Verona. Teatro Filarmonico. Il Settembre dell’Accademia 2017. XXVl edizione
Pianoforte Grigory Sokolov
Franz Joseph Haydn: Sonata(Divertimento) n.32 in sol minore Op.53 n.4 Hob.XVl:44; Sonata(Divertimento) n.47 in si minore Op.14 n.6 Hob.XVl:32; Sonata n.49 in do diesis minore Op.30 n.2 Hob.XVl:36
Ludwig van Beethoven: Sonata n.27 in mi minore Op.90; Sonata n.32 in do minore Op.111
Verona. 20 novembre 2017.
Il concerto straordinario della rassegna Il Settembre dell’Accademia di Grigory Sokolov per l’Accademia Filarmonica di Verona al Teatro Filarmonico ancora una volta è stato trionfo. I concerti di Sokolov attirano pubblico dalla Russia, dalla Germania, oltre che da numerose da città italiane. Uno stuolo di ammiratori certi di assistere ad una esibizione di alto livello. Sokolov è una figura unica nel panorama concertistico e richiama un modo di essere di altri tempi. Vincitore del concorso Tchaikovsky nel ‘66 a 16 anni, il più prestigioso premio internazionale per pianoforte con il grande Emil Gilels presidente della giuria, la sua carriera non è esplosa in modo eclatante, ma è assimilabile a un lungo crescendo. Ha sempre rifiutato incisioni con case discografiche e anche interviste. Non si esibisce più nel repertorio con orchestra per l’incognito dell’esito delle collaborazioni. Il suo mondo appare monastico. Fa due programmi all’anno che porta in lunghe tournée nelle sale più prestigiose dell’Europa tornandoci con cadenza fissa. Anche se replicato più volte, ogni concerto viene provato fino all’ultimo momento per poter prendere la più assoluta confidenza con lo strumento a disposizione e l’acustica della sala. Così ogni recital di Sokolov non è mai una replica, ma un importante tassello del suo percorso artistico. Il suo pubblico sa che la sala rimane chiusa fino all’ultimo momento per le sue prove, il palcoscenico è avvolto nella penombra e che lui, vestito in un ampio frac, fa pochi passi prima di fermarsi un istante in fondo alla tastiera per un l’inchino formale appena accennato, quindi si siede, fissa in modo penetrante il pianoforte per un periodo relativamente lunga prima di immergersi nel suo vero mondo. In tutto questo, non c’è neanche la più minima traccia di affettazione. Il suo modo di suonare è composto, i movimenti essenziali. La logica interna del suo programma non ammette cali di tensione o interruzione. Le tre sonate di Haydn della prima parte, come le due sonate di Beethoven della seconda, sono state eseguite senza soluzione di continuità. Il silenzio del pubblico è impressionante, sembra quasi che trattenga il fiato. Sokolov lo sa trasporre in una dimensione di profonda consapevolezza della sua visione della musica arricchita da risorse tecniche infinite e meravigliose; la chiarezza dell’articolazione, la dolcezza del tocco carezzevole, pianissimi vellutati, trilli interminabili di una morbidezza e fluidità ineguagliabile, il turbinio degli arpeggi, la sensazione di spazio e tempo intorno ad ogni singola nota sottolineando l’importanza vitale di ognuna, l’inaspettato peso sonoro grande e profondo nei momenti drammatici, il legato sovrastante che apparterrebbe più al mondo degli strumenti ad arco e il cantabile all’altezza del confronto con una voce umana piena e di grande estensione. Porge la musica colmo di significato e di espressione con eloquenza e semplicità che la rende fresca e spontanea. Sokolov ha accostato tre sonate di Haydn. La prima n.32 in sol minore in due movimenti, di piccole dimensioni, dall’espressione malinconica dove l’uso abilissimo dei silenzi crea tensione senza toni drammatici, era contrapposta alla sonata n.47 in si minore, una sonata invece drammatica. La terza sonata del gruppo, la n. 49 in do diesis minore, ha elementi in comune con la n. 47 per l’uso della linea semplicemente raddoppiata in ottava. Nella seconda parte del concerto l’accostamento è ancora più diretto. La sonata op.90 di Beethoven, una composizione di grandi dimensioni in due soli movimenti, apriva la via all’altra sonata in programma, l’op. 111, la sua ultima sonata anch’essa in due soli movimenti; il primo severo e impetuoso, pieno di densa tensione armonica e percorso da una vigorosa fuga, e il secondo, coerente e visionario. Chi conosce Sokolov sa che è generoso nel concedere bis, abitualmente arrivano a 6 e vanno quasi a formare una terza parte del concerto. Dopo una presentazione filologica di Haydn e Beethoven, il pianista ha offerto una carrellata di squisite pagine di Schubert, Schumann, Rameau e Chopin, ognuno un gioiello di maestria tecnica, dialettica musicale. Il concerto si è chiuso con il Preludio op 28 n.20 di Chopin, conosciuto come Marcia Funebre. Gli accordi della frasi iniziale suonavano come campane a morto, pesanti, maestosi e risonanti, la seconda frase invece era celestiale, la terza contemplativa prima degl’accordi finali che ci riportava a una realtà, tremenda e ineluttabile.