Venezia, Palazzetto Bru Zane-Centre de Musique Romantique Française, Festival “Benjamin Godard nei salotti parigini” (9 aprile al 15 maggio 2016)
“SOGNO VISSUTO”
Pianoforte Eliane Reyes
Benjamin Godard: Trois Fragments poétiques op. 13; Sonate pour piano no 2 op. 94; Nocturne no 3 op. 139; Nocturne no 4 op. 150; Rêve vécu op. 140
Venezia, 12 maggio 2016
Penultimo appuntamento del Festiva dedicato a Benjamin Godard, di cui si è esplorata, in quest’occasione, una parte della produzione per pianoforte. Godard è tra i pochi compositori franchesi, che alla fine dellOttocento – insieme a Dukas, Jaëll, d’Indy e Dubois, cui si può aggiungere anche Franck con il suo sonatistico Preludio, aria e finale – si cimenta nella sonata per pianoforte. Molti privilegiano lo studio (ad esempio, Saint-Saëns), la danza stilizzata di sapore antico (presente nella Suite bergamasque di Debussy), il pezzo di ispirazione poetico-letteraria (dal titolo generico di: notturno, barcarola o improvviso, quest’ultimo coltivato da Fauré), il quadretto pittoresco (vedi le Pièces pittoresques di Chabrier, Les Beaux Jours e Les Jours pluvieux di Jaëll, Poèmes sylvestres, Poèmes alpestres e Poèmes virgiliens di Dubois): si tratta di brani generalmante brevi o di medie dimensioni, alla cui realizzazione i compositori francesi tardo-ottocenteschi – tra cui lo stesso Godard – si dedicano, in quanto appartengono a generi liberi da costrizioni formali, che consentono, almeno teoricamente, una maggiore spontaneità. Il virtuosismo non manca, ma nel contempo il linguaggio pianistico si rinnova, nel timbro come nell’armonia, aprendo la strada ai futuri capolavori di Debussy e di Ravel. Ospite del Palazzetto Bru Zane una solista veramente d’eccezione – come si è potuto constatare con ogni evidenza nel corso del concerto – la pianista belga Eliane Reyes, nota e apprezzata a livello internazionale per le sue interpretazioni di Bacri (suo marito), Chopin, Debussy, Godard, Liszt, Lysight, Milhaud, Ravel e Tansman, di cui si può trovare ampio riscontro nella sua discografia. Grande energia, capacità di “cantare”, sensibilità nel rendere ogni sfumatura, assoluta padronza della tastiera e, in particolare, una mano sinistra veramente fenomenale: tutto questo ha potuto cogliere il pubblico del palazzetto Bru Zane, letteralmente soggiogato dalla solista, che non a caso è stata definita da Martha Argerich “un meraviglioso talento per la musica”.
Così nei Trois Fragments poétiques op. 13 (da Alphonse de Lamartine, Alfred de Musset e Victor Hugo), per quanto siano stati pensati ad uso dei pianisti dilettanti, la pianista si è imposta fin da subito per il tocco variegato, il giusto accento con cui ha eseguito i trilli e gli arpeggi, le melodie vivaci e le ricche armonie del Minuetto o ha sottolineato gli elementi parodistici del successivo Andante o, ancora, ha saputo rendere la fondamentale leggerezza della conclusiva la Gavotta, la cui acuta melodia iniziale, ripetuta per accordi interi, sembra imitare gli echi del “concertino” e del “tutti” di un concerto grosso. Straordinaria la prestazione della solista nella Sonata per pianoforte n. 2 op. 94, il cui carattere serio – espresso tramite una scrittura cupa e densa di accordi pieni, che insiste sui registri medio e grave – rivela un aspetto insospettato di un autore generalmente catalogato come “salottiero”: dall’Allegro con moto ma non troppo iniziale – che nel primo tema ricorda vagamente il Dies irae, esigendo poi l’alternanza tra mano destra e mano sinistra, dove ovviamente la Reyes ha brillato come, peraltro, nel resto del movimento sempre più virtuosistico –; al lirico Quasi adagio, molto tranquillo con la su lunga melodia rasserenante, interpretato con lirico accento; allo Scherzo-Finale: Allegro non troppo, chiuso da una coda sfolgorante, in cui hanno dominato leggerezza e brio. Lo stesso si può dire riguardo all’esecuzione dei due notturni – il più semplice n. 3, la cui melodia è ben suddivisa tra le due mani, nell’ambito di una semplicissima trama di accordi; e il più difficile n. 4, più insolito dal punto di vista armonico, nonché irto di rapide crome e di sequenze di ottave –, nonché riguardo a quella del Rêve vécu, che rappresenta un omaggio alla danza più celebre del XIX secolo (il valzer), oltre che un perfetto esempio del cosiddetto “pezzo di genere”, ed è caratterizzato da elementi che ricordano Chopin, nonché da alcune suggestive armonie tipiche del primo Debussy, disseminate di settime e di none. Inutile dire che la pianista è stata ancora una volta splendida, sfoggiando, tra l’altro, un seducente “rubato”. Successo calorosissimo.