Alti e bassi per il dittico “Lago-Corsaro” al San Carlo di Napoli

Napoli, Teatro di San Carlo, Autunno Danza 2016
“IL LAGO DEI CIGNI (ATTO BIANCO)”
Musica Pëtr Il’ič Čajkovski
Coreografia originale Marius Petipa, Lev Ivanov
Odette
Iana Salenko
Principe Giuseppe Picone
Rothbart Gianluca Nunziata
“IL CORSARO SUITE”
Musica Adolphe Adam, Léo Delibes, Riccardo Drigo, Cesare Pugni
Coreografia originale Joseph Mazilier
Grand Pas de Deux Iana Salenko, Daniil Simkin
Pas D’Esclave Claudia D’Antonio, Alessandro Staiano          
Pas de Deux Camera da Letto Candida Sorrentino, Ertugrel Gjoni
Direttore del Corpo di Ballo Giuseppe Picone

Napoli, 8 novembre 2016

Il secondo appuntamento dell’ “Autunno Danza”, al San Carlo di Napoli, ha portato in scena un estratto dal secondo atto del Lago dei Cigni e una suite di tecnica esplosiva da Le Corsaire, un doppio titolo di sicuro richiamo per i ballettofili, in sostituzione del già annunciato Strokes through the Tails coreografato da Marguerite Donlon, su musica Wolfgang Amadeus Mozart con Svetlana Zakharova, rimosso dal cartellone per ragioni a noi ignote. Ospiti della serata, Iana Salenko e Daniil Simkin.lago-dei-cigni-l-romano
La scelta dei titoli alternativi a quanto già previsto (e che speriamo vivamente di poter ammirare in futuro) in linea teorica riflette alla perfezione la volontà di mettere alla prova, in un grande e intramontabile classico, una compagnia giovane, per dare poi spazio al puro virtuosismo in un altro balletto che, se di per sé non è una perla artistica, rappresenta tuttavia un colpo “a effetto” per il pubblico. Ma il risultato questa volta non ha convinto a pieno per diversi motivi. Innanzitutto l’organico ridotto e l’allestimento del secondo atto del Lago hanno evidenziato il notevole divario tecnico tra il Corpo di Ballo di casa e gli ospiti stranieri. Solo pochissimi elementi (ai quali è stato affidato ruolo solistico) sono infatti in grado di reggere parzialmente il confronto e la rivisitazione della coreografia non ha aiutato: l’abbandono del tradizionale ingresso in serpentina, per i cigni, si è rivelata una scelta che, se poteva apparire necessaria per ovviare al numero esiguo di elementi in scena, ha invece isolato ogni singola danzatrice in un infelice risultato stilistico, date le linee non perfette. Senza dubbio il tempo impiegato per mettere su due spettacoli molto impegnativi, come sono stati gli ultimi presentati al San Carlo, è stato fin troppo esiguo, ma quello che si manifesta allo spettatore non proprio sprovveduto è la mancata cura dello stile e del dettaglio imprescindibile, da parte delle danzatrici, nella linea delle spalle e della testa dei tipici épaulements e nelle pose che contraddistinguono le ancelle di Odette. Un classico come il Lago, si sa, non perdona.
Il Corpo di Ballo del San Carlo, per lo più composto da elementi molto giovani, in questo momento necessita, sì, di danzare il più possibile ruoli impegnativi, ma deve ancora affinarsi parecchio e il processo, si sa, richiede tempo. Nell’insieme, emerge la figura di Luisa Ieluzzi, tra i due (e non quattro, purtroppo) grandi cigni: i “cignoni” del programma di sala. Per carità, per ironia del caso sembra che amiamo accanirci col testo di presentazione dello spettacolo, in questa stagione, ma l’accrescitivo, sia pure d’uso, appare un tantino dissonante e cacofonico rispetto all’uso della dicitura specificata dall’aggettivo, per cui “grandi cigni” sarebbe stato più elegante. L’accrescitivo denota, nell’uso comune, un incremento nella mole del soggetto, e non era certo questo il caso, vista la silouette perfetta delle due danzatrici. Non appare inoltre specificata l’attribuzione della rivisitazione coreografca.
corsaro-simkinMa veniamo ai protagonisti. Da una parte la pulitissima Iana Salenko, misurata e lirica nell’espressività e nell’uso della tecnica, dall’altra un sempre splendido Giuseppe Picone nelle vesti del principe Siegfried, sicuro nei passaggi dell’Adagio sul quale si è levato il sipario, figura fisicamente tra le più adatte a vestire panni regali in scena.
