Quale migliore occasione che quest’anniversario per presentare a tutti voi questa rarissima immagine del primo atto in cui vediamo la Callas Gioconda in piedi di spalle alla Cieca Anna Maria Canali il 2 agosto 1947
Intervista con “La Gioconda” giunta da oltre oceano
di Renato Ravazzin (“Il Gazzettino”, 22 luglio 1947)
Uno dei motivi di interesse della prossima stagione lirica all’Arena di Verona è costituito dalla partecipazione di due cantanti americani: Maria Callas e Richard Tucker, nei ruoli principali di “Gioconda” di Ponchielli, l’opera andrà in scena il 2 agosto quale secondo spettacolo della stagione stessa.
Tale partecipazione ha un particolare significato di riconoscimento dell’importanza che in America si attribuisce alla tradizionale manifefestazione lirica veronese. Ciò ci è stato confermato, con la sua calda voce ed in un quasi perfetto italiano, dal soprano drammatico Maria Callas, che ci ha accolto con viva cordialità e con una simpatica semplicità.
Ci ha subito colpito, della futura Gioconda, oltre alla sua giovane età, una somiglianza fisica con una bella cantante italiana: Gina Cigna. Questo riferimento, che non le nascondiamo, vuole anche indicare come alle doti vocali, che ci dicono eccezionali, la Callas aggiunga una avvenenza il cui contributo sarà, sulla scena, indubbiamente notevole.
Non possiamo non iniziare rivolgendo alla nostra interlocutrice la domanda di rito in una intervista.
Quando ha iniziato a cantare?
(I luci grandi occhi neri della Callas si chiudono un momento quasi per fissare le immagini della sua adolescenza) Senza atteggiarmi a bimba prodigio, posso ricordare che a 5 anni facevo già udire nella casa di New York, dove sono nata, festosi e promettenti canti. A 7 anni per appagare le mie disposizioni musicali, iniziai lo studio del pianoforte: studi che ho continuato con passione tanto che, ancora oggi la tastiera mi attrae sempre. Avevo 10 anni quando le mie qualità vocali ebbero un primo riconoscimento con vari premi nei concorsi che periodicamente organizzava Radio New York per “I cantanti in erba”. Poi seguii la mia famiglia, di origine greca, nel suo Paese e fu ad Atene che, frequentando il Conservatorio Nazionale ed avendo ad insegnante una ottima cantante, Elvira De Hidalgo, completai i miei studi dedicandomi senz’altro alla lirica nel repertorio drammatico. Dopo un felice debutto in “Cavalleria” partecipai a varie stagioni in Grecia interpretando “Tosca”, “Fidelio” ed altre opere, prediligendo però il melodramma italiano che mi sembrava più rispondente al mio temperamento. Finita la guerra tornai in America con l’intento di riposare un po’ prima di ricalcare le scene. Ma la mia passione ebbe il sopravvento: mi stavo preparando per la “Turandot” quando ebbi occasione di incontrarmi con Giovanni Zenatello, che là gode meritata popolarità. La sua proposta di cantare “Gioconda” all’Arena di Verona, mi lusingò subito. Ecco la mia storia, semplice e breve….(Conclude sorridendo la Callas)
Lei aveva già sentito parlare dei nostri spettacoli?
Si, si, molto e con entusiasmo: fin da bambina in America e in Grecia. La vostra Arena, così maestosa, ed accogliente, mi era sempre apparsa come in un paesaggio di sogno, popolata di un pubblico festoso. Quando la vidi giorni fa per la prima volta, mi prese una sincera emozione.
Qui ripetiamo alla Callas una domanda che già rivolgemmo al basso Nicola Rossi Lemeni di ritorno dall’America: e la risposta coincide esattamente con le intelligenti osservazione del futuro Mefistofele. Chiediamo cioè le impressioni sulla qualità degli spettacoli lirici americani.
Si fanno delle buone cose, d’accordo: ma troppo spesso il criterio commerciale supera quello artistico. Vi è una certa faciloneria nell’allestimento degli spettacoli. Se sul podio non sale un concertatore di valore, un Maestro del polso e del temperamento del vostro grande Toscanini, le esecuzioni risentono della arbitrarietà di qualche interprete che impone la propria personalità. L’America da fame ed agiatezza ad un cantante, ma non ne arricchisce la sensibilità artistica: anzi la induce a compromessi.
Lei ha molta ammirazione per il teatro lirico italiano?
Oh sì: lo può scrivere. Ora che ho conosciuto l’Italia non ho che un desiderio: quello di poter rimanere a cantare nei vostri teatri, davanti al vostro pubblico, che già sento vicino, sotto il vostro cielo, nella vostra Arena dove mi piacerebbe particolarmente essere “Turandot”.
Posso tradurre in augurio questo suo desiderio?
La ringrazio. Ma la prego di interpretarlo non come un motivo per accattivarmi le simpatie del pubblico ma come espressione della mia volontà.
Lo sguardo della Callas ha un lampo di fermezza. Le crediamo e non possiamo non rilevare questa sua affermazione come una prova ed un esempio di un sincero amore per l’arte puramente intesa.