Madrid, Auditorio Nacional de Música, Temporada 2017-2018
Orquesta Nacional de España
Direttore Pedro Halffter Caro
Pianoforte Joaquín Achúcarro
Maurice Ravel: Concerto per pianoforte e orchestra in sol maggiore – Concerto per la mano sinistra in re maggiore
Richard Strauss: Symphonia domestica op. 53 TrV 209
Madrid, 25 novembre 2017
Era uno studente prodigio, vincitore di numerosi concorsi internazionali, ma la sua vera carriera iniziò soltanto dopo il trionfo alla competizione di Liverpool nel 1959. Adesso ha 85 anni, e per lui si sprecano le espressioni usuali di “leggenda vivente” e “mostro sacro”. In realtà si tratta di un artista sereno e sorridente, in grado di eseguire il repertorio su cui ha studiato per tutta la sua lunga e operosa vita con la nobiltà e la semplicità di chi davvero ne ha compreso il significato: è Joaquín Achúcarro, un pianista venerato dagli spagnoli e addirittura idolatrato negli Stati Uniti d’America. Ritorna alla ribalta dell’Auditorio Nacional de Música de Madrid con un programma tanto raffinato quanto impegnativo, centrato com’è sui due concerti per pianoforte scritti da Maurice Ravel, entrambi eseguiti per la prima volta nel 1932, ma nati da esigenze e situazioni completamente distinte.
Nel Concerto in sol maggiore l’introduzione è tenue e soffusa come un organetto di Barberia, poi il suono acquista volume e forma, proiettandosi nel disegno preciso del ritmo. Il direttore, Pedro Halffter, è abilissimo a ricreare sonorità fiabesche, che fanno pensare a Ma mère l’Oye, mentre accompagna il suono che Achúcarro trae dal pianoforte. Un suono indubbiamente suggestivo e complesso: ogni accordo emerge da una specie di nebbia per raggiungere sempre la luce; e in questo divenire c’è come un’esitazione, una manifestazione di stupore e di meraviglia. Oppure di immobile delizia, come quella in cui si dipana tutto il II movimento (Adagio assai), con il lungo duo pianoforte/oboe, in una dilatazione del tempo che svela l’incanto della fiaba, sgranato e rilucente in ogni nota. L’esecuzione del III movimento è un capolavoro di comprensione interpretativa: l’uso delle pause e del ritardando richiama il procedere dei Préludes di Debussy; tutti particolari che le usuali versioni “acrobatiche” distruggono, sacrificandoli al gusto per la rapidità.
La mobilità corporea di Achúcarro è straordinaria: in entrambi i concerti si sposta continuamente sullo sgabello, segue con tutta la persona il movimento delle mani, da un capo all’altro della tastiera, accompagnandole con la flessibilità di un corpo minuto e agilissimo. Mai come in questa esecuzione del Concerto per la mano sinistra è emerso così eloquente, nei ritmi e accenni di marcia della parte conclusiva, il ricordo trasfigurato e doloroso della guerra, e dunque il dramma personale di Paul Wittgenstein. Nel finale, però, il pianista insiste sugli ampi accordi, subitanei e genuini, che illuminano le ultime idee musicali e inducono a non perdere la speranza nell’incanto della pace. Il pubblico è semplicemente commosso da tanto piacere dell’ascolto e da tanto impegno che Joaquín Achúcarro profonde nell’interpretazione di Ravel; lo è ancor più quando, inaspettatamente, anziché mostrare stanchezza, l’artista si sbottona la giacca del modernissimo smoking e si siede di nuovo al pianoforte, per regalare un’altra meraviglia, questa volta tutta notturna e malinconica: Claire de lune di Debussy.
Dopo un intervallo appena sufficiente per controllare le emozioni e ritornare sulla terra, Pedro Halffter richiama il pubblico all’attenzione con una partitura articolata, piacevole e intellettualistica al tempo stesso: la Symphonia domestica di Richard Strauss. C’è un legame storico con la prima parte del concerto perché, come Ravel, anche Strauss avrebbe scritto per Wittgenstein un brano per la mano sinistra del pianoforte: il Parergon zur Symphonia domestica, a partire dal materiale del poema sinfonico composto molti anni addietro, tra 1902 e 1903. Dal perfetto contrasto tra seriosità e gioco, vitale nello sviluppo della sinfonia e dei personaggi familiari in essa rappresentati, Halffter fa sgorgare l’atmosfera della malinconia e della nostalgia. Molto preciso negli attacchi e nella gestualità, il direttore riesce a estrarre il miglior suono di cui la Orquesta Nacional de España sia capace. E soltanto dopo il dramma che si è originato dai sentimenti di partenza e dalla loro dialettica Halftter permette di godere di quella serenità spirituale che costituisce il vero obbiettivo della sinfonia; o forse addirittura della musica in generale e dell’esistenza stessa. Foto OCNE