Venezia, Palazzetto Bru Zane-Centre de Musique Romantique Française, Festival “Camille Saint-Saëns tra romanticismo e modernità”, dal 24 settembre al 3 novembre 2016
“Quartetto con pianoforte”
Mozart Piano Quartet
Violino Mark Gothoni
Viola Hartmut Rohde
Violoncello Peter Hoerr
Pianoforte Paul Rivinius
Camille Saint-Saëns: Barcarolle op. 108
Mel Bonis: Quatuor en ré majeur op. 124
Camille Saint-Saëns: Quatuor pour cordes et piano en si bémol majeur op. 41
Venezia, 3 novembre 2016
Apoteosi finale per il festival d’autunno, svoltosi recentemente a Venezia per iniziativa del Palazzetto Bru Zane-Centre de Musique Romantique Française, dedicato quest’anno a Camille Saint-Saëns, un autore di cui si è inteso mettere in luce quella cospicua parte della produzione, che è a tutt’oggi assai poco frequentata, a dispetto della fama di cui godono altre composizioni dell’autore francese. Il concerto conclusivo, infatti, ha avuto come protagonista il Mozart Piano Quartet, uno dei quartetti con pianoforte più importanti sulla scena cameristica mondiale, formato da solisti che hanno ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali e si sono segnalati, in particolare, per le registrazioni dei quartetti inediti di Mel Bonis e Camille Saint-Saëns, che sono state accolte con grande plauso dalla critica: gli interpreti ideali, dunque, per eseguire i pezzi in programma per la serata. E così è stato.
Cifre distintive di questo ensemble si sono rivelati: il perfetto affiatamento, il suono armonioso dei singoli come dell’insieme, la sicura padronanza tecnica, che ha dissimulato ogni difficoltà a beneficio dell’espressione e dell’interpretazione. Tutto questo si è apprezzato nel primo pezzo in programma, la Barcarolle op. 108 di Camille Saint-Saëns, una partitura nella cui prima versione, del 1898, vi era, al posto dell’attuale viola (inserita nella revisione, pubblicata nel 1909), l’harmonium, uno strumento inventato da Alexandre-François Debain verso gli anni Quaranta dell’Ottocento, che aveva suscitato – intorno alla metà del secolo – l’entusiasmo dei salotti, per poi passare in secondo piano: donde la decisione, da parte di Saint-Saëns, di sostituirlo. Qui le doti interpretative de Mozart Piano Quartet ci hanno offerto un’esecuzione piena di pathos, nella quale il violino, in particolare – senza nulla togliere agli altri solisti –, si è imposto per la nitidezza del suono nel registro acuto, anche grazie ad un vibrato stretto di grande eleganza ed espressività.
Il secondo pezzo era una composizione firmata da un’altra “riscoperta” avvenuta per iniziativa del Palazzetto Bru Zane: quella Marie-Hélène Bonis che, nonostante l’ostilità della famiglia e in genere della società tra Otto e Novecento nei confronti di una donna anticonformista, riesce ad imporsi completando gli studi musicali presso il Conservatorio di Parigi – sua città natale –, cimentandosi poi nella composizione, prevalentemente pianistica e cameristica, in cui ha dato prova, in generale, di raffinatezza nell’armonia e libertà formale. Di Mel Bonis (questo lo pseudonimo con cui la compositrice firma le sue opere) è stato proposto il Quatuor en ré majeur op. 124, il secondo dei due scritti dall’autrice francese. Anche nell’esecuzione di questo lavoro, composto nel 1927 da un’artista settantenne – che si caratterizza per lo stile decisamente postromantico, contrariamente al resto della sua produzione, che guarda invece alla modernità del “Groupe des Six” – i solisti si sono segnalati per la raffinatezza interpretativa, il pathos, l’intesa, mettendo pienamente in valore un pezzo che, nonostante il suo tardo romanticismo, risulta tutt’altro che datato e di maniera, rappresentando – soprattutto se si considera il terzo movimento – una sorta di testamento spirituale dell’autrice e della sua poetica, in cui risalta un atteggiamento di “dolorosa aspirazione alla felicità”.
Il pianoforte ha avuto un ruolo tutt’altro che secondario nelle due composizioni precedenti, ma si è imposto particolarmente nel Quatuor pour cordes et piano en si bémol majeur op. 41 di Saint-Saëns, scritto quasi di getto nel febbraio 1875 ed eseguito per la prima volta il 6 marzo dello stesso anno presso la sala Pleyel, con la presenza, tra gli esecutori, di Pablo de Sarasate al violino edello stesso compositore al pianoforte: si tratta di un pezzo caratterizzato dalla vivacità del tono e dal vigore ritmico, nonché percorso da un carattere di spontaneità, per non dire di improvvisazione. Qui il pianoforte ha svolto un ruolo fondamentale nel dare sostegno e contributo al dialogo tra gli strumenti, mettendosi in luce soprattutto nel secondo movimento, dove ha presentato con giusto accento il perentorio motivo iniziale, che poi passa agli archi, al quale fa seguito una melodia nello stile di un corale, che viceversa – introdotta dagli archi – viene poi fatta propria dalla tastiera. Successo pieno e calorosi applausi. Un pregevole, incantevole bis: L’Andante cantabile dal Quartetto con pianoforte op. 47 di Robert Schumann. Quale migliore conclusione per questo fortunato festival