Con le ultime 19 lettere di licenziamento muore il Corpo di Ballo dell’Arena di Verona, a dispetto di tutto. A dispetto delle proteste dei danzatori, delle apologie, degli incassi. Sì, perché le motivazioni economiche addotte non solo non trovano riscontro nei fatti, ma si rafforzano dell’indifferenza e dell’inettitudine delle Istituzioni che sanno solo chiedere e mai difendere i cittadini e i lavoratori. Una lenta agonia, quella della Danza in Italia, che sta pericolosamente toccando i corpi di Ballo delle nostre Fondazioni lirico-sinfoniche che, di contro, dovrebbero essere il fiore all’occhiello della nostra cultura e produzione artistica, anche perché vantano continui successi di botteghino. Ma finché tra le dirigenze di queste Fondazioni non ci saranno persone formate innanzitutto da un punto di vista culturale e che sappiano trasformare in marketing efficace i potenziali artistici della nostra nazione, l’Italia perderà una identità che potrebbe essere fonte inesauribile di gloria, oltre che una risorsa economica non da poco. Perché in questo modo si distrugge lentamente anche la microeconomia dei centri dove i giovani si avviano allo studio di un’arte e la stessa istituzione ministeriale di indirizzi scolastici a indirizzo musicale-coreutico non trova ragion d’essere, in uno Stato non pensa a dare lavoro nel settore. Ancor più grave è che gli italiani si lascino privare del futuro e non si indignino contro chi vuole distruggere il nostro Paese. Si guardino gli esempi virtuosi all’estro e a casa nostra. Milano, Roma, Napoli e Palermo rimangono i soli Corpi di Ballo attivi, dove, con più o meno problemi, si nominano étoiles, primi ballerini, ci sono nuove produzioni. Ma l’Italia, per lo straordinario numero di Teatri storici che possiede, dovrebbe fare dell’arte un punto forte della propria economia. Se questo non accadrà, in nome di una logica pseudo-economica che non può funzionare in un Paese come il nostro, saremo destinati a ritornare servi di qualcuno.