Modena, Teatro Comunale: “Gianni Schicchi”

Modena, Teatro Comunale “Luciano Pavarotti”, Stagione d’opera 2016/2017 
“GIANNI SCHICCHI”
Opera in tre atti su libretto di Giovacchino Forzano
Musica di Giacomo Puccini
Versione per orchestra da camera di Ettore Panizza
Gianni Schicchi SERGIO VITALE
Lauretta AYSE SENER*
Zita SHAY BLOCH*
Rinuccio ALFONSO ZAMBUTO
Gherardo GiIOVANNI CASTAGLIUOLO*
Nella HARUKA TAKAHASHI*
Gherardino EMILIO PELLEGRINO
Betto di Signa FELIPE CORREIA OLIVEIRA
Simone MASSIMILIANO CATELLANI
Marco FRANCESCO SOLINAS*
La Ciesca YUE FEI*
Maestro Spinelloccio/Guccio ALEX MARTINI*
Messer Amantio di Nicolao notaro LORENZO MALAGOLA BARBIERI
Pinellino CIHAN ÖZMEN*
Orchestra dell’Opera Italiana
Direttore Stefano Seghedoni
Regia Stefano Monti
Scene Rinaldo Rinaldi
Luci Andrea Ricci
* Giovani allievi del corso di alto perfezionamento “Produzione lirica in teatro: corso per cantanti”, promosso dalla Fondazione Teatro Municipale di Modena (docente principale: Mirella Freni)
Nuovo allestimento della Fondazione Teatro Comunale di Modena
Modena, 15 gennaio 2017
Guai a non rispettare le gerarchie nell’opera, però il melodramma è anche lavoro di squadra. E Gianni Schicchi è opera arcicorale: ardito ma saggio utilizzarla come banco di prova finale di un nuovo laboratorio modenese condotto da Mirella Freni. Anche perché nello Schicchi c’è tutto: lo slancio melodico, il declamato, il canto di conversazione, mille frammenti di concertato. I giovani della masterclass più qualche aggiunto fanno da compagnia di canto e si fanno le ossa. La differenza con chi è già del mestiere si sente, dacché agli aspiranti artisti lirici servirebbe più fluidità, meno rigido solfeggio, più disinvoltura d’attore. Ma ad amalgamare la doppia matrice del cast pensano le sapienti mani registiche di Stefano Monti, complice una cornice scenica a pareti sghembe degna d’un Fritz Lang, pronta a raccendersi di rosse espressionistiche luci e a riempirsi del frenetico andirivieni dei personaggi, nevrotiche blatte kafkiane. Della nidiata della Freni esce anzitutto la coppia d’amorosi. Alfonso Zambuto è un Rinuccio abbagliante nella salita al si acuto prima dell’aria, ma (timor di pubblico?) ha spesso una gran fretta di finir le frasi e nasalizza qualche suono di troppo. Come che sia, è una voce da tener d’occhio. Lauretta ha la voce di Ayse Sener, da ispessire col tempo nei centri e da affinare in rotondezza. Fra gli altri, spicca per pienezza di suono il Gherardo di Giovanni Castagliuolo, ha bel timbro ma pronuncia migliorabile il Betto di Felipe Correia Oliveira, mentre Shay Bloch, pur portando a casa la pelle nel non semplice ruolo della Zita, si gioverebbe forse di registri più omogenei.  Schicchi è qui interpretato da Sergio Vitale, che invece di palcoscenico ne sta masticando parecchio: potente, solido, inizialmente un filo affaticato dalla prima recita del sabato sera, acuti non grandi ma sicuri e intonati, piacevole nell’imitazione di Buoso e nel parlato. Si distinguono poi il Simone tonante di Massimiliano Catellani, mentre caldo medium e nobile pronuncia del latino sono gli assi del Notaio di Lorenzo Malagola Barbieri. In buca Stefano Seghedoni vorrebbe sottolineare le asprezze postormantiche della partitura, ma perlopiù marca a tempo i giovani cantanti e non riesce a evitare scollamenti sul palco e fra strumenti. Intorno a lui l’Orchestra dell’Opera Italiana ha piglio pacato da recita pomeridiana, ma viene a capo con professionalità dell’ardito atto unico. Qualcuno voleva più poesia, più solido mestiere? Come che sia, l’opera sta in piedi e il gioco di squadra ha funzionato.