Nicolai Gedda (Stoccolma, 11 luglio 1925 – 8 gennaio 2017)
Con il baritono Dietrich Fischer-Dieskau è sicuramente stato il cantante più attivo in ambito discografico. Già dagli anni ’50, Gedda ha offerto ottime prove nei Pescatori di perle, Faust, Boris Godunov e nei Racconti d’Hoffmann, imponendosi come protagonista anche negli anni a venire e oltre, ad avvenuta maturazione del timbro e degli obiettivi (ma forse, deve supporsi, anche in ragione del progressivo estinguersi dell’agguerrita concorrenza tenorile degli inizi). Gli si devono comunque ascrivere all’attivo già da quei primi anni prove lusinghiere in un repertorio lirico assai vasto, ma anche nell’operetta, liederismo e concertistico in genere. A partire dagli anni Sessanta, l’irrobustimento dello strumento e una più precisa cognizione del dettato emotivo hanno permesso a Gedda di far valere con maggior consapevolezza ed efficacia le corde non esigue del proprio magistero e di allargare ancor di più il repertorio, sfruttando il bel colore lucente e l’estensione di base, già inizialmente ragguardevole (non a caso è stato già dagli inizi impegnato come tenore “contraltino”).
Lo strumento di Gedda è servito dunque a farsi spesso latore di apprezzabili proposte melodrammatiche, rese peraltro ancor più convincenti da una dizione sempre accuratissima (Gedda cantava con disinvoltura in svariate lingue) benché fosse accusato di essere “freddo”. In realtà il canto del tenore svedese è sempre stato seducente, ma anche nobilmente eroico: il suo Arnoldo nel Tell, malgrado le asperità della parte (l’incisione in disco lo vede poi abbastanza avanti con gli anni), è un saggio vocale irreprensibile per scolpitezza d’accento, purezza e potenza di squillo. Certo, il meglio di questo cantante va tutto ricercato nel repertorio francese e affine: precisa scansione degli accenti, naturale confidenza con la lingua, gioco espertissimo della dinamica, e soprattutto possibilità di ovviare a quel limite di “calore” e di “aggressività”, per la tendenza del canto francese alla levità del tratto e dell’effusione, qualità idonee a fare risaltare Gedda in modo che oggi quasi potremmo definire ineguagliato: Gounod, Bizet, Adam, Offenbach, Massenet… Per non dire poi della mirabile aderenza al canto berlioziano, manifestata in tante occasioni, teatrali e discografiche. Affascinanti anche i suoi approcci al mondo del lied e dell’operetta. Chi scrive lo ricorda inoltre come Lenskij nell’Onegin di Ciaikovskij al Comunale di Firenze, dove ottenne un meritato trionfo personale per l’accoratezza elegiaca del timbro, sempre suadente, e la malía pressochè intatta delle mezzevoci.