Ludwig van Beethoven (Bonn 1770 – Vienna 1827)
Sinfonia n. 7 in la maggiore op. 92
Poco sostenuto, Vivace – Allegretto – Presto – Allegro con brio
Durata: 38’ca
“Dare alle sue composizioni musicali la stessa materialità, la stessa fermezza sicura e concreta, chiaramente riconoscibile, che aveva provato con tanta consolante felicità nei fenomeni della natura: questa fu l’anima amante dell’istinto felice al quale dobbiamo la Sinfonia in la maggiore, il vero capolavoro. Ogni slancio, ogni aspirazione, e ogni tempesta del cuore si tramuta in un delizioso senso di gioia che ci strascina con onnipotenza orgiastica, attraverso gli spazi della natura, attraverso tutte le correnti e tutti gli oceani della vita, ci fa gridare di gioia, ci rende coscienti ovunque avanziamo nel ritmo fiero di questa danza umana delle sfere. Questa sinfonia è l’apoteosi della danza in se stessa: è la danza nella sua essenza superiore, l’azione felice dei movimenti del corpo incarnati nella musica”.
Tale giudizio articolato e composito, espresso da Wagner nel suo scritto dal titolo L’opera d’arte dell’avvenire, coglie in pieno i caratteri essenziali di questa sinfonia che segna una svolta nella produzione musicale di Beethoven. La Settima Sinfonia, iniziata nel 1811 mentre Beethoven si trovava nella città termale di Teplitz, in Boemia, dove si era recato nella speranza di qualche miglioramento per il suo udito, fa trasparire, nonostante ciò, una gioia apparentemente in contrasto con la dolorosa situazione che egli stava vivendo. L’opera, terminata nel 1812, ebbe la sua prima esecuzione l’8 dicembre del 1813 nella sala grande dell’Università di Vienna in occasione di un concerto di beneficienza tenuto in onore dei soldati austriaci e bavaresi che erano stati feriti nella battaglia di Hanau durante le guerre napoleoniche. Lo stesso Beethoven diresse l’orchestra fornitagli dall’amico Ignaz Schuppanzigh e comprendente alcuni dei migliori musicisti del periodo, come Ludwig Spohr, Johann Hummel, Giacomo Meyerbeer, Antonio Salieri, Anton Romberg e il contrabbassista italiano Domenico Dragonetti del cui virtuosismo il compositore fu così entusiasta da affermare che suonava con grande fuoco e potenza espressiva. L’esecuzione ebbe un notevole successo, come testimoniato dallo stesso Spohr nella sua Autobiografia:
“Le nuove composizioni di Beethoven piacquero enormemente, in particolare la Sinfonia in la maggiore; il meraviglioso secondo movimento dovette essere ripetuto e anche su di me fece un’impressione profonda e duratura. L’esecuzione fu un assoluto capolavoro, malgrado la direzione di Beethoven fosse incerta e spesso comica. Si vedeva chiaramente che il grande maestro del pianoforte, ora un povero sordo, non riusciva a sentire la sua stessa musica. La cosa fu particolarmente notata in un passaggio della seconda parte del primo Allegro della sinfonia. In quel punto si trovano due pause in rapida successione, la seconda delle quali è in pianissimo. Beethoven se n’era probabilmente dimenticato, perché tornò a segnare il tempo prima che l’orchestra avesse eseguito la seconda pausa. In questo modo, senza saperlo, si trovava già dieci o dodici battute avanti all’orchestra quando essa eseguì il pianissimo. Beethoven, per indicare quell’effetto a modo suo, si era completamente rannicchiato sotto il leggio. Sul crescendo che segue fece di nuovo la sua comparsa e prese a rialzarsi sempre di più, finché non saltò in alto come una molla nel momento in cui, secondo i suoi calcoli, sarebbe dovuto iniziare il forte. Poiché questo non arrivò, si guardò intorno spaventato, vide tutto stupito che l’orchestra stava ancora eseguendo il pianissimo, e si riprese soltanto quando, finalmente, il forte tanto atteso ebbe inizio e poté udirlo anche lui. Fu una vera fortuna che questa scena non avesse luogo durante l’esecuzione pubblica, perché di certo avrebbe fatto ridere il pubblico”.
