Gianandrea Noseda e la London Symphony Orchestra a Madrid

Auditorio Nacional de Musica

Madrid, Auditorio Nacional de Música
Fundación Ibermúsica – Temporada XLVII
London Symphony Orchestra
Direttore Gianandrea Noseda
Tromba Philip Cobb
Richard Wagner : Die Meistersinger von Nürnberg, sinfonia
Claude Debussy : La mer
Dmitri Shostakovich : Sinfonia in re minore n. 5 op. 47
Madrid, 13 settembre 2016
Giuseppe Verdi : I vespri siciliani, sinfonia
Franz Joseph Haydn : Concerto per tromba in mi bemolle maggiore
Sergei Rachmaninoff : Sinfonia in mi minore n. 2 op. 27
Madrid, 14 settembre 2016

Ibermúsica è la più prestigiosa organizzazione spagnola di concerti sinfonici: da mezzo secolo invita le grandi orchestre del mondo, guidate dai loro direttori titolari o da altri affermati interpreti, a svolgere concentrate tournées sul territorio della penisola. Attenzione al nome: Ibermúsica vuol dire antica Iberia, dunque anche Portogallo, non solo Spagna; e infatti i complessi scritturati passano, a seconda delle stagioni, per Granada, Alicante, Santander, Sevilla, Valencia, ma anche Lisboa. Ovviamente le città più frequentate sono Madrid e Barcelona, ma è bello pensare che nel corso degli anni direttori come Celibidache, Previn, Davis, Haitink, Chailly e Pappano siano stati in piccoli centri come Liria, Las Palmas, Oviedo, Santa Maria de Feira, El Escorial, Santiago de Compostela, Pamplona.
La nuova stagione s’inaugura a Madrid con un concerto in giugno (circostanza inusuale in altri paesi); dopo la pausa estiva, si riprende adesso con un doppio appuntamento della London Symphony Orchestra guidata da Gianandrea Noseda, che ne è il principale direttore invitato a partire da questa stessa stagione. Nominato Direttore dell’anno 2016 da International Opera Awards, già Direttore dell’anno 2015 secondo Musical America, Direttore titolare del Teatro Regio di Torino e patron di tante altre istituzioni, Noseda è un musicista indubbiamente al centro dell’attenzione internazionale, anche per l’ampiezza di repertorio lirico e sinfonico di cui è fautore. Con la LSO presenta al pubblico di Madrid due concerti molto diversi, sia nel programma sia nell’esito qualitativo: abbastanza deludente il primo, molto buono il secondo. La struttura di entrambi i concerti è la stessa, persino troppo tradizionale: un’ouverture, un secondo brano di media durata, e dopo l’intervallo una corposa sinfonia. Procediamo in ordine sparso: pregevole per i colori dei fiati il preludio dai Vespri siciliani, anche se il direttore opta come sempre per le sonorità reboanti e la corsa all’impazzata. Del resto, è difficile eseguire l’ouverture di un’opera seria isolata dal suo contesto, in quanto la predilezione per gli aspetti sinfonici rischia spesso di distorcere la fisionomia musicale d’origine (e il melomane se ne accorge). Ma perché voler trasformare la gioiosa solennità dei Maestri cantori in un languore addirittura hollywoodiano? Le frasi sono così spezzate e strascicate, che ogni accento risuona sempre petulante; l’esagerata svenevolezza della prima parte si riverbera poi sulla seconda, come in un concerto per pianoforte di Rachmaninoff, annacquandone il rigore contrappuntistico; e nella chiusa si sente solo il timpano, così rombante da coprire persino lo squillo del triangolo. La mer è incantevole per i colori dei fiati e per la precisione delle percussioni; però scorre via senza lasciare traccia incisiva. Allo stesso modo, funziona soltanto a metà il concerto per tromba e orchestra d’archi di Haydn: il solista Philip Cobb (già prima tromba della LSO) è molto intonato, eppure manca di piglio proprio nel celebre finale, il pezzo in cui si vorrebbe sentire un po’ di aggressività, o almeno di audacia. In entrambi i casi il pubblico gradisce, ma senza entusiasmarsi.
Discorso a parte per la V Sinfonia di Shostakovich, suggello del primo concerto. L’opera risulta oggi esteticamente molto discutibile, per quella posticcia grandiosità staliniana, che a tratti è addirittura imbarazzante; a nostro modo di intendere un direttore dovrebbe cercare di approfondire tutto ciò che giace sul fondale della partitura, per rinvenire dramma e sofferenza, anziché vuoto trionfalismo. Noseda sceglie invece di esaltare tutti gli aspetti più volgari: nel I movimento, per esempio, dell’inquietante Moderato iniziale c’è poco da dire, perché l’attenzione del pubblico è calamitata soltanto sul clangore dell’Allegro non troppo, in cui si innescano mostruosi e martellanti congegni. Rimarcando esageratamente tutti i temi di ogni sezione (spicca l’attacco dei violoncelli all’inizio del II movimento, Allegretto) Noseda non fa che accentuare il grottesco dello stile di Shostakovich; ma non sarebbe tempo di percorrere altre strade nell’esecuzione di questo autore? Il movimento più autenticamente musicale parrebbe infatti il III (Largo), in cui emergerebbe un po’ di dramma, se solo gli archi prestassero più attenzione alle richieste di chi li guida. Ma alla fine, anche dopo la stretta di un nuovo Allegro non troppo in cui il timpano è doppiato dalla grancassa in un’esagerata sequenza conclusiva, il pubblico apprezza molto, ed è soddisfatto.
La II Sinfonia di Rachmaninoff era stata diretta a Madrid nel febbraio 2015 da Riccardo Chailly, sempre in una stagione di Ibermúsica; non se ne sentiva troppo la mancanza, però va detto che Noseda conosce questa partitura veramente bene, e ha il merito di sottoporla spesso all’attenzione del pubblico. Finalmente si apprezzano passaggi chiaroscurali e sonorità in pianissimo! Finalmente affiora la complessità di un’opera esemplificata in varie cifre: la discorsività e la sintassi del I movimento (Largo – Allegro moderato – Moderato), il ritmo e i colori del bellissimo II (Allegro molto), languore e sentimentalismo veri nel III (Adagio), anche oscurità e mistero nelle modulazioni del finale (Allegro vivace). Occorreva attendere l’ultimo pezzo del secondo concerto, ma Noseda conclude in stato di grazia; e l’esperto pubblico dell’Auditorio Nacional se ne rende conto, liberando – adesso sì – tutto il suo entusiasmo.