Per quanto riguarda l’allestimento, è apparso non poco stridente il costume utilizzato per Gianluca Nunziata nei panni di Rothbart. Se è consueto, da secoli, ed è anche logico riutilizzare costumi di spettacoli già dati o affini, ci sarebbe bisogno di adattarli al personaggio, poiché il “Drosselmeyer” ha prevalso sull’uccello/mago Rothbart (per di più con una sorta di gorgiera verde abbastanza spiazzante) e noi del pubblico ci siamo sentiti un po’ proiettati in una sorta di Schiaccianoci lacustre. Particolari che si notano e avanzano come un pugno nell’occhio sulla scena del San Carlo. Così come l’introduzione musicale partita con la mezza sala accesa: espediente poco felice che in genere si usa in spettacoli di altro genere, per far accomodare le persone che, dal canto loro, continuano a chiacchierare ignorando Čjajkovskj e non si curano del rispetto dovuto agli artisti e al Teatro. A questo proposito, sottolineamo ancora una volta la pessima abitudine di entrare quasi ad alzata di sipario, con cinque minuti abbondanti di tolleranza da parte dell’Ente, che, obiettivamente, non fa che dare man forte al pubblico più indisciplinato, invece di accomodarlo subito nei palchi, una volta scattata l’ora di inizio. Questo tentativo di mediazione non ha fatto dilatare il tempo di inizio facendo perdere la magia e la concentrazione che un’introduzione musicale ha il compito di creare. Qualche altra “scivolata” tecnica in corso d’opera è stato il buio improvviso per la sistemazione del letto in scena: come dire, l’impressione di un black out invece di un nero che si oscura gradualmente non è esattamente quello che ci si aspetta corsaro-napolia questi livelli. Sembra che si tratti di particolari trascurabili, ma  così non è.  E pazienza se purtroppo abbiamo dovuto fare  ameno dell’orchestra, secondo logiche di mercato legate alla rassegna autunnale, ma l’amplificazione e le registrazioni, in un Teatro che vanta una delle migliori acustiche del mondo, non possono essere così scadente.  Il San Carlo non è solo un Teatro: è un marchio di eccellenza e la qualità di ogni aspetto dello spettacolo dovrebbe essere sempre di altissimio livello.
La suite di danze tratte da Le Corsaire ha invece permesso ai migliori elementi del Corpo di Ballo di emergere, facendo bella mostra delle proprie abilità tecniche e artistiche. Bravissimi Claudia D’Antonio e Alessandro Staiano nel Pas d’Esclave. Entrambi tecnicamente brillanti e sicuri, altrettanto convincenti da un punto di vista stilistico-espressivo. Soprattutto D’Antonio esegue i virtuosismi femminili più ardui (che spesso sono i più difficili da apprezzare rispetto a quelli maschili) in maniera disinvolta e carica di forza espressiva. In questo risiede la vera forza dei danzatori italiani, perché, se la tecnica è forte, il temperamento connaturato al nostro modo di essere è in grado di venir fuori e di non stancare mai il pubblico. Similmente, nel Passo a Due della camera da letto, Candida Sorrentino si rivela sempre portatrice di grande grazia e, con la maturità, ha trovato un propria identità scenica molto apprezzabile. Contrariamente alle coppie, è apparso molto debole il Pas delle tre odalische, non solo disomogenee nelle proporzioni fisiche, ma molto rigide nella tecnica e in una espressività “di maniera”.
Fuochi d’artificio per il Grand Pas de Deux finale affidato agli ospiti della serata, Iana Salenko e Daniil Simkin, in una esplosione di virtuosismi che ha meritato un tripudi di applausi, lei per i fouettes eseguiti quasi tutti con doppia pirouette, lui con un uso disinvolto dei salti più estremi e delle pirouettes “alla Baryshnikov”. Un esempio di forza precisione e sicurezza che costituiscono quella grammatica di base senza la quale il corpo non può aprirsi liberamente all’arte. Non sempre le due cose coincidono, sia chiaro, ma la lezione serva ai giovani per imparare a crescere in un’ottica costruttiva.
Prossimo appuntamento con lo Spettacolo della Scuola di Ballo diretta da Stéphane Fournial, In punta di piedi, in cui i giovani allievi si cimenteranno in estratti dal repertorio classico, il 26 e 27 novembre. (foto Luciano Romano)