Riccardo Zandonai (1883-1944): “Francesca da Rimini” (1914)

Tragedia lirica in quattro atti su testo di Gabriele D’Annunzio ridotto da Tito Ricordi. Christina Vasileva (Francesca da Polenta), Martin Mühle (Paolo il Bello), Juan Orozco (Gianciotto), Adriano Graziani (Malatestino), Kim-Lilian Strebel (Garsenda), Bènèdict Tauran (Biancofiore), Sally Wilson (Adonella), Marija Jokovic (Altichiara), Viktoria Méster (Smaragdi e Samaritana), Levente Molnár (Torrigiano e Ostansio), Aaron Judisch (Ser Toldo), Alejandro Larraga Schleske (La voce del prigioniero), Se Hun Jin (Un balestriere). Freiburger Kammerchor, Lukas Grimm (Maestro del coro), Vokalensemble der Hochschule fur Musik Freiburg, Berbard Mancado (Maestro del coro), Philarmonische Orchester Freiburg, Fabrice Bollon (Direttore). Registrazione: Rolf Böhme Saal, Konzerthaus Freiburg 18-23 luglio 2013. T.Time: 133’226 – 2 CD CPO 777 960-2

Francesca da Rimini” è forse l’unico titolo della produzione italiana degli inizi del Novecento che, rimasto seppur non regolarmente in repertorio,  sia riuscito a salvarsi dall’oblio che ha avvolto gran parte del melodramma italiano della generazione postverista e che possiamo ricondurre ad un’estetica in qualche modo liberty, decadente o simbolista. Nonostante ciò, la discografia del capolavoro di Zandonai resta alquanto limitata e forse ancor priva di un’autentica edizione di riferimento almeno per quanto le registrazioni in studio. In questo contesto suscita innegabile curiosità questa produzione della CPO affidata ai complessi del Theater Freiburg, non certo la prima località che si collegherebbe ad una ripresa di un titolo italiano di non assoluta popolarità. I complessi tedeschi per altro hanno il merito non solo di proporre una registrazione ufficiale, integrale e con qualità di suono in linea con gli standard contemporanei ma anche  di dar vita, in modo ancor più sorprendente, ad un’esecuzione musicale che, se non sarà di vertice assoluto  (nessuna edizione in studio di quest’opera è tale), si attesti su una qualità complessiva decisamente alta e in nulla inferiore a quella di ben più prestigiose compagini.
Fabrice Bollon dirige con abilità la Philarmonische Orchester Freiburg fornendo una lettura di grande impatto, con sonorità piene e smaltate di gusto quasi wagneriano nei momenti più drammatici come la battaglia del II atto ma capace anche di evidenziare i preziosismi manieristici liberty di cui la partitura abbonda specie nel I e nel III atto con la loro atmosfera neo-medioevale ricalcata sui versi dannunziani. Anche il Freiburger Kammerchor (rinforzato da elementi della Scuola musicale cittadina) diretto da Lukas Grimm e Bernard Mancado si dimostra pienamente all’altezza delle richieste della partitura in cui il coro, pur non protagonista, è comunque impegnato in alcuni snodi fondamentali.
Il cast è composto totalmente da artisti di carriera tedesca e da molti elementi fissi della compagnia di Friburgo; in questa sede vanno rimarcate la perfetta aderenza stilistica e la pronuncia nell’insieme più che buona di tutti gli interpreti, comprese le parti di fianco, sicuramente non scontate in un teatro tedesco di non primissimo ordine.
Christina Vasileva (Francesca) è un’ottima protagonista. Voce piena, solida, dal bel colore morbido e femminile e capace di imporsi sullo strumentale spesso denso della partitura; solo sugli estremi acuti si nota una tendenza della voce a sbiancare. L’interprete è partecipe e intensa sia sul versante lirico sia in quello drammatico e dà prova di un’ottima dizione e di un altrettanto valido controllo della prosodia italiana. Al suo fianco è il Paolo di Martin Mühle, tenore lirico-drammatico di evidente derivazione wagneriana, che affronta il giovane Malatesta con l’impeto e la robustezza di un Lohengrin anche se forse a tratti può risultare troppo stentoreo e manca quella languida poesia che voci più liriche hanno saputo infondere ad “Inghirlandata di violette”.
Il Gianciotto di Juan Orozco dà spesso l’impressione di una drammaticità più costruita che naturale e anche il fraseggio ha una certa artificiosità rispetto agli altri interpreti; la voce è comunque robusta e sonora e, se spesso l’interprete si lancia in una ferocia un po’ monocorde, bisogna riconoscere che il rischio è insito nel personaggio. Ottimo il Malatestino di Adriano Graziani, voce agile ma non fragile – cui nuoce solo una certa tendenza ad allargare inutilmente i suoni nel settore grave – e interprete insinuante e diabolico, perfettamente calato nell’ambiguo personaggio. Va ribadito l’alto livello complessivo e l’ottima dizione italiana di tutte le parti di fianco che sfoderano una naturalezza nella vocalità e nello stile italiano che non possono non sorprendere. Una menzione particolare meritano la bella voce di contralto di Viktoria Méster (Smaragdi e Samaritana) così come la morbidezza e la rotondità del Torrigiano di Levente Molnár.