“A Love Supreme” di Anne Teresa De Keersmaeker e Salva Sanchis a Parigi

Parigi, Théâtre de la Ville a l’Espace Cardin, stagione 2017/2018
“A LOVE SUPREME”
Coreografia Salva Sanchis & Anne Teresa De Keersmaeker
Musica A Love Supreme, John Coltrane
Interpreti José Paulo dos Santos, Bilal El Had/Robin Haghi, Jason Respilieux, Thomas Vantuycom
Luci Jan Versweyveld
Riscrittura luci Anne Teresa De Keersmaeker, Luc Schaltin
Costumi Anne-Catherine Kunz
Coordinazione artistica Anne Van Aerschot
Produzione Rosas
Parigi, 18 gennaio 2018

A Love Supreme, della belga Anne Teresa De Keersmaeker e dello spagnolo Salva Sanchis,  torna a Parigi all’Espace Pierre Cardin. Creata nel 2005 sulle note dell’omonimo album registrato nel 1964 da John Coltrane, l’opera coreografica rende omaggio al capolavoro musicale, proponendone una trasposizione fisica fatta di improvvisazione e composizione, in un risultato uniforme e continuo.
Per questa nuova versione, i coreografi hanno riscritto e in parte modificato l’originale: i costumi e la cornice scenica, che inizialmente erano bianchi, assumono adesso colori scuri; i danzatori, originariamente di entrambi i sessi, sono ora unicamente uomini. Nel 2005 la creazione era anche preceduta da Raga for the Rainy Season, una coreografia su melodie tradizionali indiane. In questa versione invece, per inaugurare lo spazio scenico, un’onda di silenzio s’infrange sul palco, spoglio di qualsiasi decoro, permettendo a danzatori e spettatori di entrarvi. Per qualche minuto, quattro silhouette a piedi nudi giocano con la gravità, creando una sorta di catena umana che si muove su un ritmo immaginario, per poi disperdersi nello spazio.
Lo spartito danzato si divide in due tempi ben distinti e in equilibrio tra loro: uno silenzioso, pacato, l’altro energico ed esplosivo, in cui quattro interpreti incarnano la vitalità della musica di Coltrane. «Si sente in questo disco un’accumulazione unica di energie, il nucleo del fuoco creatore di Coltrane, quello del suo quartetto e forse anche di tutta la sua comunità e di tutta la sua epoca”», afferma De Keersmaeker.
In A Love Supreme, Coltrane e i suoi musicisti utilizzano una struttura musicale che permette una completa libertà d’improvvisazione e che trova una perfetta traduzione nella danza. Come suggerisce la coreografa belga, «danzare è sempre un ascolto». E il risultato di questo ascolto, la presa di parola del danzatore, è il suo improvvisare.
La musica jazz, così come l’improvvisazione, hanno sempre occupato un posto privilegiato nell’opera coreografica di Anne Teresa de Keersmaeker e della sua compagnia Rosas. Anche Salva Sanchis – studente di PARTS dal 1995 al 1998, oggi coreografo e professore – ha danzato nel 2003 in Bitches Brew, una creazione di Rosas sulle note di Miles Davis, e nel 2005 è stato danzatore e coreografo di Desh, una coreografia basata sulla musica indiana e su India di Coltrane. Per A Love Supreme, Sanchis ha scritto delle frasi danzate per ogni motivo-chiave dei tre primi movimenti della sequenza musicale. Ad ogni nota corrisponde un gesto specifico. Queste frasi fissano una direzione e costituiscono il materiale di base sul quale gli interpreti improvvisano. La sfida è fondere questa improvvisazione con la base scritta, fino a confonderne i confini.
Qual è dunque il valore aggiunto della parte improvvisata se lo scopo è renderla uniforme al resto? Si tratta di una diversa implicazione del danzatore, spiega Salva Sanchis, di un impegno, di una forte intuizione. In questo modo infatti, un’integrazione totale dell’esperienza dell’interprete viene messa in circolazione e si traduce nella sensazione di una più grande autenticità.
Contemporaneamente o singolarmente, ogni danzatore si fonde con la partitura di uno dei musicisti e gioca con la musica e con il movimento fino a incarnare lo stesso strumento. «Nella versione originale – spiega De Keersmaeker –  Cynthia Loemij prendeva il ruolo di Coltrane, Igor Shyshko era Elvin Jones, Salva era McCoy Tyner e Moya Michel era Garrisson. La stessa cosa abbiamo fatto rispettivamente con José Paulo dos Santos, Bilal El Had, Jason Respilieux e Thomas Vantuycom. Ogni danzatore si focalizza su un determinato strumento. La cornice temporale è indicata dalla musica, mentre quella spaziale è definita dalla coreografia».
Nell’ultima parte, in cui la musica si fa esplicitamente religiosa, i danzatori abbandonano la lotta contro la gravità e si sorreggono a vicenda, in una danza che forma sculture che repentinamente si dissolvono. Un movimento collettivo e unico che si fa empatico, dove dominano l’abbandono e la vulnerabilità, la fiducia nell’altro e l’esigenza di sostenersi. Un invito all’amore supremo, assoluto, che supera la dimensione terrestre, ma che allo stesso temporichiede la presenza tangibile dell’altro.