Venezia, Teatro La Fenice
Mezzosoprano Veronica Simeoni
Pianoforte Michele D’Elia
Hector Berlioz: “Les Nuits d’été “op. 7; “D’amour l’ardente flamme” da La damnation de Faust;
“Ah! Ah! Je vais mourir… Adieu, fière cité” da Les Troyens
Jules Massenet: “Méditation” da Thaïs
Giacomo Meyerbeer: “D’ici je vois la mer… Ô temple magnifique” da L’Africaine
Venezia, 3 settembre 2016
Una Veronica Simeoni in forma smagliante si è esibita, presso le Sale Apollinee del Teatro La Fenice, in un recital, che era un tributo d’amore al grande repertorio francese, un ambito piuttosto frequentato dal mezzosoprano, che in esso ha saputo mettere in atto prestazioni d’eccellenza, come del resto ha potuto recentemente constatare il pubblico della Fenice, che ha applaudito la cantante, nel 2013, nei panni di Carmen, protagonista dell’omonimo capolavoro di Bizet, e in quelli di Sélika, il ruolo eponimo de L’Africaine di Meyerbeer. Peraltro, i frequentatori del teatro veneziano hanno potuto apprezzarla anche nella prima esecuzione assoluta del Requiem di Bruno Maderna (2009), oltre che nei ruoli di Azucena nel Trovatore (2011 e 2014), di Adalgisa in Norma (2015) e di Léonor de Guzman ne La Favorite di Donizetti (2016).
Dotata di una voce dal nobile metallo, assolutamente omogenea nei vari registri senza mai indulgere, allorché si spinge nella zona grave, in sonorità poco femminili (come accade di sentire a volte da altre interpreti), potente ma anche capace di farsi sottile e delicata, per aderire alle più tenui sfumature del canto, la Simeoni ha affrontato da par suo le sei liriche di Théophile Gautier, musicate da Hector Berlioz e raccolte sotto il titolo de Les Nuits d’été. Ne è risultata un’esecuzione che ha pienamente messo in valore la concezione vocale del grande – e, per certi versi, eccentrico – musicista francese: ardito sperimentatore nel campo dell’orchestrazione (ambito in cui eccelleva come attesta il suo Grand traité d’instrumentation et d’orchestration modernes), quanto equilibrato nel trattamento della voce, di cui rispettava i limiti naturali. Le mélodies che compongono Les Nuits d’été – in cui si coglie, in modo più o meno esplicito, un’atmosfera notturna, spesso intrisa di tristezza – costituiscono un ciclo coerente, costruito intorno alla tematica amorosa. Qui il mezzosoprano – accompagnata al pianoforte, con precisione e sensibilità, dal valido Michele D’Elia – ha saputo rendere le diverse situazioni psicologiche, che Berlioz esprime in calcolata successione, sfoggiando, in particolare, un fraseggio scolpito: lieve inVillanelle, introduzione serena alle ben più cupe liriche successive; appassionata e nostalgica nella più drammatica Le spectre de la rose; impeccabile, quanto a dizione, in Sur les lagunes, dove predomina il declamato; trepidante nell’attesa della persona amata in Absence; lububre ma anche delicata in Au cimetière; animata da un’effimera verve ne L’île inconnue, l’isola felice, cui si anela, per quanto sia solo un miraggio.
Il tema dell’amore (infelice) dominava anche nei successivi brani operistici scelti dal mezzosoprano: l’aria di Marguerite, “D’amour l’ardente flamme”, da La damnation de Faust di Berlioz; il monologo di Didone, sconvolta per la partenza di Enea, “Ah! Ah! Je vais mourir… Adieu, fière cité”, da Les Troyens, sempre di Berlioz; “D’ici je vois la mer… Ô temple magnifique”, da L’Africaine di Meyerbeer, analogo commiato dalla vita da parte di Sélika, scrutando la nave che le invola l’amato Vasco. Di queste pagine la Simeoni ha efficacemente evidenziato il carattere tragico, sfoggiando ancora una volta varietà di accenti nel declamato drammatico. Il recital ha avuto un pregevole – e applauditissimo – intermezzo esclusivamente pianistico: una trascrizione della celeberrima Méditation da Thaïs di Jules Massenet, eseguita dal solista con calda espressività e varietà di tocco. A conclusione della serata, la cantante, festeggiatissima – anche da Raina Kabaivanska, che ha seguito con attenzione e trasporto la performance della sua allieva – ha concesso un bis, anch’esso tratto dal repertorio francese: l’aria di Dalila, “Mon coeur s’ouvre à ta voix”, dal Samson et Dalila di Saint-Saëns, interpretata con seducente grazia, senza alcuna ridondanza o pesantezza vocale, e con una gradita sorpresa: l’intervento del tenore Roberto Aronica, impegnato a Venezia come Pollione in Norma, che – presente in sala – ha cantato la parte di Samson. Foto Emiliano Metelli