Bologna, Teatro Comunale, Stagione d’opera 2016
“LE NOZZE DI FIGARO”
Commedia per musica in quattro atti. Libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Il conte di Almaviva PABLO GÁLVEZ
La contessa di Almaviva ARIANNA VENDITTELLI
Susanna INÉS BALLESTRERO BEJARANO
Figaro RICCARDO FASSI
Cherubino VALENTINA STADLER
Marcellina SILVIA ZORITA
Don Bartolo JAVIER POVEDANO
Don Basilio/David Astorga DAVID ASTORGA
Barbarina CARMEN MATAO ANIORTE
Antonio JAIME PIALLI
Due contadine ROSA GUARRACINO, MARIE LUCE ERARD
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Yi-Chen Lin
Maestro del Coro Andrea Faidutti
Regia Silvia Paoli
Scene Andrea Belli
Costumi Massimo Carlotto
Luci Hugo Carugatti
Nuova produzione del Teatro Comunale di Bologna.Progetto Opera Next a cura della Scuola dell’Opera del Teatro Comunale di Bologna in collaborazione con ÓperaEstudio de Tenerife.
Bologna, 29 maggio 2016
Bella rivista di voci nuove, queste Nozze di Figaro andate in scena al Comunale di Bologna. Due i progetti formativi che hanno portato alla formazione del giovane cast, uno istituito in Italia l’altro a Tenerife. Ragion per cui non c’è da stupirsi dell’alto tasso di ispanici nomi in locandina. Classe 1991, qualche concorso già vinto alle spalle, svetta il Figaro di Riccardo Fassi, che sfoggia voce naturalmente morbida, timbrata e sonora in tutti i registri, tenuta di palcoscenico invidiabile ad onta di qualche guizzo arlecchinesco di troppo. Di emissione meno facile e gravi non sempre sonori è il Conte di Pablo Gálvez, ma in scena ci sa stare e i mezzi vocali sono considerevoli. Inés Ballesteros Bejarano è Susanna di voce minuta e chiarissima, eppure la sua connaturata grazia la salva dallo scadere nel petulante. Le fa da contraltare la Contessa di Arianna Vendittelli: il vibrato non è dei più gradevoli e il timbro si fa talvolta troppo aspro, ma fine è la gestione del legato e dei fiati, e la tecnica si traduce in un ritratto di compostezza sinceramente nobile. Affascina il Cherubino di Valentina Stadler (unica tedesca in questo latinissimo cast) per il timbro raccolto ma ben proiettato, giustezza d’accenti, fisicità slanciata da ragazzone che ancora si deve fare uomo. Piacevole, un fil di voce ben emessa, la Barbarina di Carmen Mateo Aniorte, e tutt’intorno vocalità oneste e nulla più, dal Basilio/Don Curzio di David Astorga (buon accento, ma gigioneria a palate nelle sue mosse da Serrault nel Vizietto) al generico ma efficiente Don Bartolo di Javier Povedano, fino a Silvia Zorita, Marcellina troppo fissa nell’emissione.
Come che sia, l’energia della compagnia di canto è tanta, e fa funzionare lo spettacolo al di là della intenzioni registiche di Silvia Paoli. Non è tanto la rilettura all’insegna della stravista modernità minimal a sconcertare. A suonare fuori luogo è quell’infinità di controscena, balletti, andirivieni e rincorse, cameriere che sospirano languorose, lacchè tiranneggiati dal Conte, fantastiche figure con corna di cervo: trovate che dovrebbero esaltare il piglio della narrazione e che invece rischiano spesso di disturbare i tanti momenti di solitudine e intimità previsti da libretto. E didascaliche suonano altre trovate, dagli onnipresenti origami rossi (scopriremo al terz’atto essere il dono del Conte a Rosina al loro primo incontro) al gesto plateale di un Cherubino che alle parole “Parlo d’amor con me” si infila senza pudore la mano nelle mutande. In buca circola un’aria fiacca da ultima rappresentazione. Dirige la poco più che trentenne Yi-Chen Lin: gesto corretto, bella ricerca di colori tenui nei momenti elegiaci (brillano qui i bei legni solisti dell’Orchestra del Comunale). Ma la scelta dei tempi è sempre improntata alla cautela, e poco se ne giovano i concertati d’azione. Buon lavoro strumentale, ma lettura in fin dei conti monocorde. E a Mozart la routine non va granché a genio. Foto Rocco Casaluci