“Ariodante” alla Stuttgart Staatsoper

Stuttgart, Staatsoper, Stagione Lirica 2016-2017
“ARIODANTE”

Dramma per musica in tre atti. Libretto anonimo, tratto da un testo di Antonio Salvi basato su alcuni episodi dell’ Orlando Furioso di Ariosto.
Musica di Georg Friedrich Händel
Il Re di Scozia MATTHEW BROOK
Ginevra ANA DURLOVSKI
Dalinda JOSEFINE FEILER
Ariodante DIANA HALLER
Lurcanio SEBASTIAN KOHLHEPP
Polinesso CHRISTOPHE DUMAUX
Odoardo PHILIPP NICKLAUS
Orchestra della Staatsoper Stuttgart
Direttore Giuliano Carella
Regia e Drammaturgia Jossi Wieler, Sergio Morabito 
Scene e costumi Nina von Mechow
Luci e Video Voxi Bärenklau
Drammaturgia Werner Hintze, Juliane Votteler, Jens Schroth
Stuttgart, 5 marzo 2017
La Staatsoper Stuttgart prosegue la sua attività con una bella esecuzione dell’ Ariodante di Händel, quarto nuovo allestimento della stagione in corso. Prima dello spettacolo, come accade da qualche anno, l’ Intendant Jossi Wieler ha illustrato alla stampa le linee generali del programma per la prossima stagione, che sarà l’ ultima della sua gestione e comprenderà cinque nuove produzioni. Per la serata inaugurale Kirill Serebrennikov, il regista cinematografico russo autore della geniale messinscena di Salome che qui ha ottenuto uno tra i più grandi successi degli ultimi anni, tornerà a Stuttgart per allestire Hänsel und Gretel di Engelbert Humperdinck, con Diana Haller e Josefine Feiler nei ruoli principali. Seguirà agli inizi di dicembre la Medée di Cherubini con Simone Schneider come protagonista e la regia di Peter Konwitschny, eseguita secondo la versione originale della partitura e in lingua tedesca. Nel mese di marzo del prossimo anno Giuliano Carella dirigerà il Don Pasquale allestito da Wieler e Morabito, con Ana Durlovski come Norina ed Enzo Capuano nella parte del protagonista. Le ultime due produzioni saranno dedicate a lavori contemporanei. A fine aprile andrà in scena il dittico formato da Il Prigioniero di Luigi Dallapiccola e Das Gehege di Wolfgang Rihm con la regia di Andrea Breth, spettacolo realizzato in coproduzione con il Theatre la Monnaie di Bruxelles. La stagione si concluderà con la prima esecuzione assoluta di un’ opera commissionata al compositore giapponese Toshio Hosokawa su un testo dello scrittore Marcel Beyer, recente vincitore del Georg-Büchner-Preis 2016, dal titolo provvisorio Das Erdbeben in Chili. Con questo allestimento, firmato da Jossi Wieler e Sergio Morabito, si concluderà anche il mandato di Sylvain Cambreling come Generalmusikdirektor prima dell’ insediamento ufficiale di Cornelius Meister, suo successore designato alla guida musicale della Staatsoper.
Veniamo adesso a dar conto dell’ Ariodante, che è stato accolto da un grande e meritato successo di pubblico. L’ opera, composta da Händel nel 1735 per il Covent Garden, non ebbe alcune circolazione negli anni successivi e fu ripresa solo nel 1922 proprio dalla Staatsoper Stuttgart, che ne curò la prima esecuzione assoluta in tempi moderni. Senza dubbio il testo, di ispirazione ariostesca, presenta una struttura drammatica abbastanza convenzionale e debole nella caratterizzazione dei personaggi rispetto a capolavori händeliani come Alcina, Rinaldo, Orlando, Agrippina, Giulio Cesare o Tamerlano. Le arie sono quasi sempre di fattura squisita e alcune di esse appartengono senza dubbio ai massimi esiti raggiunti in campo operistico dal compositore di Halle ma la qualità altissima della musica, a mio avviso, spesso non riesce a vivificare un plot abbastanza convenzionale basato su un inganno amoroso realizzato tramite uno scambio di identità e risolto in maniera abbastanza prevedibile. Di fronte a questo problema, Jossi Wieler e Sergio Morabito hanno scelto di partire dalla vicenda originale per mettere in scena la nascita di uno spettacolo e la preparazione degli attori durante le prove. Quello che si vede sulla scena rappresenta una dimostrazione pratica dei mezzi con cui l’ artificiosità del meccanismo teatrale può arrivare a muovere gli affetti, sottolineata anche dalla lettura di alcuni brani di Rosseau sull’ arte attoriale, durante le danze che chiudono i tre atti dell’ opera. L’ idea è sicuramente non banale e dà vita a uno spettacolo senza dubbio logico e convincente nel suo assemblare elementi moderni con altri più convenzionali come accade per esempio alla fine, quando tutti i protagonisti indossano costumi barocchi tranne Ginevra, che come vittima innocente dell’ inganno fortunatamente non realizzato si rifiuta di partecipare alla catarsi. Non sono un adoratore del Regietheater ma se una messinscena è realizzata in modo coerente e comprensibile come questa io non ho nulla da obiettare. Però un appunto che mi sento di muovere è costutito dal fatto che lo spettacolo a volte si presenta abbastanza sovraccarico, con elementi come il ring da wrestling dove si svolge il duello ordalico tra Lurcanio e Polinesso che si potevano forse omettere. Ad ogni modo, lo spettacolo era sicuramente interessante da guardare e originale nella concezione, senza stravolgere il contenuto drammaturgico; questo e non altro io chiedo a un regista indipendentemente dai mezzi che adopera.
