Madrid, Teatro Real: Martha Graham Dance Company: 90° anniversario

Madrid, Teatro Real, Temporada 2016-2017
“MARTHA GRAHAM DANCE COMPANY” 90° anniversario
“Clytemnestra”, atto II del balletto
Coreografia Martha Graham
Musica Halim El-Dabh
Scene Isamu Noguchi
Costumi Martha Graham, Helen McGehee
Clitennestra Peiju Chien-Pott
Fantasma di Agamennone Ben Schultz
Oreste Abdiel Jacobsen
Elettra Charlotte Landreau
Egisto Lorenzo Pagano
Le furie Anne O’Donnell, Anne Souder, Leslie Andrea Williams
“Woodland”
Coreografia Pontus Lidberg
Musica Irving Fine
Costumi Reid Bartelme, Harriet Jung
Maschere Wintercroft Desings
Luci Nick Hung
Solista Xing Ying
“Cave of the heart”
Coreografia e costumi Martha Graham
Musica Samuel Barber
Scene Isamu Noguchi
Luci Jean Rosenthal
Incantatrice, Medea Xing Ying
Giasone Ben Schultz
Principessa, figlia di Creonte Charlotte Landreau
Il coro Natasha M. Diamond-Walker
“Maple Leaf Rag”
Coreografia Martha Graham
Musica Scott Joplin
Costumi Calvin Klein
Luci David Finley
Corpo di ballo Martha Graham Dance Company
Madrid, 11 giugno 2017

Martha Graham è la madre della danza moderna e sovente viene paragonata a personaggi della statura di Picasso, Einstein, Stravinsky; è stata sicuramente rivoluzionaria per il suo tempo, prolifera e instancabile nella produzione, sempre coraggiosa. La Graham nacque nel 1894 in seno a una famiglia benestante; sin da un’età precoce decise di dedicarsi alla danza, studiandone molto approfonditamente la storia e gli stili. Nel 1926 fondò la Martha Graham Company, inizialmente solo per danzatrici, finalizzata alla sperimentazione e allo studio di nuove tecniche; in poco tempo riuscì a proporre un tipo di danza nuovo, che si allontanava completamente dalla danza classica, ma che, al pari di quest’ultima, si fondava su esigenze di virtuosismo e di tecnica. Lavorando sui punti nodali del suo credo artistico la Graham realizzò uno stile moderno-contemporaneo che risultasse connaturato alla cultura e alla società americane (le quali non sempre ritenevano i metodi europei e russo come del tutto naturali). La nuova tecnica della Graham consiste nell’ascoltare il corpo, lasciarlo respirare, contrarlo e rilasciarlo mentre esegue nuovi movimenti: angolari, bruschi, dirompenti. Dopo alcuni anni dalla formazione entrarono per la prima volta nella compagnia due ballerini, Merce Cunnigham ed Erik Hawkins, completando con il loro apporto una gamma di qualità tecniche veramente unica. Con le prime tournée, negli anni Quaranta, la compagnia percorse tutto il territorio americano e Cuba, e a partire da quel periodo ampliò le sue visite a tutto il mondo, da teatri e sale di prestigio assoluto, come la Carnegie Hall di New York, l’Opéra National de Paris, la Royal Opera House di Londra, a siti di grande fascino storico come le piramidi egiziane e l’acropoli di Atene. Nel corso di una carriera molto duratura Martha Graham ha creato 181 coreografie originali ed è stata la prima donna a danzare all’interno della Casa Bianca; per tutto questo venne soprannominata dal New York Times “Ballerina del secolo”, ed è divenuta molto celebre una sua frase: “La danza è scoperta, scoperta, scoperta”. Graham ha dimostrato grande interesse per la cultura antica, occidentale e orientale, sin dall’inizio della sua carriera, come rivelano tanti suoi lavori e scelte musicali, ma al tempo stesso ha nutrito attenzione e sensibilità per il contesto storico del mondo di cui formava parte: Deep Son e Chronicle sono esempi di coreografie nate in risposta a un clima politico spaventoso, la prima dedicata alla guerra civile spagnola della fine degli anni Trenta, la seconda in reazione alla minaccia fascista del decennio successivo.