La sinfonia, definita dallo stesso Beethoven la più eccellente, presenta una grande vitalità ritmica e un uso sperimentale delle relazioni tonali. Il primo movimento si apre con un’introduzione, Poco sostenuto, grandiosa negli imponenti accordi dell’orchestra sostenuti dai timpani e, nello stesso tempo, in netto contrasto con la serena atmosfera agreste evocata nella dolce melodia affidata ai legni; dopo quest’introduzione lenta, l’ultima in assoluto nella produzione sinfonica beethoveniana, il primo tema (Es. 1) del successivo Vivace, in forma-sonata, è un’esplosione di gioia attraverso la danza in un crescendo che finisce per coinvolgere tutta l’orchestra nel clima festante venutosi a determinare. Questo clima di festa prosegue anche con l’esposizione del breve secondo tema affidato a un dialogo tra archi e fiati il cui materiale motivico è derivato dal primo tema. L’intero sviluppo si basa sul primo tema che viene rielaborato passando in imitazione fra i vari strumenti fino alla perorazione che conduce alla ripresa alla quale segue una grandiosa coda conclusiva. Il clima gioioso della danza muta totalmente nel secondo movimento, Allegretto, che si apre con un aforistico accordo di la minore il quale in modo icastico ne annuncia il carattere triste. Da questo accordo scaturisce un tema sommesso che, presentato inizialmente dalle viole, cerca di librarsi in zone più acute passando, dapprima, ai secondi e ai primi violini e, dopo, ai legni in una perorazione orchestrale, per sovrapporsi ad una nuova idea tematica. Un secondo tema, esposto dai fiati, appare nella sezione centrale che conduce alla ripresa della prima parte qui presentata in forma di variazioni. Il movimento si conclude con la ripresa della seconda sezione e con una breve coda.
Il terzo movimento, Presto, costituisce il momento più brioso e danzante dell’intera sinfonia con il tema principale che, coinvolgendo l’intera orchestra con il suo carattere gioioso, dissipa le nubi di tristezza del movimento precedente. Su un pedale di dominante tenuto dai violini viene esposto il tema del Trio (Assai meno presto) che, dopo la ripresa della prima parte, ritorna nuovamente. Una seconda ripresa della prima parte, seguita da una coda, conclude il movimento. Lo stesso clima festoso informa il quarto movimento, Allegro con brio, in forma-sonata, con un primo tema brillante in sedicesimi affidato ai primi violini, a cui si contrappone il secondo, di carattere trionfale, affidato ai fiati. Tutto il movimento appare come un tourbillon senza pausa che esprime, in una scrittura orchestrale quasi sempre piena, una gioia sfrenata.
Sinfonia n. 8 in fa maggiore op. 93
Allegro vivace e con brio – Allegretto scherzando – Tempo di Minuetto – Allegro vivace
Durata: 26’ca
Unica tra le nove sinfonie di Beethoven a non avere una dedica, l’Ottava nacque in un periodo particolarmente intenso della vita del compositore, dal momento che, pur essendo stata iniziata insieme alla Settima nel 1811, fu completata tra giugno e ottobre del 1812. In questo periodo Beethoven si trovava in Boemia dove era andato su consiglio del medico per guarire da alcuni disturbi all’apparato digerente. A Praga, dove giunse il 2 luglio, aveva molto probabilmente appuntamento con Josephine Brunswick alla quale, secondo una tesi piuttosto plausibile anche se più volte messa in discussione, avrebbe scritto tra il 6 e il 7 luglio, mentre si trovava Teplitz, la famosa lettera piena di passione, All’amata immortale, mai spedita e ritrovata soltanto dopo la sua morte insieme al Testamento spirituale di Heilingestadt. A Teplitz poche settimane dopo, grazie all’interessamento di Bettina Brentano, Beethoven ebbe la possibilità di conoscere e frequentare per tre giorni, dal 19 al 21 luglio, Wolfgang Goethe suscitando nell’ormai sessantenne scrittore tedesco una certa impressione testimoniata in una lettera indirizzata alla moglie nella quale si legge:
“Ho imparato a conoscere Beethoven. Il suo talento mi ha sconvolto; sfortunatamente, però, egli è una personalità del tutto senza freni. Senza dubbio, non ha torto di trovare il mondo detestabile; però, così facendo, non lo rende affatto migliore né per sé né per gli altri. È veramente da scusare e molto da compiangere, poiché il suo udito lo abbandona, e questo è un fatto che danneggia forse meno la parte musicale del suo essere che quella sociale”.
