“Nijinski” di Marco Goecke al Teatro Ponchielli di Cremona

Cremona, Teatro Ponchielli, Danza, XXIX edizione
“NIJINSKI”
Gautier Dance Company Theaterhaus Stuttgart
Coreografia Marco Goecke
Drammaturgia Esther Dreesen-Schaback
Musiche Frédéric Chopin, Claude Debussy
Scene e costumi Michaela Springer
Luci Udo Haberland
Cremona, 11 febbraio 2017

Volendo riprendere il nome che si dà al genere di film biografici (biopic), questo spettacolo potrebbe ben essere nominato “Biodance”. Si tratta, infatti, della messa in scena in dieci coreografie di altrettanti episodi della vita del grande ballerino dei balletti russi, nato a Kiev. Nijinski, interpretato dall’ottimo Rosario Guerra, Miglior Interprete “Danza&Danza2016”, e da altri quindici danzatori, è come un film muto degli anni ’20: tutto make-up, rincorse a scatti e pose plastiche di personaggi, come lui,trasgressivi, seduttori e ambigui. Il Nijinski di Goecke (già premiato) è forse fin troppo didascalico nel voler guidare gli spettatori nella storia e fin troppo raccontato, con voce narrante, che non lascia liberi di intuire, né di avvertire quel phatos emotivo che, a nostro avviso, ci si sarebbe aspettato. Per questo ci risulta opinabile la scelta di evitare le luci drammatiche per prediligere quelle soffuse, concettualmente più rievocative, ma che mal si addicono alla diegesi.
Un valore aggiunto però, già metacinematografico, lo riconosciamo alla danza per la facoltà di portare in scena la vicenda di questo grande ballerino classico con la medesima arte di cui è stato uno dei maggiori innovatori. Allora è godibile la maestria dei repertori di passi negli ensemble e nei duo; ripetuti ed esasperati in un refrain in perfetta sintonia ed enfasi con i brani di Chopin (“Piano Concerto No. 1 in E Minor”) e di Debussy (“L’après-midi d’un faune”). Le musiche di Nijinski risuonano insomma protagoniste per il fatto di essere state commissionate da quel Djagilev (David Rodriguez), noto impresario teatrale, che ci piace sempre ricordare nella splendida “Prospettiva Nevskij” di Battiato (“guardavamo con le facce assenti la grazia innaturale di Nijinskj. E poi di lui s’innamorò perdutamente il suo impresario e dei balletti russi”), a cui ci riferiamo per la maestria nel raccontare per immagini.
Nijinski è teatro danza che porta sul palco la storia di un’anima bella, tanto autentica e pura quanto vittima del successo che dall’esasperata mania di perfezionismoconduce alla schizofrenia; alla mania di persecuzione. L’indimenticabile interprete de “La sagra della primavera”, al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, è uno spirito libero bagnato dalla pioggia di petali rossi come pioggia pentecostale che discende su chi si fa portavoce di una volontà.
Bello il senso di ri-nascita e consacrazione all’arte che lo coinvolge nei riguardi della dea Tersicore (Grazi Perez Olariz): quei sostegni del corpo che lo modellano e lo accompagnano alla missione di vita per la danza. Viene alla mente la chiamata di Dio per Sant’Agostino, simbolo anch’egli di quella che vorremmo fosse praticata da ogni talento: la perseveranza. L’autore de “Le confessioni” ci ha insegnato che la conoscenza è raggiungibile con la ragione, con l’intelligenza e con la fede, aggiungiamo noi, nelle proprie capacità, che per Nijinski si esplicano nel virtuosismo delle sue caratterizzazioni.
Braccia, mani, segni a spirale che richiamano quelli del volto: sopracciglia e bocca (e le volute dei baffi disegnati) che fa smorfie teatrali, ora tristi poi felici, tuttavia malinconiche e sofferte, come il canto degli ebrei nel “Nabucco”, qui nella  “Russian Lullaby” di Irving Berlin, cantata a bocca chiusa.