Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival Antoine Reicha, musicista cosmopolita e visionario, dal 23 settembre al 4 novembre 2017
“IL CANTORE DEGLI STRUMENTI A FIATO”
Klarte Quintet
Flauto Marion Ralincourt
Oboe Marc Lachat
Clarinetto Amaury Viduvivier (in sostituzione di Julien Chabod)
Corno Pierre Rémondière
Fagotto Guillaume Bidar
Antoine Reicha: Quintette à vent op. 88 n° 2 en mi bémol majeur; Quintette à vent op. 100 n° 5 en la mineur
Venezia, 21 ottobre 2017
Un altro tassello si è aggiunto e la figura di Antoine Reicha ha rivelato un altro suo aspetto importante. Si tratta due lavori, che fanno parte della sua produzione per quintetto di fiati: una serie di composizioni, rimaste, in modo abbastanza continuativo, in repertorio anche dopo l’oblio in cui è caduto il musicista. Nella sua autobiografia, quest’ultimo afferma di essere stato il primo a comporre per questo ensemble strumentale: in realtà prima di lui quintetti per fiati erano stati già composti da Nikolaus Scmidt e Giuseppe Maria Cambini. Ma, a parte questa svista, vera o presunta che sia, è innegabile che proprio il compositore franco-boemo, con le sue quattro raccolte, di sei quintetti ciascuna (opp. 88, 91, 99 e 100), diede un impulso decisivo a tale genere. Se il linguaggio di queste raccolte resta relativamente classico, esse presentano comunque una cospicua serie di combinazioni sonore, che si fanno, col passare degli anni, sempre più raffinate. Reicha pubblicò i suoi sei Quintetti per strumenti a fiato op. 88 nel 1817, ma già all’altezza del 1811 i primi due probabilmente erano completati. Tra il 1817 e il 1818 la raccolta conobbe ben tre edizioni – pubblicate rispettivamente in Francia, in Germania e in Inghilterra –, segno che il successo era grande. La composizione di altre tre raccolte di quintetti per strumenti a fiato (op. 91, op. 99, op. 100), pubblicate tutte prima del 1820, confermerebbe tale buona accoglienza.
Interpreti dei due quintetti in programma erano cinque giovani strumentisti dalla personalità musicale non comune, quasi tutti membri, in pianta stabile, del Quintetto Klarthe, una formazione – costituitasi allo scopo di partecipare a un importante appuntamento internazionale come il Concorso dell’ARD di Monaco di Baviera –, che si è aggiudicata prestigiosi premi, tra cui ci limitiamo a citare quello speciale per la migliore interpretazione del Quintetto per fiati di Onslow del Palazzetto Bru Zane. I solisti hanno affrontato con precisione e sicurezza i due lavori di Reicha, dando prova di coesione e perfetta intesa, nonché sfoggiando un suono nitido e brillante; il che conferiva ai ricercati impasti timbrici, ottenuti dal compositore franco-boemo attraverso combinazioni armoniche tutt’altro che scontate, il fascino particolare racchiuso in quei gioielli, in cui la più genuina tradizione si fonde con originali accostamenti di colori. Ogni strumentista ha offerto una prestazione assolutamente ragguardevole: dalla flautista, che ci è parsa davvero impeccabile nei passaggi veloci come nelle note ribattute, all’oboista, che ha saputo, all’occorrenza, cantare con “voce” rotonda; al cornista, che ha controllato perfettamente la propria “morbida” emissione, evitando la più piccola sbavatura; al fagottista, maestro di humour e bel timbro scuro (com’è tipico del suo strumento); per finire con il clarinettista, che ha pienamente convinto quanto a prestanza nelle agilità e qualità del suono.
Il Quintetto per strumenti a fiato in mi bemolle maggiore op. 88 n. 2 dimostra quanto impegno Reicha abbia profuso nello scrivere la parte dei singoli strumenti, trattati di volta in volta come solisti. Nella lenta introduzione del primo movimento, dopo alcuni accordi solenni, si è imposto il fagotto. Nel Poco andante, in forma di rondò, si sono messi in luce, nell’intonare il ritornello, prima l’oboe e poi il corno, successivamente il flauto ha dominato nel primo couplet, mentre tutti e i cinque gli strumenti si sono distinti nel secondo, dalla scrittura fugata, peraltro indicato come facoltativo, poiché il movimento al completo – che dura il doppio, rispetto a quello tagliato – potrebbe avere il risultato di sbilanciare l’opera, le cui sezioni estreme evocano una concisa forma sonata. Ma così non è stato nel concerto di cui ci occupiamo, grazie all’abilità dei solisti, che hanno in realtà prolungato il godimento dell’ascolto. Del resto, Reicha si fa tentare dall’amplificazione delle forme anche nel Minuetto, al cui interno colloca due trii, secondo un gesto tipicamente beethoveniano.
Passando al Quintetto per strumenti a fiato in la minore op.100 n. 5, esso fa parte della quarta e ultima raccolta dedicata a tale formazione, pubblicata a Parigi nel 1820, nella quale, rispetto alla prima, pubblicata solo tre anni prima, Reicha diversifica ulteriormente le combinazioni strumentali, di cui offre un sontuoso caleidoscopio. Anche in quest’opera Reicha si impegna in un lavoro raffinato a livello formale e armonico. Come i restanti titoli dell’op. 100, il Quintetto n. 5 comincia con un’introduzione nobilmente lenta e sostenuta, cui fa seguito un dinamico Allegro. Inoltre, questa composizione – basata sulla forma sonata, pur presentando un certo numero di irregolarità come, per esempio, un diverso ordine dei temi nella ripresa –, è percorsa da una levità e una vivacità, che evocano Rossini al pari dei classici viennesi. Aggiungiamo che, diversamente, il Minuetto si segnala per le sorprendenti modulazioni, decisamente lontane rispetto alla tonalità principale di la minore, anche se lo spirito rimane quello di un amabile scherzo, a conferma del fatto che in Reicha la ricerca del nuovo procede sempre di concerto col piacere di fare musica. Gli strumentisti hanno dato il meglio di sé anche in questo secondo quintetto, cimentandosi con destrezza nel rendere la sua scrittura brillante, il cui virtuosismo peraltro non è mai mero sfoggio di bravura, nemmeno nel Finale, che conclude in maniera, appunto, brillante questa partitura. Ogni strumento si è messo in luce sia negli interventi brevi che negli episodi solistici più ampi. In particolare, nell’Andante con variazioni, inizialmente ha dominato l’oboe, che ha presentato il tema, cui fa seguito una serie di variazioni, nelle quali si sono succeduti impeccabilmente: il corno, il fagotto, l’oboe, di nuovo il corno, il clarinetto e infine – nella sesta e ultima variazione, particolarmente estrosa – il flauto. Successo estremamente caloroso premiato da un bis pieno di brio: il 4° movimento, Allegretto, dal Qintetto in mi bemolle maggiore op. 88 n. 2 di Reicha.