Trentatré anni, napoletana formatasi alla Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo, Alessandra Amato è la nuova étoile del Teatro dell’Opera di Roma, il risultato della volontà di investire sulla danza e di incoraggiare i giovani di casa promosso dalla Direzione di Eleonora Abbagnato.
Quando e perché ha iniziato a studiare danza?
Ho iniziato a studiare danza per gioco: mia sorella maggiore si era iscritta a un corso di danza moderna in una piccola scuola vicino casa e io, per imitarla, chiesi a mia madre di iscrivere anche me, ma specificando che avrei voluto fare danza classica. Avevo quasi sei anni e, in realtà, non sapevo nemmeno esattamente cosa fosse, ma il mio istinto mi aveva guidata verso quella scelta. Dopo due anni, l’insegnante di quella scuola suggerì ai miei genitori di provare la selezione alla Scuola del Teatro di San Carlo; venni scelta tra centinaia di bambine e fui ammessa al primo corso.
Gli anni della Scuola di Ballo: difficoltà e soddisfazioni.
Entrata alla Scuola del San Carlo l’atmosfera era cambiata: la danza diventava una disciplina che richiedeva impegno e costanza, ma questo non mi spaventava, fin da bambina sono stata sempre determinata. Certo, i momenti difficili non sono mancati: la danza classica implica una dedizione quasi totale che coinvolge corpo e mente; a volte ti fa rinunciare a una parte di “vita” al di fuori della danza, ma allo stesso tempo ti permette di creare dei legami molto forti con i compagni di percorso. Ogni giorno devi cercare di migliorarti, ogni giorno è un esame da superare… Finché non arriva lo spettacolo finale dell’ultimo corso: danzare per l’ultima volta da allieva e per la prima volta da professionista. Ecco, questo ti ripaga di tutti i sacrifici fatti negli anni.
La carriera e le esperienze: il mondo che ci si aspetta da allievi corrisponde alla realtà ordinaria?
Ho avuto la fortuna durante gli anni della Scuola di poter osservare da vicino la vita professionale, appena potevo andavo a sbirciare le prove della Compagnia e spesso andavo a vedere i loro spettacoli. Se si ha questa possibilità, si riesce ad avere un’idea alquanto precisa e simile alla realtà. Nonostante ciò, è comunque un’esperienza molto forte essere catapultati dal mondo da allieva a quello da professionista: quando la danza diventa un lavoro le aspettative aumentano, ti trovi nel mondo reale e ti senti meno protetto.
Qual è il suo modello ideale di ballerina?
Ho sempre ammirato la perfezione di linee e tecnica di Sylvie Guillem e le straordinarie doti fisiche e interpretative di Alessandra Ferri. Sono le due ballerine da cui ho tratto maggiore ispirazione durante la mia crescita artistica.
Chi ha creduto per primo in Lei ?
Innanzitutto i miei genitori, che non solo hanno creduto in me, ma si sono fidati di me e delle mie scelte. In seguito, un ruolo fondamentale lo ha svolto la Signora Anna Razzi, direttrice della Scuola del San Carlo: lei mi ha dato l’opportunità di capire che volevo e soprattutto potevo farcela, che quella passione sarebbe potuta diventare la mia professione.
Il ruolo che sente più adatto alla sua personalità?
Credo che in ogni ruolo si possa trovare qualcosa di simile alla propria personalità, mi piace studiare il personaggio e cercare di mescolare il mio carattere al suo. Probabilmente Il Lago dei Cigni è il balletto in cui riesco a esprimermi al meglio, liberando le due anime che mi appartengono: quella fragile e romantica di Odette e quella forte e determinata di Odile.
Il coreografo che più si avvicina al suo stile interiore?
Mi piace molto lo stile Balanchine, trovo che sia un modo di danzare “liberatorio”. Si basa sulla danza classica ma ti permette di andare oltre i suoi canoni. Inoltre, quest’anno, ho debuttato in una coreografia di Forsythe, altro coreografo che ho sempre ammirato ma non avevo mai avuto il piacere di sperimentare. Spero presto di avere altre occasioni per misurarmi con opere di coreografi contemporanei.
C’è un balletto che non vorrebbe mai danzare?
Non riesco a immaginarne uno in particolare, forse non mi è ancora capitato… Trovo interessante lanciarsi in progetti che possono sembrare lontani dalle proprie attitudini, a volte è possibile scoprire di avere delle qualità fino ad allora nascoste.
La proclamazione a étoile: come cambia la vita artistica di una danzatrice?
Per ora mi sto godendo questo splendido momento: non ho ancora ben realizzato ciò che è successo. Continuo a prepararmi per la mia ultima recita de Il Lago dei Cigni che sarà il prossimo 4 novembre. Sarà la prima da étoile e sicuramente sento una maggiore responsabilità nei confronti del pubblico, della Direttrice che mi ha nominata, del Corpo di Ballo e soprattutto verso me stessa. Per il resto, vedremo cosa mi riserverà il futuro.
Esistono ancora grandi sacrifici per la vita privata di una danzatrice del suo livello?
Credo di aver raggiunto un ottimo equilibrio tra lavoro e sfera privata. L’importante è saper dare il giusto peso e la giusta importanza a ogni elemento della propria vita. Cerco di organizzare in anticipo quando so di avere del tempo libero, in modo da sfruttarlo al meglio.
In bocca al lupo, Alessandra, per una carriera luminosa e duratura. Perché chi resta in Italia possa dimostrare che la danza merita rispetto, perché produce eccellenze italiane da sostenere e incoraggiare. (foto Yasuko Kageyama)