Virgilio Sieni: “La cittadinanza del corpo” a Mantova

Mantova, Palazzo Te, Mantova capitale italiana della cultura 2016
VIRGILIO SIENI: “LA CITTADINANZA DEL CORPO” A MANTOVA
Azioni coreografiche Virgilio Sieni
Musica originale eseguita dal vivo Michele Rabbia
Produzione Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te, Compagnia Virgilio Sieni
Assistente alla coreografia Giulia Mureddu, Maurizio Giunti
Assistente al progetto Elisa Mucchi, Giovanna Venturini
In collaborazione con Segni d’infanzia Associazione Culturale
Interpreti  Cittadini di Mantova, Abitanti del territorio e Compagnia Virgilio Sieni
Mantova, 21- 22 luglio 2016
In conferenza stampa Sieni ha presentato Lacittadinanza del corpo come una sperimentazione; un lavoro artistico in uno spazio storico monumentale, Palazzo Te, la cui genesi creativa dà continuità a quella che ha ispirato Giulio Romano per l’architettura e gli affreschi. Ha annunciato che sarà un cammino tra le scene di un racconto figurativo, di luce e di suoni, tra interno ed esterno, molto percettivo. Saranno infatti tredici azioni coreografiche, più una postazione musicale, in dieci location diverse, tra stanze, logge e cortile d’onore, di altrettanti gruppi e duetti. La cittadinanza del corpo è una comunità di pratica sull’esperienza del corpo ed è composta dai cittadini mantovani e dagli abitanti del territorio, con un’età compresa tra i sette mesi e i settantasette anni, e da alcune persone, affezionate del maestro fiorentino, già interpreti di precedenti lavori, più i cinque ballerini della sua compagnia di ballo. Ben settanta figuranti impegnati in quattro mesi di prove continue ed assidue, in cui sono stati coadiuvati da quattro assistenti coreografe, perciò disposti in gruppi o a coppie,un po’ in base alle possibilità di tempo libero concesso dal lavoro e dalle incombenze quotidiane, ovvero seguendo l’idea del corso della vita, in cui a momenti diversi c’è chi si prende cura dal nostro corpo, per educarlo e accudirlo, comunque per sostenerlo fuori e dentro. Dentro, perché il gesto, come sostiene il direttore della Biennale danza di Venezia, non è solo un atto fisico ma un elemento primario che sta tra la mano e lo sguardo, tra percezione e postura: un’espressione del nostro inconscio. Questo viatico del genere umano, tra l’infanzia e la terza età, è un progetto di studio che sta tra la semiotica e l’antropologia culturale: il gesto come segno, qui più che mai pittorico, musicale e sociale.Infatti, come i Classici della letteratura per Calvino, così i gesti per Sieni racchiudono storie ed esperienze future e “forniscono termini di paragone […], paradigmi di bellezza”, perché egli è un esteta, “in lui si nota il gusto del quadro, della composizione scenografica, del posing” (cfr. Le Sacre du printemps, in GBopera Danza). Lo spettacolo al Te è nato da una proposta in occasione di “Mantova Capitale Italiana della Cultura 2016” ed è diventato poco a poco un evento unico e raro, concepito dal “Centro studi sui linguaggi del corpo e della danzae dall’Accademia sull’arte del gesto” (entrambe dirette da Sieni). Un progetto che è frutto della volontà di costituire una polis culturale che vuole il corpo in rapporto dialettico con i luoghi dell’arte e gli spettatori itineranti, fruitori e complici di un’esperienza. In vero, quella del coreografo fiorentino è una scuola di danza in viaggio e ne sono prova i workshop con esercizi sul gesto (assieme a Giulia Mureddu e a Giancarlo Gaeta), antecedenti i due spettacoli serali per Mantova. Questa sua attitudine per l’insegnamento la si nota tutta in un bel video per la promozione dell’evento, dove lo si vede mentre parla ai figuranti: che un gesto è metterci la tua vita dentro, che importante è un po’ darsi, che non è affatto facile e immediato toccare e guardare l’altro. Parla dell’incrinatura del corpo, un’idea delicata di fragilità che dev’essere accolta dall’altro e inclusa in una composizione di corpi, per effetto di fiducia e di complicità. Due estetiche tipiche di Sieni sono l’una il sottolineare la debolezza del corpo, la sua intima fragilità (egli insegna a ragazzi, a persone anziane e a non vedenti); un’altra è quella in cui lo penso come Pasolini che pensa alla Deposizione del Pontormo, tutta postura e sguardi: maestro nella composizione coreografica.Sieni ha sottoposto i volenterosi mantovani a una prova impegnativa. Ha insegnato loro a giocare con la debolezza, l’accettazione consapevole della propria imperfezione e anche dei propri deficit soprattutto motori, per osare ad affrontarli, ad aver coraggio e a mettersi alla prova, con l’aiuto del prossimo.Tutto questo si è visto nello spettacolo, in una serata caldissima con luna piena, ben curato e diretto. Sieni era tra il pubblico, che la stampa locale riporta essere stato attorno alle trecento persone, amorevolmente vigile e visibilmente contento nel percepire con noi, figuranti e pubblico, il senso del luogo e del corpo in questo luogo di drammaturgica e manieristica bellezza, quello scorrere del vocabolario di tattilità e di sguardi per l’avvicinamento e l’accoglienza dell’altro, nel trovare e donare cittadinanza. Eccezionale l’occasione di potersi muovere attorno alle azioni coreografiche, cambiando i punti di vista. Molto belle quelle di Padre-figlio (Camera delle Aquile), col gioco dello scatto riprodotto in parallelo; quella dei Dieci interpreti (Camera di Amore e Psiche), davvero notevole per la varietà delle coreografie e per la difficoltà delle posture e dell’Ottetto (Camera dei Giganti), un carillon emblematico per i vortici in simbiosi con gli affreschi sovrastanti. Invece un po’ estranee, alle altre e al contesto, quelle dei suoi ballerini (Sala dei Cavalli), fatte di forti slanci e possenti prese, o forse adatte a richiamare la personalità scattante e libera di cavalli raffigurati. Gran finale nel cortile d’onore, con parata di tutti i partecipanti, le braccia e i corpi gettati a formare le onde del mare che si apre al passaggio di Mosè (qui erano a mio avviso forse un po’ troppo identificabili i ballerini guida): ultima significante liberazione del corpo, ideale richiamo al “solo”, il ragazzo di colore, che lì vicino poco prima posava nel mare cattivo e implacabile conosciuto ai migranti. Lo spettacolo è terminato: i danzatori sfilano via a riprendere fiato, mentre il pubblico dirada per rifugiarsi da qualche parte al fresco. E mi soffermo ancora un attimo sotto la Loggia delle Muse ad osservare la lunetta della parete Est. Mantova è sdraiata accanto a una fonte da cui sgorga quell’inesauribile creatività artistica che, partendo da quella letteraria di Publio Virgilio Marone, passa per quella architettonico pittorica di Giulio Romano che oggi ha dato spazio e tempo a quella coreografica di Virgilio Sieni: tutte espressioni e fondamenti di cultura del luogo e del suo abitante.