Madrid, Auditorio Nacional de Música, Temporada 2016-2017
Orquesta y Coro Nacionales de España
Direttore David Afkham
Maestro del Coro Miguel Ángel García Cañamero
Soprano Aga Mikolaj
Mezzosoprano Marina Prudenskaya
Tenore Saimir Pirgu
Baritono Christopher Purves
Giuseppe Verdi: Requiem per soli, coro e orchestra
Madrid, 1. luglio 2017
La stagione sinfonica 2016-2017 di Orquesta y Coro Nacionales de España si conclude con il Requiem di Verdi, e già si pensa al programma 2017-2018. L’attuale ciclo aveva per sottotitolo “Locuras”, a settembre inizierà quello scandito dalle “Redenciones”; in tanto stridore di ispirazioni, non è male che la partitura verdiana costituisca la cerniera aggregante. Ma con una precisazione, comparsa nei giorni scorsi in ogni mezzo pubblicitario a mo’ di sottotitolo del concerto: “Una misa, no una ópera”. Come ad avvertire, a tranquillizzare il pubblico del repertorio sinfonico, oppure a educare in modo sbrigativo (“Vedete? Verdi non è soltanto autore di melodrammi”). Il giovane direttore responsabile di OCNE, David Afkham, non sembra porsi questioni pregiudiziali su come eseguire il Requiem; semplicemente vi si accosta con la consueta professionalità e serietà, dimostrando un lavoro intenso e proficuo con l’orchestra e un’attenzione continua ai cantanti solisti (le due interpreti femminili previste in origine sono state sostituite a pochi giorni dalla prima esecuzione: avrebbero dovuto essere Camilla Nylund e Veronica Simeoni). Gli attacchi dell’orchestra sono molto puliti e le sonorità trasparenti, con una buona dialettica tra suono d’insieme e interventi individuali (molto armonico il dialogo tra primo violino e voci soliste nell’offertorio; perfetto l’emergere degli strumentini nel «Sanctus»); il direttore sceglie tempi rilassati e solenni, anche dilatandoli a scopo espressivo; talvolta singoli accordi spiccano come rintocchi funebri, talaltra il canto melodico si dispiega grazie al sostegno orchestrale come in un sontuoso concertato (è l’effetto del «Lacrymosa»). Non si fa troppo scrupolo, Afkham, di inseguire impercettibili pianissimo, come se bastassero da soli a esprimere l’assoluto, ma risolve sempre molto bene la trama degli accenti nelle varie sezioni (anche quelli difficili degli archi nel «Lux aeterna»). Di grande qualità la prestazione del Coro Nacional de España, istruito da Miguel Ángel García Cañamero: la bellezza risiede soprattutto nella tinta omogenea e uniforme dell’emissione, sempre capace, comunque, di varietà espressiva. Il quartetto vocale, invece, non è tanto compatto nell’esito qualitativo: Marina Prudenskaya ne costituisce l’elemento migliore, potendosi giovare di note basse e centri molto solidi, di acuti corretti (a volte un poco aperti) e di un timbro scuro affascinante. Saimur Pirgu è un tenore dall’emissione generosa, dalla voce abbondante ma disomogenea nel registro (come si nota nelle messe di voce a diversa altezza). Christopher Purves è un baritono dal timbro chiara e dalla cavata poco consistente, inadeguata al ruolo verdiano (per di più, si percepisce con quanta fatica lo sostenga). Aga Mikolaj riduce purtroppo la parte del soprano a un’esibizione di frasi parlate e gridate, con un’intonazione sempre a repentaglio; a volte il porgere è espressivo, ma vocalmente resta insufficiente (sembra impegnata in Cavalleria rusticana anziché nella Messa di Requiem). Il pubblico di Madrid apprezza l’esecuzione e tributa lunghi applausi a tutti gli interpreti (in particolare a direttore e coro).
La presentazione pubblicitaria del concerto e il programma di sala (a firma Alberto González Lapuente) riaprono la solita questione sull’effettiva religiosità della musica del Requiem di Verdi, o meglio sulla sua pericolosa vicinanza alle strutture del melodramma. Sarà utile riflettere che la personalità verdiana, tanto massiccia e determinata, emerge anche da dietro il modello monumentale della liturgia; in altre parole, quella di Verdi è una personalità che intona i vari momenti della messa in modo così personale e originale rispetto alla tradizione, da superare qualunque valore religioso possa promanare dal testo latino. Si parli piuttosto di valore musicale, e la ricerca sarà più fruttuosa; le note di presentazione oggi indulgono spesso ai problemi del Risorgimento, alle letture darwiniane di Verdi, a idee storico-politiche. Ma, per comprendere adeguatamente la musica del Requiem, si dovrebbe piuttosto richiamare il modello artistico e ammiratissimo di Manzoni, che poi è il vero protagonista della messa. Come Manzoni aveva rinnovato il romanzo storico italiano, pur non credendo affatto nella liceità di quel genere letterario, e come la sua personalità di autore restava sempre in primo piano, anche a costo di stritolare il realismo di alcuni personaggi (ed è la grande differenza rispetto ai narratori europei dell’Ottocento), così Verdi rinnovò radicalmente la musica sacra italiana, pur non facendo affidamento sui valori escatologici della liturgia e tralasciando i moduli della relativa tradizione artistica. Afkham, probabilmente in modo inconsapevole, sembra condurre l’esecuzione sulla base di questo assunto, e raggiunge così un risultato molto buono: esaltare ogni carattere musicale nel modo più “verdiano” possibile, senza ricerche cervellotiche di sostanza religiosa – ossia mistica – o di senso del sacro che si trovino al di fuori della musica stessa.