Il Teatro Real di Madrid ha voluto ospitare la Martha Graham Dance Company in occasione del 90° anniversario, la cui tournée mondiale prosegue dall’anno scorso. Sono stati elaborati due programmi differenti, che ripropongono alcune delle coreografie più significative della Graham e della storia della sua compagnia. La serata che abbiamo seguito inizia con il II atto di Clytemnestra, balletto tratto dalla mitologia greca e chiaramente ispirato alla trilogia di Eschilo, Orestea. In questo II atto Clitennestra è tormentata dagli incubi e dal fantasma di Agamennone; la tragedia e la maledizione imperversano sulla famiglia degli Atridi e si scatenano episodi di violenza e vendetta, sullo sfondo d’una scenografia astratta e divisa in spazi molto ben definiti: a destra un letto di pietre addobbato con lance e simboli di guerra, con un corpo che riposa (Oreste), ai suoi piedi una donna (Elettra) sconsolata in abiti color rosso intenso, in mezzo un corpo crocifisso (Agamennone), a sinistra un trono con un impostore (Egisto) sedutovi. Tutta la scena è stata ricreata grazie all’ispirazione dell’arte antica, con motivi che derivano dalle decorazioni di vasi e reperti archeologici. Il fantasma di Agamennone ha coturni enormi, in considerazione del fatto che nell’antica Grecia i morti venivano rappresentati cosi in pittura, elevati rispetto al livello del suolo. Il codice linguistico attuato da questa coreografia si basa su movimenti unidirezionali, come se fossero tanti quadri statici accostati in serie, con una dinamica lenta e chiara. Ovviamente ai personaggi principali si richiede, oltre alla perizia tecnica, una grande dote di recitazione: PeiJu Chien-Pott (Clitennestra) e Ben Schultz (fantasma di Agamennone) sono decisamente all’altezza della situazione. Uno degli elementi più interessanti di questo balletto è la musica del compositore egizio-statunitense Halim El-Dabh, un pioniere delle ricerche elettroniche, attento all’equilibrio tra ritmo, arcaismo, melodia, inserto vocale e recitazione, che apparenta la partitura più all’opera del Novecento (Clytemnestra fu rappresentata per la prima volta nel 1958) che al balletto classico.
Il secondo brano in programma, Woodland, è una sorta di ode alla musica (di recentissima realizzazione, del 2016), con lo scopo di far risaltare ogni nota, accento e combinazione sonora; il risultato è quello, piacevolissimo, di un gioco fra musica e ballerini, fresco, divertente e fluttuante, pieno di gaiezza e di innocenza (in perfetto contrasto con l’atmosfera cupa e cruenta della pagina che precedeva).
Cave of the heart, la cui versione originale risale al 1946, è un’opera in cui la Graham parla del potere dell’amore, caratterizzato da uno stile simile a quello del balletto Clytemnestra; del resto, anche questa coreografia s’ispira a un altro celebre racconto della letteratura greca, con pochi personaggi e tanti attrezzi in scena, al fine di porre in risalto il significato dei singoli gesti. L’interazione tra Medea e Giasone è esempio di come l’amore possa diventare buio e distruttivo: il balletto prende avvio dal momento in cui Medea appronta un piano per vendicarsi del ripudio; si tratta, insomma, della seconda parte della Medea di Euripide. La scena voluta dalla Graham si compone di un cammino di pietre disposte in forma ascendente, l’orlo superiore di un vulcano con un sole nascente e altri simboli di luce; ogni personaggio è identificato da un colore adatto al suo ruolo e carattere: il bianco per la principessa figlia di Creonte, il nero che poi trascolora in rosso negli abiti di Medea, tinte di terra per la divisa guerresca di Giasone. Il procedimento narrativo risulta molto semplice ed efficace, anche perché segue Euripide fedelmente: domina il confronto dialettico tra Medea e l’antico sposo, con la gelosia e la disperazione della donna che progressivamente si mutano in follia e concepimento di molteplice delitto. Quando Medea ritorna sulla scena nel finale, nella lunghissima coda della veste scarlatta sono avvolti i cadaveri della principessa e dei figli; Giasone crolla quando scopre la verità, mentre la maga ascende al vulcano, dove il sole la purifica e sostiene, offrendole la fuga sul proprio carro. La Medea di Xing Ying sortisce un esito trionfale, e si può dire che sia l’interprete più acclamata dell’intera serata. Ottimo anche il successo di Ben Shultz, l’étoile che precedentemente aveva interpretato il fantasma di Agamennone.
Maple Leaf Rag è l’ultimo balletto per cui Martha Graham scrisse la coreografia, nel 1990 (un anno prima della morte) e con l’unica intenzione di sorridere della propria fama e di sé stessa. All’interno del pezzo figura il suo stesso personaggio, leggero e innovativo, accompagnato dall’inconfondibile e ironica musica di Scott Joplin, in cui predominano le note del pianoforte. Questo ricorda un aneddoto sulla pratica quotidiana della Graham: raccontano che spesso, durante le lezioni, chiedesse al suo pianista di suonare qualcosa che potesse ispirarla e aiutarla a creare, sempre alla ricerca del nuovo com’era. In Maple Leaf Rag tutti i movimenti si sviluppano attorno a una specie di fune: i ballerini saltellano, salgono, fanno delle acrobazie, si siedono, si sdraiano, ma il centro della danza gira sempre intorno allo stesso oggetto, facendo intuire quanto difficile, divertente, ridicolo, instabile sia il processo creativo d’un artista. Il balletto è quasi una parodia, o meglio uno sguardo umoristico e affettuoso sulla pratica della danza. L’intera compagnia è ora sulla scena, con diciotto ballerini impegnati in un costante entrare, uscire, scappare, paragonabile a quello delle idee e dei pensieri in una mente agitata dalla furia creativa. Sembra un gioco, ed è in realtà il miglior modo per ricordare l’effervescenza artistica di Martha Graham.   Foto Teatro Real de Madrid