Ludwig van Beethoven (Bonn 1770 – Vienna 1827)
Sinfonia n. 4 in si bemolle maggiore op. 60
Adagio, Allegro vivace – Adagio – Allegro molto e vivace – Allegro ma non troppo
Durata: 34’ca
“Beethoven diede, nella residenza del principe Lobkovitz, due concerti nei quali non vennero eseguite se non sue proprie composizioni; ovverosia le sue prime quattro sinfonie, una ouverture al dramma Coriolano, un Concerto per pianoforte e alcune arie dell’opera Fidelio. Ricchezza di idee, originalità audace e pienezza di vigore, pregi unici della Musa beethoveniana, si presentarono in questi concerti in tutta chiarezza; certo qualcuno biasimò l’aver trascurato una schietta semplicità e l’affastellarsi fin troppo prolifico delle idee, che per la loro moltitudine non sono sufficientemente lavorate e connesse fra loro, e perciò più sovente suscitano come l’effetto di un diamante non levigato”.
Questa corrispondenza da Vienna, pubblicata nel mese di aprile del 1807 dal «Journal des Luxus und der Moden» di Weimar, è una delle prime recensioni della Quarta sinfonia di Beethoven eseguita per la prima volta in un’accademia privata nel salotto del principe Lobkovitz nel mese di marzo dello stesso anno, e, nello stesso tempo, una testimonianza del progressivo allontanamento del pubblico e della critica dalla musica di Beethoven. Dopo la Prima sinfonia, apprezzata dalla critica contemporanea, l’evoluzione della scrittura sinfonica beethoveniana aveva prodotto una frattura tra il compositore e i giornali che dalle loro colonne stroncavano senza appello le sue opere con giudizi, poco condivisibili, che ponevano l’accento sul carattere complicato della sua musica. Se non sorprende, quindi, il giudizio del «Journal des Luxus und der Moden», che si allineava ai commenti prevalenti sulla musica di Beethoven, incomprensibile e alquanto sconcertante appare, invece, quello di Carl Maria von Weber che si espresse così a proposito di questa sinfonia: “All’inizio un movimento lento, pieno di idee spezzate, dove nessuna è in rapporto con le altre! Ogni quarto d’ora, tre o quattro note! Poi un rullo di timpani, e misteriose frasi delle viole, il tutto ornato da una folla di pause e di silenzi […]. Beethoven in questa Sinfonia ha voluto sottrarsi a ogni regola, anche perché la regola incatena soltanto il genio”.
Eppure la prima esecuzione pubblica della sinfonia, avvenuta in un concerto di beneficenza il 15 novembre 1807 all’Oftheater di Vienna sotto la direzione dell’autore, aveva ottenuto un discreto successo presso il pubblico che evidentemente non si era ancora del tutto schierato con i detrattori del compositore di Bonn; l’amico Schindler scrisse a proposito di questa prima esecuzione: “La Sinfonia ha prodotto una viva impressione sull’uditorio. Il successo è stato ancor più incisivo di quello ottenuto, otto anni or sono, dalla Prima Sinfonia”.
Il pubblico aveva smentito i giudizi della critica, che non molto tempo dopo, dalle colonne dell’autorevole «Allgemeine Musikalische Zeitung», mostrò di comprendere questa sinfonia composta in un periodo particolarmente felice della vita di Beethovene che, ospite nelle tenuta degli amici Brunsvik a Martonvasar, aveva potuto lavorare con una certa serenità dovuta anche al fidanzamento con la contessa Therese von Brunsvik. La Sinfonia, iniziata nell’estate del 1806, fu ultimata nel mese di novembre dello stesso anno come si arguisce dalla documentazione relativa al pagamento di 500 fiorini, somma corrisposta dal conte Oppersdorf, dedicatario dell’opera, per la sua composizione.
Definita da Schumann una slanciata fanciulla greca tra due giganti nordici, rappresentati dall’Eroica e dalla Quinta, la Quarta sinfonia ha un carattere leggero e gioioso, ben preparato quest’ultimo da un intenso e misterioso Adagio introduttivo; questo Adagio, il più lungo dell’intera produzione sinfonica beethoveniana, dà l’impressione di un forte immobilismo reso perfettamente dal pedale di tonica sul quale gli archi introducono un tema in si bemolle minore che produce un clima di inquietante attesa risolta nell’esplosione dell’Allegro vivace in forma-sonata. Il primo tema (Es. 1) che, esposto nella parte iniziale dai violini e completato dai legni, è un’espressione di gioia pura, mentre il secondo in fa maggiore (Es. 2), affidato in successione al fagotto, all’oboe e al flauto, ha un andamento arcadico. Molto bella è, infine, la coda dell’esposizione nella quale appare in canone una terza idea tematica, derivata dalla seconda, esposta prima dal clarinetto e dal fagotto e, poi, declamata a piena orchestra. La parte iniziale del primo tema informa lo sviluppo, mentre la ripresa, a cui segue una breve coda, appare piuttosto tradizionale.
Il secondo movimento, Adagio, è una pagina di straordinaria bellezza per una struttura melodica che Richard Strauss non mancò di definire preziosa; dal punto di vista formale il movimento ha una struttura tripartita con due temi dei quali il primo è esposto dai violini e il secondo dal clarinetto il cui timbro è trattato con una sensibilità preromantica. Il terzo movimento, formalmente uno Scherzo, nonostante non sia segnalato in partitura, conferma, con il suo andamento rapido, il tono gaio e sereno dell’intera sinfonia; il Trio si basa su un tema, esposto, come da tradizione, dai fiati (legni e corni) di carattere bucolico. Il carattere gaio, che caratterizza il terzo movimento, informa anche l’ultimo, Allegro ma non troppo, che si distingue per l’accurata orchestrazione e per un brillante disegno di semicrome che innesca un moto perpetuo circoscritto nella struttura della forma-sonata.