Dal punto di vista della realizzazione musicale invece non c’ è da fare alcun rilievo a un’ esecuzione davvero di alta qualità, sicuramente degna di reggere il confronto con quelle dei grandi teatri europei. Merito innanzi tutto della direzione di Giuliano Carella, che ha fornito un sostegno strumentale splendido ai solisti sia per la bellezza degli impasti strumentali ottenuti da un’ orchestra concentratissima che per l’ equilibrio e il respiro perfetti di accompagnamenti che hanno messo le voci in grado di esprimere il meglio delle loro qualità. Una grande interpretazione, che conferma una volta di più la classe di un direttore che in Italia non è apprezzato per quello che vale e qui a Stuttgart ci sta regalando una serie di esecuzioni notevolissime. Per quanto riguarda la compagnia di canto, la serata ha segnato innanzi tutto la definitiva consacrazione di Diana Haller che nel ruolo del protagonista ha ottenuto i maggiori consensi del pubblico. La giovane cantante fiumana ha dato una prova splendida e completa delle sue possibilità sia nello stile patetico di “Scherza, infida, in grembo al drudo”, dove ha messo in mostra un legato di altissima scuola, che nella coloratura vertiginosa e spettacolare di arie come “Tu preparati a morire”, eseguita con variazioni spettacolari e di grande effetto. Da tempo io sono convinto delle potenzialità artistiche che questa giovane cantante dimostra di possedere e questa interpretazione di Ariodante conferma che Diana Haller può legittimamente ambire a una posizione di primo piano come interprete del repertorio belcantistico. Ana Durlovski come Ginevra ha fornito una bella prova di fraseggio e di sicurezza tecnica nel realizzare la difficile scrittura vocale di un ruolo concepito per una fuoriclasse come Anna Maria Strada del Pò, per la quale Händel scrisse anche i ruoli di Cleopatra, Angelica e Partenope. Il soprano macedone, che qui a Stuttgart è divenuta una delle beniamine del pubblico, possiede la tecnica di coloratura adatta per questa musica e la capacità di rendere elettrizzante il virtuosismo. I suoi duetti con Diana Haller, soprattutto “Se rinasce nel mio cor”, sono stati tra i momenti musicalmente migliori della serata. Anche la parte di Dalinda fu ideata da Händel per una cantante illustre, il soprano inglese Cecilia Young che fu la moglie del compositore Thomas Ades e collaborò con il musicista tedesco nelle esecuzioni di molti suoi oratori. Josefine Feiler, giovane cantante sassone passata in due anni dall’ Opernstudio a membro stabile dell’ ensemble di Stuttgart, ha dato una prova davvero sorprendente in questo ruolo per sicurezza vocale, abilità virtuosistica, vivacità di fraseggio e talento drammatico. Eccellente anche il Lurcanio del tenore tedesco Sebastian Kohlhepp, cantante che io ho più volte apprezzato nel repertorio sacro settecentesco per la competenza stilistica e l’ abilità nello scolpire la frase. Il basso inglese Matthew Brook, interprete illustre del repertorio barocco, è stato un Re di Scozia senza dubbio molto autorevole anche se la voce risente abbastanza dell’ usura dovuta all’ avanzare del tempo. Il controtenore Cristophe Dumaux, interprete di Polinesso, ha una voce senza dubbio notevole per proiezione e sonorità rispetto ai colleghi della sua corda e fraseggia con un ottimo senso dello stile. Tuttavia mi ha lasciato abbastanza perplesso la decisione di affidare a una voce di falsettista questo ruolo, che fu composto da Händel per il contralto Maria Caterina Negri. Detto questo, la prova di Dumaux è stata senza dubbio assai buona e si è integrata alla perfezione in un cast che ha reso piena giustizia alla musica e ha trascinato all’ entusiasmo il pubblico della Staatsoper, quasi completamente gremita, che alla fine ha applaudito a lungo tutti gli interpreti. Un vero e proprio trionfo, tranne che per un paio di fischi indirizzati alla regia. Foto © Christoph Kalscheuer