Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival Fernand de La Tombelle, gentiluomo della belle époque dall’8 aprile all’11 maggio 2017
Tenore Yann Beuron
Pianoforte Jeff Cohen
Mélodies di Gabriel Fauré, Charles Gounod, Camille Saint-Saëns e Fernand de La Tombelle
Venezia, sabato 8 aprile 2017
Dopo aver proposto nel corso di precedenti stagioni Gouvy, Godard e Dubois, il Palazzetto Bru Zane prosegue nella riscoperta di musicisti romantici francesi degli anni Ottanta dell’Ottocento che – lontani dal wagnerismo quanto dalla modernità di un Debussy – sono oggi bollati come accademici e quindi del tutto dimenticati. Fernand de La Tombelle, cui è dedicato quest’anno il Festival di primavera, è uno di questi. Dotato di un temperamento fieramente indipendente senza per questo essere rivoluzionario, è una figura interessante sotto diversi aspetti. Questo musicista – che nella sua vita ha mantenuto assidui rapporti con Grieg, Gounod, d’Indy, Massenet e, in particolare, con Saint-Saëns – ci ha lasciato un’opera considerevole, proteiforme, stilisticamente eclettica, se non atipica, che merita di essere riconsiderata non solo per quello che vale in sé, ma anche in quanto è testimonianza di una forma di attività sociale e artistica presente in Francia a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Il suo catalogo abbraccia tutti i generi ed è corredato da fotografie, disegni, dipinti, scritti – teorici o letterari – e opere riguardanti l’astronomia o l’arte culinaria (tra cui un opuscolo sui pâtés di Périgueux). L’insieme costituisce il frutto del lavoro di un artista dotato di una notevole cultura generale, degna di un “honnête homme”, che si adoperò non poco anche a favore dell’educazione musicale delle classi popolari.
Il primo concerto della rassegna è dedicato alla mélodie, proponendo composizioni di La Tombelle e di altri musicisti francesi, in gran parte contemporanei – Charles Gounod, Camille Saint-Saëns e Gabriel Fauré – allo scopo di mettere in prospettiva il lavoro del musicista dedicatario del festival, collocandolo al termine di una filiazione che ha le sue radici nel cuore del XIX secolo. Interpreti, assolutamente ideali per un simile repertorio, il pianista Jeff Cohen, ben noto al pubblico veneziano, e il tenore Yann Beuron.
La mélodie francese – talvolta per due voci e pianoforte, più spesso per un solo cantante accompagnato – rappresenta, nell’Ottocento e nel primo Novecento, il genere indubbiamente più elevato. Lanciata da Gounod e Berlioz, la moda della mélodie fiorisce successivamente sia nei conservatori (per opera di Dubois, Massé, Delibes, Paladilhe, Hahn…) sia tra gli innovatori come Chausson, Debussy, Ravel e Poulenc, accanto ai quali il posto d’onore spetta al maestro incontestato del genere, Gabriel Fauré. Nella mélodie è prevalente la componente letteraria, così un suo adeguato apprezzamento presuppone una cultura poetica e un amore per il dettaglio spinti all’estremo. In conseguenza a questa raffinatezza – che è stata giudicata talora elitaria – essa rimane un genere poco apprezzato dal grande pubblico, dato che una parte di questa musica (curiosamente proprio quella più eseguita nei concerti) rifugge molto spesso dall’espressione diretta dei sentimenti. Dicevamo dell’adeguatezza degli interpreti: in effetti Yann Beuron si è rivelato – oltre che un cantante in possesso di una vocalità davvero ineccepibile, quanto a bellezza ed omogeneità timbrica, nonché dotato di uno spiccato senso delle sfumature – un fine dicitore di poesia, dal fraseggio scolpito e sempre aderente al testo, mentre Jeff Cohen lo ha accompagnato – com’è suo costume – con sensibilità e raffinatezza, talora evocando un’orchestra immaginaria. I due musicisti hanno saputo aderire con sensibilità e padronanza tecnica ai diversi temi, che caratterizzano i brani proposti: l’ineluttabile trascorrere del tempo in Le Livre de la vie di Latombelle, da Lamartine, e Pages d’amour (1912), una raccolta di sei poesie, scritte e musicate – in base a una salda architettura tonale – ancora da La Tombelle, costituenti un vero e proprio ciclo nel corpus delle opere di un compositore incline piuttosto alla pagina isolata: L’Ultime idole, Nuits d’amour, Sérénade, Retour, L’Apaisement, La Flambée. Di queste mélodies il tenore ha saputo rendere con giusto accento la sensualità delle immagini e le effusioni appassionate, che vi ricorrono e – come recitano, in particolare alcuni versi de La Flambée – scaldano “i tetri inverni”, trasformandoli in un’eterna primavera. Analogamente espressiva l’interpretazione delle mélodies d’altri autori in programma per questo concerto: Le Soir di Lamartine (musicata da Gounod e datata 1840); Rêverie, La Cloche e L’Enlèvement di Victor Hugo (Saint-Saëns, rispettivamente: 1851, 1856, 1866); C’est l’extase, En sourdine e Prison di Verlaine (Gabriel Fauré, rispettivamente:1891, 1891 e 1894, in cui i compositori affinano la loro arte lirica, adattandola nel contempo all’intimismo dei salotti. Più appassionato il Madrigal de Shylock, tratto dalle musiche di scena composte da Fauré per lo Shylock di Edmond Haraucourt (1889). Successo pieno e caloroso. Tre fuoriprogramma: Offrande di Reynaldo Hahn, da Verlaine, e due romanze di Francesco Paolo Tosti, un autore particolarmente amato da Yann Beuron (Chanson d’adieu e “Il pescatore canta”).