Catania, Teatro Massimo Bellini, Stagione lirica 2017
“MANON LESCAUT”
Dramma lirico in quattro atti su libretto di Domenico Oliva e Luigi Illica con interventi di Marco Praga, Ruggero Leoncavallo, Giacomo Puccini, Giulio Ricordi e Giuseppe Adami, tratto dal romanzo Histoire du chevalier des Grieux et de Manon Lescaut di Antoine François Prévost.
Musica di Giacomo Puccini
Manon Lescaut ALISA ZINOJEVA
Renato Il cavaliere Des Grieux MARCELLO GIORDANI
Lescaut GIOVANNI GUAGLIARDO
Geronte de Ravoir EMANUELE CORDARO
Edmondo STEFANO OSBAT
Musico SONIA FORTUNATO
Oste/Sergente ALESSANDRO ABIS
Comandante GIANLUCA FAILLA
Orchestra e Coro del Teatro Massimo Bellini di Catania
Direttore José Miguel Pérez-Sierra
Maestro del coro Ross Craigmile
Regia Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi (da un allestimento di Pier Francesco Maestrini)
Scene Fiorella Mariani
Costumi Francesco Folinea
Allestimento della Fondazione Teatro Massimo di Palermo
Catania, 26 marzo 2017
Assente dal palcoscenico del Teatro Massimo Bellini di Catania dal 2008, Manon Lescaut vi è ritornata nello stesso allestimento che l’aveva vista protagonista 9 anni fa e che era stato realizzato da Piefrancesco Maestrini con le scene di Fiorella Mariani e i costumi di Francesco Folinea; ripresi interamente da quell’edizione, sia le une che gli altri rappresentano nella loro eleganza abbastanza fedelmente un Settecento di maniera quasi da cartolina. Nel primo atto, come del resto anche negli altri tre, le scene seguono perfettamente le indicazioni delle didascalie con la rappresentazione di un vasto piazzale nei pressi della Porta di Parigi ad Amiens con un’osteria sulla sinistra, mentre sul fondo si vende un viale che accoglie una carrozza sulla quale arriva Manon con il Fratello. Nel secondo atto le eleganti scenografie portano il pubblico all’interno del salotto di Geronte, riccamente arredato con mobili d’epoca e un’alcova nascosta da pesanti cortine, mentre nel terzo atto l’ambientazione portuale è resa dalla presenza di un bastimento che campeggia sullo sfondo a destra della scena. Sulla sinistra, invece, si trova la caserma con una finestra caratterizzata da una grossa inferriata; infine nel quarto atto la landa desolata sembra molto simile al Grand Canyon con due massicci che si perdono in lontananza. Altrettanto eleganti e perfettamente coerenti con lo sviluppo della trama dell’opera, sono i costumi tipici di un ambiente aristocratico settecentesco nel secondo atto, ma poveri e dimessi nel terzo atto per quanto riguarda Manon e le sue compagne di sventura. In questa scenografia così tradizionale la regia firmata da Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi appare abbastanza fedele al dettato dell’opera evidenziando, per esempio, il carattere brioso degli studenti nel primo atto sia le movenze misurate dei musici e del maestro di Ballo nei cui atteggiamenti, però, è riscontrabile una forma di ironia nei confronti di un’eleganza tutta di maniera. Per il resto al centro delle scelte registiche è posta la figura tormentata di Des Grieux i cui movimenti sulla scena disegnano un’anima travagliata da una passione disperata e senza redenzione.
Passando dalla parte visiva a quella musicale, questa Manon si è segnalata per una concertazione nel complesso corretta per quanto attiene alla scelta dei tempi; riguardo alle sonorità, se, da una parte, il direttore José Miguel Perez Sierra ha accompagnato abbastanza bene le romanze di cui è disseminata l’opera, dall’altra, in certi passi, soprattutto in corrispondenza dei pieni orchestrali, ha certe volte soverchiato le voci dei cantanti, come è stato possibile notate nel finale del terzo atto. Assente nell’edizione di otto anni fa per un problema di salute che lo costrinse ad annullare tutte le recite, Marcello Giordani in questo appuntamento ritardato con il personaggio di Renato Des Grieux è stato protagonista di una buona performance sottolineata da un’autentica ovazione da parte del pubblico alla fine della rappresentazione. Nonostante sia stato soverchiato in qualche punto da un’orchestra un po’ troppo invadente, ha dispiegato con sicurezza la sua bella voce e si è mostrato attento al fraseggio. Convincente dal punto di vista interpretativo è stata anche la prova di Alisa Zinovjeva nel ruolo dell’eponima protagonista, sebbene la voce abbia mostrato qualche opacità nel registro grave soprattutto nel primo atto. L’artista, però, è stata protagonista di un’interpretazione che è progressivamente migliorata nel corso della rappresentazione e si è distinta per un’elegante interpretazione della romanza In quelle trine morbide del secondo atto e di Sola… perduta, abbandonata che ha strappato degli applausi a scena aperta. Dotato di una voce omogenea, Giovanni Guagliardo ha interpretato il ruolo di Lescaut in modo corretto evidenziando una buona padronanza del canto di conversazione, così come del resto ha fatto Emanuele Cordaro (Geronte). Valido l’apporto di Alessandro Abis (Oste e Sergente), Stefano Osbat (Edmondo) e Gianluca Failla (Il comandante). Una menzione a parte va fatta per Sonia Fortunato, che già apprezzata per le sue dote vocali nella parte di Isoletta nella Straniera, ha esibito delle ottime qualità di recitazione nelle vesti del Musico. In splendida forma, infine, il Coro del teatro del capoluogo etneo ben diretto e preparato da Ross Craigmile.