Verona, Teatro Camploy, l’altro TEATRO, XIII edizione, sezione danza, 2017
“IN CHOPIN”
Musica Frédéric Chopin
Coreografia Marco De Alteriis
Balletto Teatro di Torino diretto da Loredana Furno
Interpreti Agustin Martinez Leiza, Axier Iriarte, Wilma Puentes Linares, Julia Rauch, Viola Scaglione
Verona, 13 gennaio 2017
Se il dialogo tra danza e musica è spesso contemplativo e raramente operativo, con “In Chopin” la coreografia ha voluto invece arrivare a occupare quel luogo già importante della nostra attenzione che è occupato dall’imponenza delle note musicali del più rappresentativo dei compositori e musicisti romantici. Tuttavia, per volere del coreografo, non c’è supremazia dell’una sull’altra, che invece co-abitano lo stage, come coesistono le note dolci e le note amare in ogni rapporto amoroso. Quello che osserviamo sono degli approcci lui-lei, che sono narrati, diciamo suggeriti, con molto tatto e sensibilità, per merito di un corpo di ballo di alto livello. In “In Chopin” c’è equilibrio tra il classico musicale e il contemporaneo coreografico: un bel mix di spasmi e scatti moderni misti agli allungamenti sulle punte e ai port de bras classici. Marco De Alteriis, insegnante e coreografo della “Lavanderia a vapore”, centro regionale per la danza di Collegno, lascia che il danzatore viva l’emozione del rapporto a due o a gruppo affinché riesca a esprimere col corpo ciò che prova, proprio perché libero dal rigore delle pose classiche. De Alteriis, al di là dall’essere diegetico preferisce suggerire, perciò essere mimetico (forse fin troppo, considerato che i danzatori contavano la sua mancanza, essendo in 5 anziché 6), magari dietro a un simbolo, il leitmotiv del colore rosso, per esempio, quello degli indumenti e delle rose lasciate cadere di fronte a noi, come offerte per ringraziarci nel congedo finale.
Tanta passione e gusto nella ricerca del gesto che racconta storie d’amore e di solitudine vissute in “Camere separate” (Pier Vittorio Tondelli); tanta bravura nel permettere ai singoli danzatori di far emergere la propria personalità. Infatti, come Chopin, famoso “pianoforte solista”, così Julia Rauch apre lo spettacolo tutta sola con un gioco di mosse; di ammiccamenti e compiacimenti, in bilico su una sedia verde dove passa dalla staticità di un pinocchio senz’anima abbandonato, alla verve di una Lisa Minnelli in Cabaret; luce che piove dall’alto e luce che sorge dal basso che riporta le sue fattezze sulle pareti ai lati del palco. I più forti applausi li ha meritati lei per quell’estro, così magicamente in sincrono con la musica, addirittura con le note musicali, quando muoveva le dita per aria per battere idealmente i tasti del pianoforte della ballata n. 4 in Fa minore.
Il balletto, che ha aperto la XIII edizione danza de “l’altro TEATRO” al Camploy, ha offerto una compilation musicale delle interpretazioni più belle ed estroverse, oltre alle composizioni chopiniane: D’apres le Mss. Flores de Musica di Jordi Savall, molto suadente per i rimandi spagnoleggianti e barocchi insieme; Sub Rosa di Bill Frisell che fa da sfondo a un amore “casual” che potrebbe ben apparire in un musical per l’atmosfera sognante avvolta nella nebbia di un viale di lampioni in riva ad un ideale fiume di un’altrettanto ideale romantica città. Quindi il famoso Notturno lasciato a un solo di ballerino in nero che per il continuo muoversi a terra, coi piedi in aria a disegnare il suo corpo, sembra appunto essere la consistenza viva della sua medesima ombra. E, in fine, il concerto no.2 in Fa minore op. 21 (piano e violoncello) che accompagna tutti i ballerini in gruppo nel maestoso commiato. Non si è sentita però, poiché non in tema, fuori dall’intento narrativo passionale-amoroso, l’ipnotica e suadente sonata n. 2 op. 35 in Si bemolle, meglio conosciuta come “Marcia funebre”.