Venezia, Palazzetto Bru Zane, “Festival Benjamin Godard nei salotti parigini” (9 Aprile-15 Maggio 2016)
“GODARD E LA MÉLODIE”
Baritono Tassis Christoyannis
Pianoforte Jeff Cohen
Benjamin Godard: Mélodies; Nocturne pour piano en la mineur, op. 150
Venezia, martedì 3 maggio 2016
Continua con successo l’itinerario musicale alla scoperta di Benjamin Godard promosso dal Palazzetto Bru Zane. Pressoché nessuno sapeva – anche tra gli specialisti – che il musicista francese è uno dei compositori più prolifici di mélodies, la maggior parte delle quali si colloca in un momento chiave dell’evoluzione di questo genere musicale, intorno al 1870. Completamente preso dal teatro musicale, dopo il successo della sua sinfonia drammatica Le Tasse nel 1878, Godard compose diverse opere liriche che eclissarono la sua produzione di mélodies, uno degli esiti di maggior interesse della sua attività compositiva. Quando diede per la prima volta alcuni suoi lavori alle stampe, nel 1867, scelse due sonate per pianoforte e violino, oltre a trenta mélodies. E una mélodie è il contenuto della sua ultima partitura, pubblicata qualche settimana prima della sua morte prematura. A soli quindici anni si lancia nella composizione di trenta mélodies, cui dà il titolo, volutamente vago, di Morceaux de chants (1867), che gli permette di riunire pezzi apparentati con vari generi, dalla romanza alla scène lyrique. Anche per le opere successive continua ad evitare la parola mélodie, che compare nei suoi titoli solo a partire dal 1889. Nelle sue mélodies Godard subordina il carattere della linea vocale agli accenti della prosodia, adattandola alla singolarità di ciascuna strofa; in compenso, l’invenzione sempre nuova e la raffinatezza dell’armonia – dell’accompagnamento, quindi – vi aggiungono un sapore incontestabilmente originale.
Trascinante – per finezza d’interprete e brillante comunicativa d’uomo di spettacolo – la prestazione di Tassis Christoyannis, già ospite del Palazzetto Bru Zane in un’altra memorabile serata, nell’ambito del precedente Festival Lalo, anche allora accompagnato al pianoforte dal sensibile e attento Jeff Cohen. Vario, per quanto riguarda le atmosfere psicologiche e gli accenti – e per ciò stesso di notevole impegno – il programma, interamente dedicato a mélodies per canto e pianoforte di Godard, tranne un intermezzo interamente pianistico, sempre con musica dell’autore dedicatario della presente rassegna veneziana. Il baritono di origine greca ha saputo modulare la propria voce, timbrata ed omogenea, in un’amplissima gamma di sfumature, intonando con intelligenza e musicalità, nonché attraverso un fraseggio scolpito, le bellissime melodie del compositore francese, che – come già abbiamo notato – spesso nascono dalla stessa prosodia e metrica dei versi che le hanno ispirate, ad esprimere una pluralità di sentimenti con grande inventiva e varie scelte stilistiche, oltre che attraverso una continua ricerca timbrica. Tutto questo è emerso nell’interpretazione di Christoyannis, che più di qualche volta ha ricordato la sapiente e multiforme vocalità dell’artista di riferimento per qualunque baritono affronti questo tipo di repertorio: Dietrich Fischer-Dieskau. Una calda passione si è colta, in tutto il suo ardore, in “Je ne veux pas d’autres choses”, “Dieu, qui sourit et qui donne” e Chanson (tre poesie di Victor Hugo), oltre che in Printemps (una lirica di Édouard Guinand); mista alla nostalgia del ricordo in “Te souviens-tu” (versi dello stesso Godard) e nella struggente Le Banc de pierre (di Théophile Gautier). Un’irresistibile verve ha dominato nella bozzettistica Jacotte (di Velnac), in cui voce e pianoforte si facevano eco. Analogo brio, attraverso un uso raffinato del parametro timbrico, ha caratterizzato anche le Six Fables de La Fontaine, mentre nelle Nouvelles Chansons du vieux temps – come peraltro anche in Le Ménétrier (di Velnac) – il baritono si è dimostrato particolarmente abile nel renderne lo stile arcaicizzante. Il pubblico, poi, è rimasto incantato da Invitation au voyage (di Baudelaire), il cui struggente lirismo è arricchito dalla raffinata musica di Godard, e dal canto sillabato che ha caratterizzato Guitarre (ancora di Hugo). Quanto a Jeff Cohen, il pianista statunitense ha sfoggiato un tocco nitido e, in generale, padronanza tecnica e sensibilità, come è emerso pienamente anche nel Nocturne pour piano en la mineur, op. 150, di cui ha offerto un’emozionante interpretazione. Successo calorosissimo. Due bis: “Si mes vers avaient des ailes (poesia di Hugo) e Les adieux du berger (versi di Jean-Pierre Claris de Florian). Per chi fosse interessato, è da poco uscito un CD contenente le mélodies di Godard, di cui al programma del concerto da noi recensito, con gli stessi interpreti.