Teatro dell’Opera di Roma: “Benvenuto Cellini” di Hector Berlioz

Teatro dell’Opera di Roma – Stagione Lirica 2015/2016
“BENVENUTO CELLINI”
Opera in due atti  su libretto di Léon de Vailly e Henry Auguste Barbier.
Musica di Hector Berlioz
Benvenuto Cellini JOHN OSBORN
Giacomo Balducci  NICOLA ULIVIERI
Fieramosca ALESSANDRO LUONGO
Le Pape Clément VII MARCO SPOTTI
Francesco MATTEO FALCIER
Bernardino GRAZIANO DALLAVALLE
Pompeo ANDREA GIOVANNINI
Cabaretier VLADIMIR REUTOV
Teresa MARIANGELA  SICILIA
Ascanio VARDUHI ABRAHAMYAN
Coro e Orchestra del Teatro dell’opera di Roma
Direttore Roberto Abbado
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Regia Terry Gilliam ripresa da Natascha Metherell
Co-regia e coreografia Leah Hausman 
Scene Terry Gilliam, Aaron Mardsen  da un’idea originale di Rae Smith
Costumi Katrina Lindsay
Luci Paule Constable
Video Finn Ross
nuovo allestimento in coproduzione con English National Opera e De Nationale Opera & Ballet di Amsterdam
Roma, 29 marzo 2016
Dopo il successo ottenuto alla English National Opera di Londra e alla De Nationale Opera di Amsterdam, approda al teatro dell’Opera di Roma il Benvenuto Cellini di Berlioz per la regia di Terry Gilliam. Lo spettacolo è incentrato sul carnevale romano come motivo conduttore e come specchio della multiforme e controversa personalità del protagonista. La vicenda viene ambientata in un imprecisato ottocento probabilmente contemporaneo al compositore, con qualche tocco di fantasia e di contemporaneità come la mongolfiera o scritta BAR e le lampadine che rievocano si la dimensione di una festa italiana ma anche forse le luminarie dei locali estivi dove i “cinematografari americani” si godevano il fresco nelle estati del dopoguerra. Le scene si ispirano alla celebre serie di incisioni del Piranesi dal Titolo “Le carceri di Invenzione” con il loro fantastico gioco di fughe, spazi, macchine, ponteggi che sembrano non condurre verso nulla in un continuo riflettersi e sfumare all’infinito, quasi una rappresentazione nell’architettura della struttura mentale di Cellini, animate dai video di Finn Ross e dalle splendide e suggestive luci ideate da Paule Constable e ben riprese dalle maestranze del teatro. I diversi ambienti sono creati da strutture mobili e la vicenda è simpaticamente vivacizzata da varie trovate e  da bravissimi attori, acrobati e mimi oltre che  da una generale estrema cura posta nella recitazione di tutti i cantanti. Bellissimi e divertenti i costumi.  In sintesi tutto quanto avremmo immaginato quale potenziale fonte di disturbo per l’ascolto musicale come ad esempio la sfilata di maschere in platea durante la lunga ouverture, le proiezioni o la pioggia di coriandoli sul pubblico in questo caso funziona a meraviglia nel creare atmosfere ed emozioni, integrandosi con la musica in maniera complementare e regalandoci uno spettacolo dinamico, mai noioso anzi a tratti ironico, spiritoso e piacevolmente scorrevole a dispetto della oggettiva lunghezza del primo atto. Non dimentichiamo che Berlioz praticamente scrisse essenzialmente musica  a programma o con un testo poetico e sinceramente, pur apprezzandone la maestria compositiva, faticheremmo un pò ad ipotizzare per esempio un’esecuzione del Benvenuto Cellini in forma di concerto. Uniche cose che abbiamo trovato un po’ fuori luogo sono il colosso che dovrebbe rappresentare il Perseo nel finale, del quale si vede in grande evidenza solo la metà inferiore e la caratterizzazione del personaggio del Papa Clemente VII. Questi infatti viene raffigurato senza che se ne intravedano le ragioni neanche nel fondo dell’anima di Berlioz, come uno strano incrocio tra il Bambinello dell’Ara Coeli, Turandot e un avido eunuco orientale con al seguito un segretario losco e traffichino che francamente sembra solo fare il paio con l’abusato stereotipo dell’ebreo con la fronte alta, la barbetta grigia a punta ed il nasone. Forse è il caso di iniziare ad andare finalmente oltre e soprattutto di ricordare senza stanchi ma reiterati pregiudizi e luoghi comuni ideologici quanta parte abbia avuto una committenza così colta, munifica e consapevole del proprio ruolo nel rendere possibile l’espressione e la creatività di tanti e tanto grandi artisti, i quali erano funzionali e complementari a coloro che li ingaggiavano. La risaputa frase “investire nella cultura” grazie al cielo non è solo uno slogan o un’invenzione dell’intellighèntzia degli ultimi anni. Bravissimo il coro diretto da Roberto Gabbiani impegnato sia vocalmente che scenicamente. La direzione di questa variegata partitura è stata affidata a Roberto Abbado che però forse preoccupato dal seguire un allestimento di tale complessità tecnica, al di là di qualche episodico scollamento tra buca e palcoscenico, è risultata opaca e un po’ monocorde.
E veniamo finalmente agli interpreti vocali di questo Benvenuto Cellini. Il ruolo eponimo è stato affidato al tenore John Osborn il quale ha risolto la parte con assoluta partecipazione, bel fraseggio e notevole disinvoltura scenica, riuscendo a raccontare i vari e diversi stati d’animo del personaggio con credibilità e simpatia. Balducci era interpretato con correttezza e bel timbro vocale da Nicola Ulivieri sia pure con registro grave talvolta poco sonoro ma mai insufficiente. Alessandro Luongo è stato un Fieramosca ben cantato e vivacemente impersonato. Marco Spotti nei panni di Papa Clemente VII ha seguito con professionalità le indicazioni della regia e cantato la sua parte con voce interessante e con la giusta autorevolezza. L’inquieta e vivace  giovinezza di Teresa ha trovato in Mariangela Sicilia un’interprete gradevolissima ed impeccabile sotto il profilo musicale, vocale e scenico. Molto brava sia pure con qualche asprezza negli acuti estremi Varduhi Abrahamyan nel ruolo en travesti di Ascanio. Infine tutti molto centrati e perfettamente inseriti nello spettacolo i ruoli minori di Francesco, Bernardino, Pompeo e il Taverniere rispettivamente Matteo Falcier, Graziano Dellavalle, Andrea Giovannini e Vladimir Reutov.  Alla fine lunghi e meritatissimi applausi per tutti da un pubblico ricoperto dai coriandoli del carnevale romano e del metallo della fusione del Perseo in formato colossal. Foto Yasuko Kageyama