Padova, Castello Carrarese, Stagione Lirica 2016
“I CAPULETI E I MONTECCHI”
Tragedia Lirica in due atti, Libretto di Felice Romani
Musica di Vincenzo Bellini
Capellio, capo dei Capuleti DANIEL DE VICENTE
Giulietta, sua figlia EKATERINA SADOVNIKOVA
Romeo, capo dei Montecchi ANNALISA STROPPA
Tebaldo, partigiano dei Capuleti GIORDANO LUCÀ
Lorenzo, medico dei Capuleti e amico di Romeo MATTEO D’APOLITO
Orchestra di Padova e del Veneto
Coro Città di Padova
Direttore Andrea Albertin
Maestro del Coro Dino Zambello
Regia, scene, costumi e luci Paolo Giani
Padova, 31 luglio 2016
Entrare nella magica cornice del Castello Carrarese è davvero emozionante. Come anticipato dall’assessore alla cultura del Comune di Padova nel breve cappello introduttivo, servirà ancora del tempo prima che la splendida corte del Castello venga riportata all’antica maestosità, ma il colpo d’occhio appena entrati è già un ottimo risultato. Assai meno emozionante è risultata invece la rappresentazione, che definiremmo complessivamente spenta e incolore. Complessivamente sottotono la prestazione musicale: la concertazione di Andrea Albertin tende costantemente ad allargare le agogiche, rischiando in diverse occasioni di creare scollamenti tra archi e fiati (particolarmente in difficoltà i legni). Innegabile lo scarto tra buca e palcoscenico, soprattutto nei momenti corali. Nonostante gli sforzi di Albertin nel creare atmosfere più interessanti, la risposta dell’orchestra tarda ad arrivare e il tutto sembra assestarsi su un mezzoforte costante. Il Coro, preparato dal maestro Dino Zambello, è andato incontro a numerosi problemi di intonazione e di insieme.
Per quanto riguarda il cast la prestazione migliore, senza dubbio alcuno, è quella di Annalisa Stroppa: il giovane mezzosoprano, nei panni di Romeo, non si risparmia dall’inizio alla fine della rappresentazione. Sembra essere l’unica a prendere l’iniziativa, agitandosi sul palco e sforzandosi di instillare energia negli altri protagonisti, la cui risposta non arriva che in rari casi. La voce è decisamente in forma: qualche difficoltà nel fraseggio è causata prevalentemente dalle difficoltà in buca. La Stroppa mostra una buona scorrevolezza nel registro centrale e facilità negli acuti, sempre squillanti e adeguatamente aperti. Meno incisiva ma comunque funzionale la Giulietta di Ekaterina Sadovnikova: nonostante le difficoltà in qualche passaggio di registro e a una pronuncia spesso difficilmente intelligibile, la sua prestazione risulta nel complesso passabile. Scenicamente il soprano sembra muoversi solo quando contagiata dalla verve di Annalisa Stroppa, forse anche a causa di una regia problematica che approfondiremo tra poco. Tebaldo era un buon Giordano Lucà, di cui elogiamo la pasta vocale davvero interessante. Qualche problema tecnico si fa sentire nel corso della serata, ma la partenza con “È serbato a questo acciaro” è promettente. Scenicamente immobile, il tenore non prende iniziative e la sua esecuzione è praticamente in forma di concerto. Non diverse le sorti di Matteo D’Apolito e di Daniel De Vicente, rispettivamente Lorenzo e Capellio. Nuovamente, le voci sono buone, ma le dinamiche piuttosto piatte e, oltre a qualche raro slancio, i movimenti in scena scarseggiano, tanto che in diverse occasioni (più o meno ogni volta che Annalisa Stroppa era fuori scena) lo spettacolo è risultato terribilmente soporifero. Una parte cospicua della responsabilità siamo costretti ad attribuirla alle scelte del regista Paolo Giani: nonostante lo sforzo, ammirevole, di sfruttare al meglio lo spazio scenico, sembra quasi che non ci sia stato il tempo di comunicare ai protagonisti e al Coro come muoversi sul palco. I costumi non hanno aiutato: il nero domina sovrano, tanto che in diverse occasioni rischiamo di confondere Lorenzo, Capellio e Tebaldo, vestiti allo stesso modo. Il Coro (anch’esso in nero) si limitava a passeggiare su e già dal palco, quasi senza meta, mentre appena qualche dettaglio bianco dei costumi di Romeo e Giulietta tendeva a distinguerli dal resto del cast. Anche la scenografia non aiuta: gli unici elementi scenici sono il busto nudo di una statua e, sul lato opposto del palco, la testa di una statua rovesciata. Sicuramente l’idea del conflitto tra Capuleti e Montecchi può aver avuto un ruolo per una scelta contemporaneamente così forte e così minimalista, ma lasciare tutto invariato per più di tre ore di spettacolo è davvero un po’ troppo ardito. Qualche mossa di scherma per condire i momenti di scontro tra i protagonisti non contribuiscono a creare tensione, dal momento che i “duelli” non durano che un paio di mosse ciascuno; dopo ogni piccolo scontro gli acerrimi nemici si allontanano con una flemma davvero poco credibile (ci viene da dire un po’ troppo alla…Stefano Poda!). Non chiedevamo la “corrida”, ma parliamo sempre delle due famiglie più velenose della storia (e non solo del Veneto). Fa in ogni caso piacere una notevole affluenza di pubblico, che si profonde in ovazioni, anche a scena aperta, per Annalisa Stroppa, rendendo omaggio con il proprio entusiasmo ai quattrocento anni dalla morte di William Shakespeare. Foto Antonio Bortolami