Berlino Deutsche Oper, Stagione d’opera 2016
“TOSCA”
Dramma lirico in tre atti. Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, dal romanzo La Tosca di Victorien Sardou.
Musica Giacomo Puccini
Tosca HUI HE
Mario Cavaradossi FABIO SARTORI
Barone Scarpia BRYN TERFEL
Cesare Angelotti DEREK WELTON
Sagrestano NOEL BOULEY
Spoletta JÖRG SCHÖRNER
Sciarrone ALEX BOTNARCIUC
Orchestra e coro del Deutsche Oper di Berlino
Direttore Donald Runnicles
Maestro del coro Thomas Richter
Maestro del coro di voci bianche Christian Lindhorst
Regia Boleslaw Barlog
Costumi Filippo Sanjust
Berlino, 14 dicembre 2016
Quel che fa la differenza tra un esecutore e un cantante è certamente il suo fare sopraffino, che va oltre, e supera le aspettative del pubblico. E se il personaggio di Scarpia, convenzionalmente, è tanto rozzo quando crudele e perfido, persino viscido e incline a qualsiasi aggettivo atto a suscitare quel miscuglio tra sconcerto e terrore, Bryn Terfel ne propone una versione assai insolita (cose che capitano di frequente al Deutsche Oper di Berlino). Ed ecco che, se ci si aspettava quel capo della polizia con la bava alla bocca, lurido e sconcertante, improvvisamente sbuca fuori un uomo imponente ed elegante, la cui perfidia e cattiveria sono il frutto solo di un’arguzia ingegnosa e ben ponderata. Ed è, infatti, per la sua originalità e invettiva che, chiunque si trovi al suo fianco, e pecchi d’ingegno, è soggetto certamente a sfigurare.
Terfel probabilmente a questo Scarpia ci pensa da tempo. Ci pensa da quando la sua voce, non ne era ancora all’altezza. Chissà se da quel lontano 1990, anno in cui, sempre in Tosca, sotto la direzione di Giuseppe Sinopoli, è Cesare Angelotti. E da quel discreto basso baritono che era, altalenante tra un Leporello intento a leggere a Donna Elvira il catalogo delle belle conquiste di Don Giovanni, e un vero Hoher Bass wagneriano in Wotan, muoveva i primi passi verso tonalità più acute. Oggi davvero ben gestite. La sua è una voce ricca, imponente, scura, bilanciata. A tratti sussurra quasi a bassa voce, come per rivolgersi nel chiedere “ tre sbirri, una carrozza… presto!”, con estrema eleganza. A tratti invece infuria in un impeto di rabbia quando pensa a quella Tosca, colei che ruba, infuoca i suoi pensieri. La sua voce ha acquistato maturità rispetto allo Scarpia di sei anni fa, che lo vedeva al Metropolitan per l’apertura della stagione al fianco di Jonas Kaufmann.
Sotto la direzione di Donald Runnicles, l’orchestra del Deutsche Oper tira fuori il meglio di se. Si potrebbe considerare ovvio visto che si tratta del loro direttore musicale, invece non è poi così scontato. L’azione musicale, per com’è giusto che sia, resta quasi sempre in divenire, e Runnicles esaspera, e anche di parecchio, il famoso “tema di Scarpia” ( si bemolle maggiore, la bemolle maggiore e mi maggiore) che di volta in volta, nell’esser riproposto, è un leitmotiv sempre in crescendo, sempre più forte. Come se fosse realmente il fulcro attorno al quale è costruita la partitura dell’opera.
Appare, invece, ormai troppo prevedibile il soprano cinese Hui He, il pubblico si aspetta da lei “un di più” che tarda ad arrivare. A lei i panni di Floria Tosca, calzano, ma un po’ strettini. E questo appare chiaro nella gestione discontinua del ruolo che rimane confinato in un ambito di corretta professionalità vocale ed interpretativa. E se è vero, come si dice in Germania, che un “jugendlich dramatischer Sopran” indica un qualcosa in divenire, questo vuol dire che certe decisioni andrebbero prese con cautela, e senza esagerare. Né prima, né dopo. Non ci appare chiaro il percorso della carriera di questa cantante visto che ha annunciato di star lavorando alla Norma. E’ un Cavaradossi accurato e solido quello del tenore Fabio Sartori, dalle indiscusse doti vocali. Se la sua “Recondita armonia”, si presenta come un momento di “riscaldamento”, la prova del cantante è in crescendo, dimostrando di possedere, e soprattutto di gestire con sicurezza il ruolo. Valido l’Angelotti di Derek Welton. Professionale il resto del cast.