Venezia, Teatro La Fenice: Marek Janowski trionfa con Brahms, Schubert e Schumann

Venezia, Teatro La Fenice, Stagione sinfonica 2016-2017
Orchestra del Teatro La Fenice
Direttore Marek Janowski
Johannes Brahms: “Akademische Festouvertüre” in do maggiore op. 80
Franz Schubert: Sinfonia n. 3 in re maggiore D 200
Robert Schumann: Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 97 Renana
Venezia, 27 febbraio 2017     

Una serata di festa si è svolta di recente al Teatro La Fenice nel quadro dell’attuale stagione sinfonica: festosa innanzi tutto per il carattere prevalente dei titoli in programma – il primo era emblematicamente l’Akademische Festouvertüre di Brahms –, ma anche per l’impostazione direttoriale di Marek Janowski – uno dei grandi maestri della tradizione musicale tedesca –, tesa a trarre dalle partiture il più puro edonismo sonoro, attraverso una lettura che privilegiava la sintesi, evitando ogni pesantezza o ridondanza, pur senza rinunciare a cesellare ogni particolare.
L’ Akademische Festouvertüre – composta in brevissimo tempo nell’estate 1880 – fu concepita da Brahms  come ringraziamento rivolto all’Università di Breslavia, che l’anno prima gli aveva conferito la laurea honoris causa in filosofia. Si tratta di un lavoro scritto a scopo di puro divertimento, per il quale, nonostante il ben diverso impegno concettuale, è previsto lo stesso organico delle sinfonie, con in più triangolo, piatti e grancassa – gli ingredienti della cosiddetta “musica alla turca” – per riprodurre una chiassosa festa goliardica. Una grande festa, appunto, si è sentita nell’orchestra, che ha dimostrato incredibile coesione e affiatamento, sfoggiando una scherzosa leggerezza, nonché un suono teso e cristallino, a dar vita e vigore a questa sorta di rapsodia di temi tratti da canti studenteschi e patriottici, in cui l’uso del contrappunto, l’ampliamento della tessitura (con l’aggiunta dell’ottavino e del controfagotto), il potenziamento delle percussioni contribuiscono a produrre effetti scanzonati e umoristici.
Una grande leggerezza, unita ad una profonda comprensione della partitura, si è apprezzata, analogamente, nella Sinfonia n. 3 di Schubert, che vide la luce nel 1815, l’anno più fecondo per il grande musicista viennese, nel quale nacquero duecento composizioni su un totale di mille portate a termine nell’arco della sua breve vita. Una leggerezza di stampo haydniano o mozartiano ha percorso l’esecuzione di questa, che è la più breve tra le sinfonie schubertiane, nel corso della quale l’orchestra, sapientemente guidata dal gesto di Janowski, ha dimostrato finezza e maturità interpretativa sia nell’insieme sia per quanto riguarda i singoli strumenti, in particolar modo i legni: dopo l’Adagio maestoso, che funge da breve introduzione, nel seguente Allegro con brìo il clarinetto ha aperto il discorso intonando con leggerezza un tema dall’arguzia rossiniana; poi un altro legno, l’oboe, ha esposto con garbo il secondo tema, derivato dal primo. Alla grazia del successivo Allegretto, nella cui sezione centrale è emerso il tema liederistico del clarinetto, si è affiancato il tono agreste del Minuetto, dall’anomala accentazione ritmica, con il Trio costituito da un piccolo landler, affidato ad oboe e fagotto. Una leggerezza frenetica ha percorso l’Allegro vivace in 6/8, una pagina scintillante che sembra evocare Rossini e preannuncia la solarità della Sinfonia Italiana di Mendelssohn.
In un periodo felice dal punto di vista creativo si inserisce anche la Terza Sinfonia di Schumann (in realtà l’ultima, perché la Quarta era già stata  ultimata nel 1841), composta a Düsseldorf, dove il sommo maestro, nel 1850, si trasferì con la famiglia, per assumere la prestigiosa carica di direttore dei concerti: nella città renana, a contatto con gente semplice e cordiale, ebbe inizio, dunque, per lui un breve periodo di serenità, per non dire di entusiasmo. Di questo clima interiore risente la Terza Sinfonia, composta appunto verso la fine dello stesso 1850 e in cui si rispecchia, come indica il titolo “Renana”, l’esperienza vissuta da Schumann sulle sponde del fiume cantato da Heine, il poeta nativo di Düsseldorf, morto nello stesso anno del compositore. Quest’ultimo definì, in un primo momento, la sinfonia “Un quadro di vita sul Reno” e pose in epigrafe al quarto movimento l’indicazione “Come accompagnando una solenne cerimonia” (si riferiva alla cerimonia di investitura a cardinale dell’arcivescovo di Colonia, cui aveva effettivamente assistito nel duomo, il 12 novembre 1850). Ma questi riferimenti extramusicali – poi rigettati dallo stesso autore – non possono sminuire il valore universale di questa musica, che va ben al di là della mera intenzione descrittiva o impressionistica, pur rimanendo fortemente improntata ad una festosa e solenne celebrazione del Reno e della patria tedesca.
Questo carattere affermativo e fondamentalmente gioioso ha costituito la cifra distintiva dell’interpretazione offerta da Janowski. Lo si è sentito nel primo movimento, Vivace, nella tonalità dell’Eroica (mi bemolle maggiore), dominato, fin dall’inizio, da un tema prorompente, che procede del tutto libero da un periodare rigidamente simmetrico, scomponendosi via via nei suoi elementi ritmici e intervallari, variamente colorato armonicamente e polifonicamente elaborato: esempio tipico del concetto di monotematismo in Schumann.
Affiatamento e buon gusto hanno caratterizzato lo Scherzo (Molto moderato), dove si sono messi in luce  fagotti, viole e violoncelli, che col suo ritmo di Ländler è un delicato omaggio a Schubert, e il terzo movimento, Non veloce, un intermezzo in cui hanno predominato i legni, in particolare i clarinetti, mentre nel movimento successivo, Solenne, ha primeggiato, per nitore di suono e intonazione, la sezione degli ottoni, cui è affidata una sorta di inno polifonico, anticipando una caratteristica che sarà peculiare dell’orchestra di Bruckner; un inno che forse ha un po’ sofferto dello stacco di tempi alquanto veloci, che peraltro ha contrassegnato l’intera esecuzione. Lo slancio del primo tempo è tornato nel movimento finale (Vivace), che ne riprende  alcuni spunti tematici, dando vita ad una danza vorticosa, che si è chiusa in un tono grandioso e affermativo. Grandiose e affermative anche le manifestazioni di approvazione da parte del pubblico, che ha decretato al maestro Janowski un vero trionfo.