Durante quell’intensa estate Beethoven, dopo aver soggiornato per breve tempo a Karlsbad, si stabilì a Franzesbad, presso le cui terme cercò di curare la sua malferma salute; durante questo soggiorno probabilmente allietato dall’amore di Josephine Brunswick che certo aveva avuto l’opportunità di incontrare più volte durante questo periodo, egli lavorò alla sua Ottava sinfonia. Secondo un’ipotesi suggestiva avanzata da Marie-Elisabeth Tellenbach ma non suffragata da prove, la sinfonia sarebbe stata segretamente dedicata proprio alla donna il cui nome non poteva essere rivelato essendo sposata. La Tellenbach aveva creduto di individuare questa fantomatica dedica nel carattere boemo di alcune melodie della sinfonia che ricorderebbero la regione d’origine della Brunswick. Ad ottobre Beethoven, richiamato da problemi familiari, si recò a Linz e qui completò la sinfonia che fu eseguita con successo per la prima volta sotto la direzione dell’autore il 27 febbraio 1814 in un concerto il cui programma prevedeva la ripresa della Settima. L’Ottava fu concepita, quindi, in un periodo intenso ma felice per il compositore che espresse nella musica uno straordinario desiderio di evasione, lontano dalle tensioni dei precedenti lavori sinfonici. Manca, infatti, un tempo lento nel quale Beethoven generalmente dava sfogo al suo mondo spirituale, mentre la scelta di reintegrare il Minuetto al posto dello Scherzo e alcune suggestioni haydniane e mozartiane, più volte interpretate dalla critica come un’involuzione del suo stile, in realtà denunciano la voglia del compositore di giocare con le forme in un’ulteriore affermazione di vitalità e di forza.
Vitale e luminoso è il primo movimento, Allegretto vivace e con brio, in forma-sonata, che si apre con un tema cordiale e accattivante (Es. 1) al quale si contrappone un secondo tema ripetitivo piuttosto lungo e melodico, quasi di nenia (Es. 2), che è esposto nell’insolita tonalità di re maggiore, piuttosto che nella convenzionale dominante. Alla dominante appare, nella coda, un terzo soggetto dalla struttura asimmetrica e dalla doppia natura, ritmica nella prima parte e melodica nella seconda. Autentico protagonista dello sviluppo è il primo tema che passa nei vari strumenti in uno stile di conversazione che finisce per coinvolgere quasi tutte le famiglie orchestrali e si distingue per la raffinata scrittura contrappuntistica di alcuni passi. Il secondo movimento, Allegretto scherzando, oltre a richiamare alcune movenze dei Finali haydniani, è un’elegante burla che ha per oggetto l’ambiente musicale vicino al compositore e in particolar modo Johann Nepomuk Mälzel, inventore del metronomo, per il quale Beethoven avrebbe scritto, secondo quanto affermato da Schindler, nella primavera del 1812 un canone a 4 voci Ta, ta, ta, caro Mälzel, addio, vessillo del tempo, grande metronomo. Beethoven avrebbe poi trasferito questo tema nella sinfonia, ma la notizia, riportata da Schindler, è poco attendibile in quanto la scomparsa dell’autografo del canone non permette di stabilire se esso sia stato scritto nel 1812 o più tardi, dal momento che proprio quelle parole pronunciate da Beethoven risalirebbero al 1816. A rendere suggestiva questa ipotesi sono certamente l’accordo di si bemolle ribattuto da legni e corni che suggerisce onomatopeicamente il ta, ta, ta e il carattere umoristico dell’intero movimento, formalmente un Lied bipartito e con due temi dei quali il primo, affidato ai violini, è una stilizzata marcia ungherese, mentre il secondo appare di matrice popolare.
Il terzo movimento è un elegante Minuetto, che, secondo la Tellenbach, corrisponderebbe a un preciso omaggio a Josephine Brunswick, in quanto riporta lo stesso titolo del terzo movimento della Sonata op. 31 n. 3, composta nel 1802 e, come l’Ottava sinfonia, senza dedica, ma inviata in dono alla donna. Questo Minuetto è una pagina seria e compassata che nel Trio si stempera in un’atmosfera nostalgica di rimpianto e ironia. Richiami ad Haydn sono presenti nel Finale, Allegro vivace, dove, come è stato notato da Vincent D’Indy, appare un tema ungherese che, sempre a giudizio della Tellenbach, costituirebbe un ennesimo omaggio alla Brunswick. Tutto il movimento è pervaso da un sentimento di allegria che, oltre a riallacciarsi ai Finali delle sinfonie di Haydn e di Mozart, ricorda il carattere solare e burlesco di certe pagine rossiniane.