Catania, Teatro Massimo Bellini
“DON GIOVANNI”
Dramma giocoso in due atti, libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Don Giovanni VITTORIO PRATO
Donna Anna ANNA MARIA DLL’OSTE
Il Commendatore FRANCESCO PALMIERI
Don Ottavio FRANCESCO MARSIGLIA
Donna Elvira ESTHER ANDALORO
Leporello GABRIELE SAGONA
Zerlina MANUELA CUCUCCIO
Masetto GIULIO MASTROTOTARO
Orchestra e Coro del Teatro Massimo Bellini di Catania
Coro del Teatro della Fortuna M.Agostini
Direttore Salvatore Percacciolo
Maestro del Coro Gea Garatti Ansini
Regia e costumi Francesco Esposito
Scene Mauro Tinti
Sculture Franco Armieri
Luci Bruno Ciulli
Allestimento del Teatro della Fortuna di Fano
Catania, 15 ottobre 2017
Terzultimo spettacolo della Stagione 2017 del Teatro Massimo Bellini di Catania, il Don Giovanni di Mozart di scena nel capoluogo etneo ripropone un allestimento realizzato al Teatro della Fortuna di Fano nel 2013 con le scene di Mario Tinti e le sculture di Franco Armieri che nell’aria del catalogo scendono dall’alto quasi a dare un volto alle conquiste di Don Giovanni. Molto semplice, la scenografia, che ricorda da vicino quella realizzata per Salome di Strauss, è costituita da una struttura circolare con gradini e botole dominata da uno specchio a forma di medaglione. In realtà questo spazio, che non mostra alcun riferimento ai luoghi evocati nel libretto ma presenta un puro valore simbolico, finisce per allargarsi anche alla platea e alla barcaccia dove i personaggi si muovono attono all’eponimo protagonista del quale vengono rappresentati la bulimia sessuale e il carattere “demoniaco”. Desta, tuttavia, qualche perplessità la scelta del regista Francesco Esposito di allargare lo spazio scenico alla platea e alla barcaccia, un déja vu, che ha perso il suo carattere di novità che aveva qualche tempo fa. Don Giovanni, da parte sua, riempie questo spazio scenico dominandolo anche fisicamente; corre verso l’uscita centrale, “spoglia” le sue vittime, interagisce con il pubblico, offrendo una rosa a una signora nel palco di primo ordine, ma, come in molte di queste regie che hanno senza dubbio il merito di innovare rispetto alla tradizione, resta l’impressione di vedere ed ascoltare due spettacoli diversi. L’opera è, certo, la patria dell’antirealismo, ma francamente sembra un po’ forzato vedere Donna Elvira, che si spoglia, mentre canta l’aria Ah, chi mi dice mai, aiutata dalle sue ancelle in un’immaginaria camera d’albergo alla quale avrebbero accesso non solo Don Giovanni ma soprattutto Leporello. Coerenti con le scelte registiche sono i costumi firmati sempre da Esposito: Don Giovanni, di rosso vestito, simboleggia il carattere demoniaco del personaggio, mentre l’abbigliamento delle donne costituito da larghe gonne e mutandone fino alle caviglie rimanda alla lettura licenziosa che è stata fatta della partitura di Mozart.
Dal punto di vista musicale, la concertazione di Salvatore Percacciolo si segnala per una buona ricerca delle sonorità che non soverchiano mai i cantanti e per una scelta dei tempi corretta e abbastanza veloce che, tuttavia, non sempre riesce a dare quella brillantezza richiesta dalla partitura soprattutto negli staccati e nelle figurazioni dei ribattuti sin già dal Molto Allegro dell’ouverture. Inoltre sembra un po’ datata la scelta di chiudere tutti i brani con dei ritenuti. Nel cast vocale spicca certamente il Don Giovanni di Vittorio Prato, il cui timbro chiaro si presta bene all’eponimo protagonista interpretato in modo corretto grazie a un fraseggio privo di sbavature. L’artista mostra dal punto di vista scenico anche una certa disinvoltura che condivide anche con gli altri interpreti tra cui Gabriele Sagona (Leporello), un buon partner del licenzioso cavaliere, la cui prova è in crescendo. Un buon fraseggio contraddistingue la prova di Anna Maria Dell’Oste, una Donna Anna convincente dal punto di vista scenico anche se vocalmente non sempre esprime al meglio la tragicità richiesta dalla sua parte; di pari livello la performance di Esther Andaloro (Donna Elvira) che, nonostante non abbia del tutto superato l’indisposizione che le ha fatto saltare la prima e che sicuramente è alla base di qualche incertezza nell’aria con la quale si presenta Ah, chi mi dice mai, ha mostrato nel prosieguo dell’opera le sue doti canore: bella voce in tutto il suo registro e un buono controllo del fraseggio e dell’intonazione. Anche lui indisposto, Francesco Marsiglia (Don Ottavio) non solo partecipa con professionalità alla rappresentazione, ma è autore di una performance convincente grazie a una bella voce dal timbro chiaro e una buona padronanza del canto di coloratura evidente nell’aria del secondo atto Il mio tesoro intanto. Buone le prove di Manuela Cucuccio, una dolce e tenera Zerlina e di Giulio Mastrotaro (Masetto). Corretto, infine, il Commendatore di Francesco Palmieri. Buona, infine, la prova del coro, ben preparato da Gea Garatti Ansini. Giovinette che fate all’amore del primo atto si segnala, infatti, per brio e brillantezza. Alla fine applausi per tutti da parte di un pubblico che ha gradito e apprezzato questa lettura del capolavoro mozartiano.