Venezia, Palazzetto Bru Zane, Festival “Benjamin Godard nei salotti parigini”: David Selig & Gary Hoffmann

Venezia, Palazzetto Bru Zane-Centre de musique romantique française, Festival “Benjamin Godard nei salotti parigini” (9 aprile-15 maggio 2016)
“VIOLONCELLO ROMANTICO”
Violoncello Gary Hoffman
Pianoforte David Selig
Camille Saint-Saëns: Sonata pour violoncelle et piano n° 1 en ut mineur op. 32
Gabriel Fauré: Élégie op. 24
Benjamin Godard:Sonate pour violoncelle et piano en re mineur op. 104
Venezia,  30 aprile 2016    
Prosegue, nella deliziosa cornice del Palazzetto Bru Zane, il Festival dedicato a Benjamin Godard, alla scoperta di questo ragguardevole musicista caduto nell’oblio, nonostante il ruolo da protagonista svolto nella Francia della Terza Repubblica con i suoi fermenti a livello socio-culturale e – come recita il titolo della rassegna – in particolare nei salotti parigini, divenuti all’epoca luoghi di fondamentale importanza per la diffusione della musica. Questa volta il programma metteva a proficuo confronto Godard con due musicisti francesi contemporanei, relativamente al repertorio dedicato al duo violoncello e pianoforte. Protagonisti della serata, il violoncellista canadese  Gary Hoffman e il pianista australiano  David Selig, due artisti che possono vantare un curriculum di studi davvero invidiabile e sono attualmente ospiti delle più prestigiose sale da concerto. Straordinaria la loro prestazione nel corso della serata.
Piena di vigore espressivo l’esecuzione della Sonata n. 1 in do minore op. 32 di Camille Saint-Saëns. Quest’ultimo nel 1872 compone due importanti opere per il violoncello: la Sonata op. 32 e il Concerto op. 33, dedicando la sonata al violoncellista Jules-Bernard Lasserre, con il quale si esibisce spesso. Ma è assieme a Auguste Tolbecque (futuro primo interprete del Concerto) che ne dà la prima esecuzione il 7 dicembre 1872 alla Société nationale. Composta poco dopo la sconfitta di Sédan, la partitura dell’op. 32 sembra riecheggiare, in certi tratti, l’atmosfera di cupo cordoglio, allora dominante in Francia. Dopo un perentorio attacco i due solisti hanno intrecciato un dialogo alla pari, eseguendo in perfetta intesa il tema appassionato che caratterizza il primo movimento, Allegro, dominato da un impulso veemente con gli strumenti diffusamente impegnati nel registro grave: sempre rotondo e pieno il suono del violoncello, al pari di quello del pianoforte, di cui si è apprezzato il nitore del tocco. Anche nel movimento successivo, Andante tranquillo sostenuto,  l’affiatamento tra i due strumentisti è stato encomiabile, così come la capacità di trovare un accento più sereno, scambiandosi un motivo, che – come informa lo stesso  Saint-Saëns – deriva da un corale da lui stesso improvvisato all’organo di Saint-Augustin. Di nuovo cupamente vigoroso l’ultimo movimento, Allegro moderato, aperto – analogamente al primo – da un’interiezione, cui fa seguito un tema ricco di pathos.
Quanto al secondo titolo in programma, l’Elegia op. 24 di Gabriel Fauré fu composta nel 1880 ed eseguita per la prima volta il 15 dicembre 1883 presso la Société nationale de musique dal violoncellista Jules Loëb, professore presso il Conservatoire de Paris e dedicatario dell’opera. La destinazione originaria del pezzo – che avrebbe dovuto essere il movimento lento di una sonata poi mai completata –, ne spiega la struttura ABA, nonché il carattere assai espressivo. Accolta con entusiasmo già alla sua prima esecuzione, l’Elegia gode da allora di un successo ininterrotto, che ne fa uno dei brani più noti della letteratura per violoncello. Impeccabile il pianoforte negli accordi ripetuti, in apertura della composizione, sui quali il violoncello – che suonava a memoria – ha disegnato, con tenue mestizia unita a magistrale eleganza, la sua ampia melodia. Più serena è risuonata la parte centrale, in cui inizialmente ha condotto il discorso il pianoforte su note tenute del violoncello, per poi cedere la parola allo strumento ad arco, che ha brillato successivamente anche nello squarcio virtuosistico che gli è affidato. Passando alla Sonata in re minore op. 24 di Benjamin Godard, si tratta di un lavoro – pubblicato nel 1887 e oggi caduto nell’oblio – che attesta la padronanza, da parte dell’autore, della tecnica di scrittura per violoncello, strumento di cui sa mettere particolarmente in risalto le potenzialità espressive associate ai suoi diversi registri, rivelando altresì l’influenza esercitata dalla musica di Schumann sul giovane docente del Conservatorio parigino.  Ancora bel suono e giusto accento hanno sfoggiato i due solisti nel primo movimento di questa sonata, Moderato, che inizia con un ritmo ternario di Barcarole, evocando per il suo tono cupo e sommesso la Lugubre gondole di Liszt, prima del secondo tema, introdotto con sensibilità dal pianoforte e poi ripreso dal violoncello. Analogamente, nel prosieguo dell’esecuzione, hanno saputo esprimere appieno l’estremo lirismo che percorre il secondo movimento, Adagio non troppo, dove si coglie l’influsso dei “tedeschi”, e l’energia ritmica, che emana dal movimento finale, Vivace ma non troppo, che oscilla tra un carattere deciso e passaggi più leggeri. Successo pieno come hanno attestato i fragorosi, ripetuti applausi, premiati da due bis con musiche di Fauré: la Sicilienne e il secondo movimento dalla Sonata n. 2.