accompagnarlo è un direttore per l’epoca particolarmente ferrato in queste musiche come Raymond Leppard alla guida della English Chamber Orchestra ma comunque di polvere se n’è sedimentata non poca su queste esecuzioni. Già l’adattamento per baritono di arie originalmente pensate per castrato – e quindi da destinare a voci femminili in un’esecuzione moderna – è un segno emblematico del tempo trascorso. L’esecuzione orchestrale poi ha sempre un sentore di pesantezza, di mancanza di autentica forza vitale che traspare nonostante una certa pulizia che traspare nel suo complesso.
Souzay, da parte sua, è molto musicale ed espressivo, cura al massimo il gioco degli accenti e delle inflessioni anche se molte difficoltà vocali sono semplicemente spianate – si senta al riguardo la pur elegante esecuzione di “Scacciata dal suo nido” da “Rodelinda” – a scapito di una lettura quasi liederistica che esalta la cura del dettaglio minuto e la perfezione del controllo sul fiato. Un taglio espressivo che rende bene nelle pagine più liriche e dolenti in cui il dato dell’espressione è prevalente – “Alma mia” da “Floridante” – rispetto a quelli più brillanti e virtuosistici – “Perfido…di a quell’empio” da “Radamisto” – dove le colorature hanno sempre un sentore di meccanicità e manca quel gusto di tripudio sonoro che questi momenti dovrebbero trasmettere. Gli va riconosciuto il merito di aver proposto brani ancor oggi di raro ascolto e che al tempo dovevano essere autentiche curiosità.
Segue una parte dedicata al barocco francese con brani di Rameau e Lully. La voce non potrebbe essere più giusta con il suo timbro chiaro, luminoso e penetrante così come la dizione e il controllo della prosodia. Quello che si sente è – ancor più che in Handel la mancanza di un’autentica teatralità, una freddezza sostanziale che tende a raggelare queste musiche in una perfezione – perché raramente si sono sentite cantate così bene – chiusa in se stessa.
Ancora italiana la parte conclusiva dove peraltro l’esperto Leppard e sostituito da Serge Baudo, direttore datato e manierato anche nel suo repertorio d’elezione – quello francese a cavallo fra Otto e Novecento – e che mostra il suo essere totalmente alieno da queste composizioni. L’ultimo brano haendeliano proposto – da “Partenope” – risulta implacabilmente superato anche al confronto con quelli iniziali diretti da Leppard così come Monteverdi – “Tu sei morta mia vita” – affrontato con una sensibilità quasi romantica ovviamente totalmente incongrua e dove anche il canto mostra una mancanza di autenticità. La trasposizione del ruolo gluckiano di Orfeo per baritono – usando ovviamente l’edizione a stampa Ricordi con tutte le incrostazioni ottocentesche – era prassi tanto diffusa quanto difficilmente foriera di buoni risultati e se nulla o quasi era riuscito a ottenere Fischer-Dieskau – pur con l’appoggio di un pioniere dell’esecuzione barocca come Richet – ancor meno riesce a Souzay nella noia ideal purissima della direzione di Baudo. Si torna in Francia per la chiusura con una delle opéra-comique di Gluck “La Rencontre imprévue” la cui aria “C’est un torrent impétueux” è affrontata da Robert Corman con slancio ed energia e cantata da Souzay con schietta vivacità facendo almeno chiudere l’ascolto con una ventata di buon umore. Questi e tutti gli altri cd della serie “Most Wanted Recitals!” sono stati ora raccolti nel cofanetto Decca Sound: 55 Great Vocal Recitals